sabato 23 febbraio 2019

Invito al Newroz a Parma

Carissime e carissimi. ,
come ogni anno , vi invitiamo a celebrare con noi il Newroz, il cui significato risale ad un antico mito:
quando il 21 marzo del 612 a.C. il fabbro Kawa liberò il popolo dei Medi dalla tirannide assira,uccidendo il re Dehaq, gli antenati dei kurdi erano già stati costretti a rifugiarsi sulle montagne per sfuggire all’oppressione e alla schiavitù.Per comunicare ai compagni che erano stati liberati dalla tirannide Kawa, dopo aver posto fine alla vita del re tiranno, accese dall’alto del castello, in cima ad una imponente montagna, un grande fuoco, che scatenò una catena di fuochi che annunciavano al popolo la libertà. I colori di Kawa, ilgiallo, il rosso e il verde diventarono i simboli della bandiera della resistenza,mettendo la parola fine al sistema schiavistico assiro. Con la nascita del movimento nazionale kurdo alla metà del secolo XIX il popolo kurdo ricordò l’eroismo di Kawa, trasformando il Newroz in una festa nazionale, in cui si rinnova il ricordo della lotta del popolo kurdo contro la tirannia, l’oppressione e la schiavitù.
Ricorderemo anche i vent'anni di isolamento di Abdullah Ocalan nell'isola fortezza di Imrali dove ha pensato, sognato e scritto una rivoluzione senza armi: il confederalismo democratico in atto in Rojava e nel nord della Siria .
Il pensiero di Öcalan vive in ogni luogo in cui sia presente un kurdo o una kurda .
Vive nel cambiameno del Pkk da movimento nazionalista a movimento che ha nell’autonomia senza Stato il suo pilastro.
Vive nella rivoluzione del Rojava dove si cerca di costruire, nonostante la guerra, una società includente e dal basso , in cui uomini e donne sono uguali in diritti e dignità.
Vive nelle Ypg e delle Ypj, , nei loro combattimenti contro l'isis, contro l'invasione turca, contro la galassia jihadista e salafita siriana e globale.
Vive nella memoria delle migliaia di martiri curdi e internazionali caduti per la libertà .
Vive negli scioperi della fame di Leyla Gülen e delle migliaia di detenuti politici in lotta in ogni parte del Kurdistan e in ogni parte del mondo, Europa in primis.
Vive nella coscienza di coloro che vogliono dimostrare che un altro mondo è possibile. 
Negli ultimi tre anni, il presidente Erdoğan e i suoi alleati ultranazionalisti hanno virtualmente distrutto le già deboli e fragili istituzioni democratiche del paese. Il carattere di questo nuovo regime si rivela meglio nelle sue pressioni sull’opposizione, in primo luogo i curdi e l’HDP. Attualmente, oltre 5.000 membri dell’HDP sono in carcere, compresi gli ex copresidenti Selahattin Demirtaş e Figen Yüksekdağ, , 59 co- sindaci curdi e molti altri amministratori e membri del partito.
L’HDP non è stato l’unico obiettivo della norma di emergenza dichiarata dopo il colpo di stato fallito nel luglio 2016. In questo processo, oltre 150.000 persone sono state epurate senza alcuna decisione del tribunale. Oltre 2.000 ONG e 200 media, molti dei quali curdi, sono stati banditi. Più di 160 giornalisti sono stati incarcerati. Circa 80.000 persone sono state arrestate. Tra i detenuti vi sono, oltre a deputati e sindaci, attivisti per i diritti umani, sindacalisti, giornalisti, accademici e molti altri che non hanno nulla a che fare con il colpo di stato o il terrorismo. Il regime di Erdoğan vede chiunque sia critico nei confronti delle sue politiche come un traditore, un terrorista o un nemico dello stato.
A due decenni dal rapimento del leader del Pkk, dalla Siria all’Iraq, Ankara reprime il popolo curdo. Ma in Rojava la teoria si fa realtà: è divenuta il terreno fertile per la terza via, l’alternativa a capitalismo e socialismo: autogoverno, cooperativismo, femminismo, ecologismo sociale e internazionalismo; questo pezzo di terra da anni attira l’attivismo concreto e la partecipazione della sinistra globale, i singoli, i movimenti di base.
Una realtà nemica per i tradizionali attori della regione, gli Stati-nazione. Gli ultimi anni non hanno conosciuto solo la rivoluzione, ma anche una rinnovata violenza esercitata sul popolo curdo dalla Turchia.
Fatto fallire il negoziato di pace voluto da Ocalan, Erdogan ha promosso e promuove la dura repressione contro chiunque metta in discussione la sua politica repressiva.
Ha invaso la vicina Siria, occupato il cantone curdo di Afrin, lo ha svuotato. Si prepara ad ampliare l’offensiva oltre il fiume Eufrate, verso Kobane . Oltre il confine Ankara bombarda su base quasi quotidiana i monti di Qandil , dove si sono rifugiati i combattenti del Pkk dopo il ritiro dalla Turchia.
L’Europa e il governo italiano devono dare un segnale chiaro ed imporre il rispetto dei diritti umani, la democratizzazione e una soluzione pacifica per il Medio Oriente. Questo non è possibile senza Öcalan. L’Europa deve smettere di tacere di fronte a quello che succede in tutte le parti del Kurdistan. Il silenzio è complice. Vi chiediamo quindi di scendere in piazza assieme a noi per ‘rompere l’isolamento, di abbattere il fascismo e di liberare il Kurdistan’, che significa Libertà per Ocalan e per tutti i prigionieri politici; difendiamo il Rojava per la libertà e la pace dei popoli del Medioriente. È ora il momento. Vi aspettiamo al Newroz che si svolgerà a Parma il 21 marzo , ore 19 in Piazzale della Pace ,dove accenderemo il fuoco , simbolo di libertà.
Insieme al popolo kurdo che
RESISTE
al genocidio ad opera dell'esercito turco e alle milizie dei suoi alleati
ai tantissimi complici dell'Europa
agli sporchi interessi delle potenze mondiali
alla devastazioni di città, terre e siti archeologici patrimonio dell'umanità
alla cacciata , allo sfollamento ed al martirio di intere popolazioni inermi.
Vi aspettiamo numerosi al Newroz
Rete Kurdistan Parma

giovedì 20 dicembre 2018

Non abbandoniamo il Rojava

Le minacce dello Stato turco, le preparazioni per un attacco militare su vasta scala e l’occupazione militare del Rojava (Siria del nord) si stanno intensificando. Nel gennaio di quest’anno, lo Stato turco ha iniziato una campagna di aggressione militare contro la regione un tempo pacifica di Afrin nel Rojava e questa campagna, condotta in modo coordinato con vari gruppi jihadisti, alla fine è culminata nell’occupazione di Afrin. La guerra dello Stato turco contro Afrin è risultata in una tragedia umana di ampie proporzioni – centinaia di civili indifesi sono stati massacrati e migliaia sono stati feriti, la regione è stata incendiata, saccheggiata e distrutta dallo Stato turco e dai suoi alleati jihadisti. Centinaia di migliaia sono stati espulsi con la forza dalle loro case, la guerra e la successiva occupazione e le campagne terroristiche dello Stato turco e dei suoi alleati jihadisti in corso nella regione hanno significativamente alterato la demografia di Afrin. La catastrofe che ha investito la popolazione di Afrin era l’obiettivo ultimo della campagna dello Stato turco.
Lo Stato turco ora cerca di ottenere in altre regioni del Rojava lo stesso risultato visto ad Afrin e in questo momento si sta preparando ad attaccare in Siria una regione lunga 500 chilometri tra i fiumi Tigri e Eufrate. I primi obiettivi nella regione sono le aree di confine di Kobane, Manbij, Tel Abyad, Serêkaniyê (Ras al-Ain), Darbasiyah, Amude, Qamishlo, Tirbespî (al-Qahtaniyah), Dêrik (al-Malikiyah) e migliaia di città e villaggi. Insieme a città come Qamishlo, Hasakah e Raqqa, con grandi popolazioni urbane, ci sono circa cento città e migliaia di villaggi nell’area che attualmente ospita circa 3 milioni di persone. Qualsiasi attacco da parte dello Stato turco porterebbe a un’insopportabile tragedia umana di grandi dimensioni.
È ben noto che, con i loro sacrifici, l’amministrazione regionale del Nord e dell’Est della Siria/Rojava e le forze delle YPG/YPJ/FSD sono coloro che hanno pagato il prezzo più alto nella guerra contro ISIS. Il mondo intero è stato testimone della resistenza di Kobane, e non è passato tanto tempo. Queste sono alcune delle forze prese di mira dallo Stato turco e Kobane, il bastione della resistenza contro ISIS, è tra gli obiettivi turchi. La guerra contro ISIS è ancora in corso e forze del Nord e dell’Est della Siria sono sulle linee del fronte di questa guerra.
Le forze della coalizione anti-ISIS a guida USA, che comprendono il Regno Unito, la Francia e altri Paesi, sono stazionate in quest’area e mantengono una presenza attiva conducendo oltre 200 attacchi in Siria solo nella scorsa settimana. Le forze della coalizione avevano promesso all’amministrazione regionale la protezione di queste aree. Tuttavia secondo notizie recenti, per via delle minacce dello Stato turco, gli USA si stanno preparando a ritirare velocemente le loro forze dalla regione. Se gli USA e le altre forze della coalizione si ritireranno, abbandoneranno le comunità in quest’area a massacri su ampia scala. Uno sviluppo del genere porterebbe a una tragedia umanitaria di grandi dimensioni e allo stesso tempo infliggerebbe una profonda ferita alla coscienza dell’umanità.

Il nostro appello alle forze internazionali e all’umanità:

1.Le forze della coalizione non devono lasciare il Nord e l’Est della Siria/Rojava.
2.Il Consiglio di Sicurezza dell’ONU deve riunirsi con la massima urgenza, decidere di proteggere quest’area dall’aggressione e dichiararla una No-Fly Zone.
3.Gli USA devono riconsiderare e annullare la decisione riferita di ritirarsi da quest’area.
4.Le nazioni europee, in particolare Francia, Germania e Regno Unito, devono immediatamente mettere questa questione all’ordine del giorno e non devono restare in silenzio di fronte a potenziali massacri contro curdi, arabi, siriaci, assiri e armeni nella regione.
5.La Russia non deve restare spettatrice degli attacchi dello Stato turco come ha fatto ad Afrin, ma deve invece opporsi alle politiche distruttive dello Stato turco e alle sue interferenze nella regione.
6.Coloro che difendono i diritti umani, i movimenti per la pace e le organizzazioni attive nella politica e nella società, non devono restare in silenzio di fronte a incombenti massacri, ma devono invece ascoltare la voce di curdi, arabi, siriaci, assiri e armeni, dei milioni di innocenti civili aleviti, musulmani, ezidi e cristiani minacciati dall’aggressione dello Stato turco e schierarsi in solidarietà con i popoli della Siria del Nord e dell’Est e aiutare a trasmettere al mondo le loro richieste di protezione e di pace.
Il popolo del Kurdistan resisterà contro questi attacchi. Noi facciamo appello a tutte e tutti di schierarsi in solidarietà con il nostro popolo!
Consiglio Esecutivo del KNK

giovedì 22 marzo 2018

ll 24 marzo Global Action Day for Afrin

Appello Globale all’Azione #GlobalActionDayForAfrin
Fermiamo la guerra della Turchia contro il popolo curdo ad Afrin!
Sostenere la resistenza è un imperativo storico!
Maggiori info sul sito di UIKI Onlus

giovedì 15 febbraio 2018

Crowfunding per Afrin

La Mezzaluna Rossa Curda è l’unica ad intervenire nelle aree colpite e le necessità sono molte.
Potete fare una donazione su:
o su https://gogetfunding.com/saveafrin/ (piattaforma in inglese)
Beni di prima necessità e medici necessari:
1. Medicine e dispositivi medici per le ambulanze e gli ospedali da campo
2. Ambulanze e materiali di riparazione.
3. Pacchi alimentari per gli sfollati.
4. Articoli e indumenti invernali, coperte per gli sfollati.
5. Acqua potabile, dal momento che l’attacco aereo turco ha colpito la diga che riforniva la zona.
6. Sacche di sangue – Manca sangue per le trasfusioni. Kit di primo soccorso, set chirurgici.
7. Coperte, materassi e beni di prima necessità per le persone che hanno lasciato le loro case.

domenica 28 gennaio 2018

Da Kobane ad Afrin ... a Roma !


Parma in piazza per Afrin













Anche a Parma, come in moltissime città italiane ed europee, si è tenuta, ieri 27 gennaio, una manifestazione di protesta contro l'attacco della Turchia ad Afrin, un cantone del Rojava. Afrin, fino ad una settimana fa, era riuscita a rimanere un'isola di stabilità e sicurezza, infatti aveva accolto più di 300.000 rifugiati .Ora gli aerei da caccia e i carri armati turchi stanno deliberatamente attaccando aree abitate da civili e gli stessi campi profughi. Per questo condanniamo fortemente il governo di Erdogan, che sta commettendo crimini di guerra, secondo il diritto internazionale .
Questa aggressione immotivata, denominata da Erdogan " ramo d'ulivo",
sta avvenendo nel silenzio del mondo intero: la Russia, che controlla lo spazio aereo, ha lasciato campo libero agli invasori turchi,mentre gli Usa, la Ue e l'Onu hanno rilasciato solo deboli dichiarazioni, che non fanno fronte alla gravità della situazione. Ricordiamo che Il popolo di Afrin, come tutto quello del Rojava, rappresenta la sola isola di democrazia nel Medioriente e che la cacciata di Daesh (ISIS, nd.r.) da Kobane e poi da Raqqa si deve solo agli uomini e alle donne del Rojava, riuniti nelle Forze di difesa popolare YPG e YPJ. Al momento le vittime civili sarebbero 59, 134 i feriti e 43 i morti delle Ypg e Ypj .

lunedì 10 luglio 2017

Giù le mani da Afrin


Stato turco contro il cantone curdo di Afrin nel Rojava
Da diversi giorni l’esercito turco attacca le zone liberate di Şehba e Afrîn nel Rojava. A seguito degli attacchi, finora sono rimaste uccise sei persone e dozzine sono rimaste ferite. Numerose zone di insediamento sono state distrutte e le persone sono state costrette a lasciare i propri villaggi. L’esercito turco, con lo spostamento di veicoli militari lungo il confine, ha iniziato preparativi per una guerra su ampia scala. Per ottenere il permesso per la guerra contro i curdi in Siria, il Presidente turco Erdogan tiene colloqui con rappresentanti della Russia, degli USA e di Paesi dell’UE. Per questa ragione facciamo appello all’opinione pubblica mondiale di fermare il dittatore Erdogan.
Perché la Turchia attacca Afrin?
Sia i curdi che tutto il mondo sono in lotta contro IS. La Turchia invece sfrutta IS per minacciare i curdi e il mondo intero. Per questo la fine di IS è anche la fine della dittatura in Turchia. Non c’alcuna motivazione legale o morale per l’attacco dello Stato turco contro Afrin e il Rojava in generale. L’unica ragione è la fobia e l’ostilità nei confronti dei curdi.
Il governo turco non vuole che il progetto potenzialmente portatore di stabilità dei curdi abbia successo. Vuole instabilità, caos e guerra. Per questo crea la base per una guerra regionale che diventa sempre più globale. Con il suo sostegno a gruppi salafiti e la sua politica egemonica turco-nazionalista vuole diventare una potenza dominante in tutta la regione.
In questo modo lo Stato turco è diventato per le società nella regione e per le forze internazionali un ostacolo sul percorso verso la vittoria su IS. Con i suoi tentativi di intervento, la Turchia cerca silurare il progetto di società pacifica nella quale convivono curdi, arabi, assiri, caldei, armeni, suryoye, turkmeni e altri popoli e fedi. Questo è un crimine di guerra e causa del grande dramma della fuga e dell’umanità.
Il nostro appello all’opinione pubblica internazionale è: *Afrin negli ultimi cinque anni è diventato il luogo più sicuro della Siria. Per questo attualmente ad Afrin vive anche una grande quantità di profughi. L’ONU e l’opinione pubblica internazionale devono impegnarsi perché continui questa situazione di sicurezza ad Afrin.
*Un attacco dell’esercito turco contro Afrin o un altro luogo nel Rojava e nel nord della Siria, va a beneficio di IS e di altri gruppi salafiti. La coalizione internazionale contro IS deve prendere misure di prevenzione per impedirlo e fermare gli attacchi dell’esercito turco.
*Lo Stato turco in Siria è una forza di occupazione. L’opinione pubblica internazionale non deve stare a guardare in silenzio e deve impegnarsi per un ritiro dell’esercito turco dal territorio siriano.
fonte UIKI ONlus