Leyla ha 37 anni, capelli neri, lunghi e fluenti , occhi scuri e penetranti , il sorriso dolce e ribelle. E' una partigiana del PKK, da 15 anni in carcere, accusata di separatismo, ne deve scontare ancora altri 20.
Per i primi 5 anni , dopo l'arresto , la detenzione in incommunicado e le torture subite , è stata rinchiusa in un carcere di tipo F, di massima sicurezza. Era sola in cella, aveva solamente un'ora di aria , in un cortiletto unicamente per lei, da cui non vedeva nemmeno il sole , non aveva contatti con le altre detenute politiche , le uniche persone che poteva vedere erano le guardie carcerarie , alcune violente , altre meno.
In seguito è stata trasferita in un'altra prigione , tipo E , dove aveva compagne di cella, poteva leggere, studiare , incontrare, attraverso una grata ,i familiari, uscire nel cortile insieme alle altre. Ma questo carcere era molto più lontano dalla residenza della famiglia, per cui il costoso e lungo viaggio per la madre e la sorella diventava problematico.
Da 6 mesi, Leyla è stata nuovamente trasferita, ancor più lontano, vicino al mar Nero, lei che ,con la famiglia, abitava a Wan. Le condizioni sono migliori, ma la lontananza pesa parecchio. Qui finalmente ha potuto, dopo 15 anni, toccare ed abbracciare sua madre e i suoi familiari, lo può fare, però, una volta al mese.
Da 4 anni condivide la cella anche con sua sorella, condannata per aver preso parte ad una manifestazione studentesca per denunciare le condizioni carcerarie inumane e degradanti di Ocalan, era un corteo pacifico.
Leyla è la mia “ amica di penna”, ci scriviamo da diversi anni. Non è facile, perchè non conosco la lingua turca , che usiamo per comunicare, per cui ho bisogno di qualche amica o amico che mi traducano la lettera che ricevo e quella che spedisco. Si potrebbe usare un altro idioma, l'inglese, ad esempio, ma la censura del carcere le chiederebbe 100 euro per ogni lettera che riceve.
Ho conosciuto anche la madre di Leyla, , qualche mese prima che il terremoto devastasse Wan e la sua casa.Da bambina Leyla e la sua famiglia abitavano in un villaggio , avevano un po' di terra e vivevano di quella. Negli anni '90 i militari turchi lo distrussero , per cui, senza più nulla ,furono costretti a trasferirsi nei sobborghi della città più vicina, Wan, dove la loro vita diventò un inferno, senza lavoro, con i figli da mantenere e con la continua e violenta oppressione turca.
Il padre si ammalò, e la madre fece ogni sacrificio possibile per mandare i figli a scuola.
A scuola si deve essere turchi, parlare il turco e comportarsi come turchi, loro che sono kurdi, che parlano un'altra lingua e proprio i turchi hanno distrutto la loro vita , la loro casa e la loro terra . A 18 anni Leyla si unisce ai partigiani del Pkk, perchè non può più sopportare l'arrogante ferocia dei militari , anche il fratello va in montagna, mentre la sorella minore continua gli studi e quella maggiore aiuta la madre.
Leyla a 22 anni viene catturata, mentre il fratello viene sequestrato dai militari, solo da pochi mesi si è saputo il luogo in cui è stato ucciso e dove è sepolto.
Quasi tutte le famiglie kurde hanno una storia simile, credo che sia giusto , almeno, dar voce alle loro voci.
Nelly
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