giovedì 20 dicembre 2012

Roboski, un anno dopo: il mio nome è Hüsnü Encü

Il mio nome é  Hüsnü Encü

Non sono una statistica,

sono un “essere umano”!

E ho anche una storia…

Il mio nome é Hüsnü Encü.

Era una specie di mito essere sulla via del “contrabbando”.

Eravamo come eroi rimasti al margine di un mito. I nostri asini vagavano quasi sempre su stretti sentieri, che sembravano estendersi fino al cielo per estirpare il fuoco degli stenti…

Enormi ombre comparivano nel cielo nei giorni di forte neve. Non so cosa dire; “uno dei 34 è caduto”, o “è proprio il mio corpo che fa male?”

Non so come raccontarti la mia storia. Dovrei dire che il “contrabbando” é concretamente la lotta per il pane in questa terra dove gli stenti sono la norma? O dovrei dire quant´è difficile aspettare otto anni per un figlio? Dovrei raccontarti di mio figlio che é rimasto orfano ancor prima di venire al mondo e prima di soddisfare il mio desiderio di essere padre? Il mio nome é Hüsnü Encü, sono nato nel 1981. Sono il quarto di 11 figli di una famiglia. Sono colui che è stato ucciso insieme a suo fratello. Sono colui che è caduto a terra col desiderio di un figlio.

Sono colui che ha lasciato sua moglie in una grande angoscia.

Sono colui che é  stato assassinato senza aver avuto abbastanza dalla vita.

Nonostante il rischio di infastidirvi, ho molto da dire;

Chiedo giustizia,
se le bombe che mi hanno ucciso, non hanno ucciso la giustizia a loro volta…

Non hanno tutti diritto ad avere giustizia?

o,

Dovrei chiedere scusa allo stato per aver sprecato quelle grosse e costose bombe per uccidermi,

Dovrei ringraziare lo Stato Maggiore per non aver mancato il bersaglio e per avermi ucciso!?

Roboski, un anno dopo: Il mio nome e´ Bilal Encü

La piattaforma "Giustizia per Roboski" (http://roboskiicinadalet.wordpress.com/english/) ha pubblicato le storie di 34 persone, abitanti dei villaggi di Roboski e Gülyazı (Kurdistan settentrionale), assassinate dalle bombe dell´esercito turco il 28 Dicembre 2011. Le storie sono state scritte in base ad informazioni reali, ottenute dai parenti e conoscenti delle vittime, ed inviate al Presidente, al Primo Ministro, al Ministro della Giustizia ed a quello degli Affari Interni in Turchia.
A distanza di un anno, lo stato turco non ha portato ancora nessuno dei colpevoli in tribunale e le famiglie delle vittime continuano ad essere maltrattate per aver scelto di non rimanere in silenzio.
A partire da oggi, con preghiera di massima diffusione, pubblicheremo ogni giorno la traduzione di una storia per non dimenticare nessuna delle vittime di questo genocidio. 

Il mio nome é Bilal Encü.

Ero una delle 34 persone in quella notte nera come la pece.

Stringendo le redini dei nostri asini, con tanti sogni in mente, stavamo camminando dritti verso il cuore dell´oscurità.

Non sono una statistica, sono un “essere umano”! E ho anche una storia

Il mio nome é Bilal Encü;
ero il maggiore di sette fratelli, il tesoro dei miei genitori e la speranza della famiglia
ero l´occhio di un padre cieco. Mio padre non aveva bisogno di un bastone per camminare perché io ero vicino a lui

Adoravo leggere ma non mi piaceva molto la scuola. L´unica ragione per cui ci andavo era la speranza di diventare medico e di trovare una luce per gli occhi ciechi di mio padre

Farsi piacere il calcio é una necessità nel villaggio di Roboski, dove non c´è nessun altro sport che puoi praticare. Giocavamo nella stessa squadra del mio amico Celal. La nostra unità nel gioco portava sempre ad una vittoria…

Adoravo anche annaffiare gli arbusti che avevo piantato nel giardino di casa nostra…Non avevano bisogno di acqua fin quando non arrivavo io. Un vento rinfrescante mi colpiva la faccia quando mi sorprendeva con loro…
Raccontavo loro dei miei sogni, della mia angoscia per la cecità di mio padre, dei miei progetti di lasciare Roboski ed iniziare l´università in un altro posto, delle mie intenzioni di diventare medico e così via…

Ero una delle 34 persone in quella notte nera come la pece.

Stringendo le redini dei nostri asini, con tanti sogni in mente, stavamo camminando dritti verso il cuore dell´oscurità.

Adem e Hamza ci stavano andando per il denaro di cui avevano bisogno per il matrimonio dei loro figli, Hüsnü per il cibo per suo figlio che sarebbe nato otto anni dopo il suo matrimonio e io per la speranza di essere la luce per gli occhi ciechi di mio padre…

Nel percorso, trasportavo gli stenti in una delle bisacce del mio asino, e la speranza nell´altra. Il fardello era veramente pesante… Il mio ritorno a casa veniva atteso ogni volta dai miei genitori con grande preoccupazione; mio padre pregava per me e mia madre aspettava di fronte alla finestra, il suo viso appoggiato al vetro finché ritornavo…

Non sono tornato quella notte! Ho sentito una voce lacerare la notte! I miei occhi erano inchiodati al cielo! Ho visto le lacrime di una madre scorrere giù di fronte alla finestra, un padre che ha corso per miglia, e bassi arbusti…

Né io né la mia speranza esistiamo adesso!

Adem, Hamza, Hüsnü non esistono adesso; tutti sono stati ridotti a pezzi quella notte, insieme ai loro sogni; bombe amare sono state fatte cadere su Roboski…

Io sono Bilal Encü, ho 16 anni. Sono la speranza di una famiglia, la triste fine di una vita difficile…

Non mi hanno lasciato dire ‘Se solo non fossi morto tra poco’, questo dovrebbe essere scritto sulla mia lapide…

Nonostante il rischio di infastidirvi, ho molto da dire;

Chiedo giustizia,
se le bombe che mi hanno ucciso, non hanno ucciso la giustizia a loro volta…

Non hanno tutti diritto ad avere giustizia?

o,

Dovrei chiedere scusa allo stato per aver sprecato quelle grosse e costose bombe per uccidermi,

Dovrei ringraziare lo Stato Maggiore per non aver mancato il bersaglio e per avermi ucciso!?

domenica 9 dicembre 2012

Turchia, l'impero della paura!

Più di 1.000 persone, per lo più kurdi, sono stati arrestati nel corso del mese di novembre. Tra questi, più di 230 bambini e circa 300 studenti e alunni. "L'ambiente creato è l'impero della paura. Criminalizzando l'intera società, le autorità creano nuove paure" denuncia l'Associazione dei Diritti Umani (IHD). 
Dal 2009, le autorità turche si sono impegnate in una caccia alle streghe contro i kurdi e tutti gli altri avversari che sostengono la causa kurda. La Turchia ha battuto ogni record negli ultimi anni per quanto riguarda gli arresti per motivi politici, che non hanno mai raggiunto un tale livello dopo la creazione della Repubblica Turca. "Il più grande crimine commesso da queste persone è esprimere le proprie opinioni o fare opposizione alle autorità per difendere le loro idee. 
Pensare, parlare ora sono considerati più pericolosi della fantomatica struttura illegale", ha dichiarato ad ActuKurde, Raci Bilici segretario della sezione IHD di Diyarbakir, la capitale del Kurdistan turco. Almeno 1.039 persone sono state arrestate nel corso del mese di novembre 2012, si tratta di un record. La maggior parte di queste sono state arrestate durante le incursioni di polizia contro il principale partito curdo il BDP, le organizzazioni della società civile, gli uffici comunali, e durante le manifestazioni a sostegno dei prigionieri in sciopero della fame.
 Fonte: AktuKurde

martedì 27 novembre 2012

Turchia: gravi violazioni dei diritti sindacali

25 sindacalisti turchi, aderenti all’EGITIM Sen-Kesk, sindacato affiliato all’IE, tra i quali la segretaria per l’eguaglianza di genere Gulcin Isbert, sono stati condannati al carcere da un tribunale turco per attività che altrove sarebbero considerate legittime attività sindacali.
Per queste ragioni, Domenico Pantaleo Segretario generale della FLC CGIL ha mandato una lettera al primo Ministro turco Erdogan e all’ambasciatore turco a Roma Hakkı Akil nella quale chiede al governo turco di provvedere affinché siano annullate queste sentenze che costituiscono un affronto alla democrazia e una violazione dei diritti umani e sindacali.

domenica 18 novembre 2012

I prigionieri politici kurdi cessano lo sciopero della fame

18 Novembre 2012
In un comunicato scritto per conto dei detenuti appartenenti al Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) e al Partito per la Liberazione delle Donne del Kurdistan (PAJK), Deniz Kaya ha annunciato oggi che essi metteranno fine alla loro protesta in risposta all’appello del leader del PKK Abdullah Öcalan.
Il leader kurdo Öcalan ha inviato il messaggio tramite suo fratello Mehmet Öcalan, incontrato ieri sull’isola di Imralı.
La co-presidente del Partito per la Pace e la Democrazia (BDP) Gültan Kışanak, i deputati Sabahat Tuncel, Sırrı Süreyya Önder e la co-presidente del Congresso della Società Democratica (DTK) Aysel Tuğluk si sono perciò recati urgentemente presso le due carceri di Diyarbakır per trasmettere l’appello di Öcalan.
La Kışanak ha annunciato oggi che 447 detenuti all’interno del carcere di tipo D di Diyarbakır hanno cessato lo sciopero della fame durante le prime ore della mattinata e che anche i detenuti all’interno del carcere di tipo E annunceranno la loro decisione oggi.   
I detenuti che hanno messo fine alla loro protesta stanno ricevendo cure in carcere mentre coloro che necessitano di ulteriori trattamenti medici verranno trasportati all’ospedale regionale di ricerca, sotto la supervisione della Camera dei Medici di Diyarbakır.
Anche altri diciotto detenuti, che hanno cessato la loro protesta all’interno del carcere chiuso di tipo E di Siirt, sono stati trasportati all’ospedale statale di Siirt.  

ANF / NEWS DESK

News sullo sciopero della fame

Lettera dal deputato del BDP incarcerato Sarıyıldız
Il deputato in carcere del Partito per la Pace e la Democrazia (BDP) Faysal Sarıyıldız ha scritto in merito allo sciopero della fame dei detenuti kurdi ed ha invitato al sostegno degli scioperanti all’interno di una lettera inviata al suo partito.   
Caro lettore, uno o più d’uno delle nostre migliaia di compagni in carcere potrebbe star attraversando la soglia critica mentre stai leggendo questa lettera.
Stiamo imparando dall’esperienza cosa significa per un corpo svanire, diventare sempre più esile. I nostri compagni non si aspettano niente dal sistema fascista, poiché sanno molto bene cosa significa essere lasciati in balia della sua pietà. Vorremmo che il nostro popolo agisse tenendo questo in mente.
Le avventure di vita di dieci dei nostri compagni nella nostra sezione forniscono un’idea molto precisa della struttura sociologica del movimento kurdo e dello sciopero della fame, intrapreso da giovani arrestati dopo essere entrati nella guerriglia dalle università, dai villaggi e dalle città e portato avanti anche da membri del Comitato Esecutivo Centrale del BDP, membri di consigli cittadini, da altre persone arrestate a causa del loro lavoro o a causa delle istituzioni a cui appartengono, dagli arrestati durante le manifestazioni e da molti altri provenienti da tutte le sezioni della società kurda. Nella sua essenza, questo sciopero della fame è condotto da persone che vivono in ciò che chiamiamo nazione democratica […]  
Oggi [12 Novembre], i miei compagni sono entrati nel 62o giorno di sciopero della fame mentre io mi appresto a cominciare il 30o. Alcune persone della nostra sezione, Dijwar, Mahir ed il dott. Cihan, non riescono più ad inghiottire liquidi. Un compagno sta cercando di farli bere dicendo: “Un rivoluzionario dovrebbe mantenere la sua ferma volontà e dignità fino all’ultimo momento, anche fino alla morte”.

I Kurdi scendono in strada per lo sciopero della fame di massa
I Kurdi stanno scendendo in strada oggi in sostegno al Partito per la Pace e la Democrazia (BDP), che ha annunciato tre giorni fa che migliaia di persone nel paese avrebbero intrapreso scioperi della fame di 48 ore il 17 e 18 Novembre sotto la guida del partito, per esprimere solidarietà ai detenuti in sciopero della fame ed alle richieste da loro evidenziate. 
Alle persone che sono scese in strada oggi nella principale città kurda Diyarbakır è stato proibito di raggiungere la zona del parco Orman, in cui era stato programmato lo svolgimento di uno sciopero della fame di due giorni. Centinaia di persone perciò hanno dato inizio ad un presidio di fronte all’edificio del BDP, per protestare contro l’ostacolamento da parte della polizia e contro il divieto emesso dal Governatore nei confronti dello sciopero della fame di massa, considerato “illegale”.
Il Governatore ha anche ordinato il sequestro dei volantini d’invito alla protesta distribuiti in città. In seguito al divieto, la zona del parco Orman è stata bloccata da numerose squadre di polizia, supportate da centinaia d’altre provenienti da città vicine. 
Le autorità di polizia hanno dichiarato che il Governatore ha vietato qualsiasi incontro o manifestazione.
Centinaia di persone si sono radunate anche nelle province di Şırnak, Istanbul, Ankara, Adana, Mersin, Konya e molte altre, in sostegno alla “resistenza di massa” a cui il BDP ha fatto appello per affrontare lo sciopero della fame in corso nelle carceri.
La polizia ha attaccato il corteo che si stava svolgendo nel distretto di Yüksekova ad Hakkari: il luogo si è tramutato in un campo di battaglia poichè centinaia di persone sono state pesantemente attaccate con panzer e gas lacrimogeni mentre si dirigevano verso il parco Musa Anter, in cui era programmato lo svolgimento dello sciopero della fame.  In seguito all’incidente, la folla è comunque riuscita a raggiungere il parco dove però è stata nuovamente attaccata poco dopo aver cominciato la protesta. Secondo quanto riportato, gli scontri continuano tuttora in alcune zone.

Detenuto in sciopero della fame ricoverato a Diyarbakır
Ümit Aslan, prigioniero politico in sciopero della fame dal 4 Novembre, è stato ricoverato ieri notte intorno alle 3.00 circa ora locale a causa di un’emorragia gastrica.  
Aslan, 32 anni, in sciopero della fame all’interno del carcere di tipo D di Diyarbakır è stato trasferito all’Ospedale dell’Università di Dicle, dopo essere stato sottoposto a cure mediche urgenti presso l’Ospedale di Formazione e Ricerca. Secondo quanto riportato, Aslan è al momento sotto osservazione; due anni fa aveva subito un trapianto di fegato.  
Lo sciopero della fame, a cui aderiscono diecimila prigionieri kurdi, è entrato nel 67° giorno.

ANF NEWS AGENCY

sabato 17 novembre 2012

La parlamentare Leyla Zana in sciopero della fame

15 Novembre 2012
Il co-presidente del Congresso della Società Democratica (DTK) Ahmet Türk ha tenuto mercoledì una conferenza stampa per annunciare che la deputata indipendente di Diyarbakır Leyla Zana ha cominciato uno sciopero della fame irreversibile e a tempo indeterminato all’interno del suo ufficio presso il Parlamento ad Ankara.
Durante la conferenza stampa, a cui hanno partecipato anche i deputati del Partito per la Pace e la Democrazia (BDP) İbrahim Bilici ed Altan Tan, Ahmet Türk ha dichiarato che la Zana ha cominciato la protesta nel suo ufficio per dare un segnale all’opinione pubblica; l’obiettivo è quello di aprire la strada ad un clima di dialogo. Ha notato che è stata rispettata la determinazione della Zana nel prendere parte allo sciopero, nonostante i problemi di salute che affronta attualmente.
In risposta agli insulti ed alle minacce contro i detenuti in sciopero della fame da parte del Primo Ministro turco Recep Tayyip Erdoğan, Türk ha affermato: “Oltre alle principali richieste evidenziate, lo sciopero della fame chiede anche l’eliminazione della grave violenza nel paese e l’istituzione di un clima per la politica democratica e per una soluzione democratica alla questione kurda. Ad ogni modo, è il linguaggio utilizzato nell’arena politica che fa scaturire la protesta, invece che porle fine o contribuire ad una soluzione. I modi provocatori del Primo Ministro in particolare ci fanno smettere di sperare ogni giorno che passa”
Türk ha concluso sottolineando: “Il popolo kurdo non esiterà mai a pagare qualsiasi prezzo per dar voce alle sue richieste democratiche e per chiederne la soddisfazione, come ha fatto fino ad ora”.

ANF NEWS AGENCY

Turchia, il primo ministro invoca la pena di morte

“Attualmente molta gente, nei sondaggi, dichiara che la pena di morte dovrebbe essere ripristinata. I familiari delle persone uccise vivono nel dolore, mentre altri si sollazzano alle feste mangiando kebab”. Parole pronunciate durante il congresso annuale del Partito per la giustizia e lo sviluppo, forse destinate a galvanizzare una “audience” interna. Di fatto, tuttavia, il 3 novembre il primo ministro turco Recep Tayyip Erdoğan (nella foto) ha nuovamente introdotto il tema della pena di morte nell’agenda politica del paese.
Anche perché ci è tornato sopra, a freddo, otto giorni dopo, sostenendo che “il potere di perdonare spetta alle famiglie colpite, non a noi” e lanciando questa domanda: “La pena di morte è stata abolita in Europa. Ma è stata abolita negli Usa, in Giappone e in Cina? No. E allora vuol dire che in alcuni casi la pena di morte è legittima”.
Il contesto nel quale si torna a parlare della pena di morte in Turchia è quello della protesta di massa dei detenuti curdi, che rifiutano il cibo in alcuni casi anche da più di due mesi. I quasi 700 prigionieri in sciopero della fame, cui si sono recentemente uniti anche cinque parlamentari e il sindaco di Diyarbakir, chiedono la fine dell’isolamento cui è sottoposto l’ex leader del Partito dei lavoratori del Kurdistan, Abdullah Őcalan – dal 1999 in cella nel carcere di Imrali, un’isola del mar di Marmara – e del divieto di autorizzare colloqui tra il detenuto e il suo avvocato. Chiedono inoltre di poter usare senza restrizioni la loro madrelingua, nella sfera pubblica, nel corso dei processi e nel campo dell’istruzione. Erdoğan li ha definiti ricattatori e mercanti di morte.
Amnesty International si è detta preoccupata per le notizie secondo le quali, nelle settimane passate, i prigionieri in sciopero della fame nelle carceri di Silivri e Sakran sono stati posti in isolamento mentre in quella di Tekirdag le guardie carcerarie hanno sottoposto a maltrattamenti chi stava prendendo parte alla protesta.
Le autorità penitenziarie avrebbero inoltre, in alcuni casi, limitato l’accesso ad acqua, zucchero, sale, vitamine e altre sostanze che vengono aggiunte all’acqua assunta dai prigionieri in sciopero della fame. Secondo gli standard internazionali sui diritti umani, lo sciopero della fame è una protesta pacifica e le autorità della Turchia hanno il dovere di rispettare il diritto alla libertà d’espressione dei prigionieri, compreso il diritto a protestare in tale forma.
Il ricorso allo sciopero della fame non è una novità nella recente storia della Turchia e i precedenti ci dicono che chi lo porta avanti è disposto a proseguire fino alle estreme conseguenze.
Il collegamento tra la situazione di Őcalan, lo sciopero della fame in corso e la pena di morte è stato esplicitato proprio dallo stesso Erdoğan, con una bella punzecchiata verso l’Unione europea:
“Nei confronti di questo capo del terrorismo era stata emessa la pena di morte, dato che aveva causato la morte di decine di migliaia di persone. Ma questo paese ha abolito la pena di morte a causa di pressioni da luoghi che conosciamo bene. Ora è in carcere a Imrali proprio perché abbiamo abolito la pena di morte”. Gli ha fatto immediatamente eco il Partito del movimento nazionalista, il cui parlamentare Zuhal Topçu, uno dei principali consiglieri del leader Devlet Bahçeli, ha dichiarato:
“Noi vogliamo soprattutto l’esecuzione del terrorista Őcalan. Siamo arrivati a questo punto” – riferendosi alle rivendicazioni dei detenuti che rifiutano il cibo – “a causa delle concessioni che abbiamo fatto ogni volta. Se oggi lo sciopero della fame è al centro dell’attenzione è per via di tutte le concessioni fatte in passato”. La pena di morte in Turchia è stata definitivamente abolita nel 2004, quando una maggioranza risicata approvò la legge 5218 del 14 luglio. Due anni prima era stata abolita per i reati in tempo di pace, ben 29, previsti dal codice penale del 1926. L’ultima esecuzione ha avuto luogo nel 1984.
C’è chi sostiene che Erdoğan abbia sollevato il tema della pena di morte per raccogliere consensi in vista della campagna per le elezioni presidenziali del 2014. Un editoriale del prestigioso Hurriyet lo ha ammonito a non creare “eroi”, ricordandogli che la pena di morte contro il terrorismo politico non serve a niente. Il rappresentante turco presso l’Unione europea si è affrettato a precisare che “non c’è niente di concreto in vista del ripristino della pena di morte. È stata solo una dichiarazione del primo ministro”.
“Solo”?

di Riccardo Noury per Amnesty

martedì 13 novembre 2012

Presidio a Genova di solidarietà allo sciopero della fame dei prigionieri kurdi

Domani 14/11/2012 a Genova in Piazza De Ferrari alle ore 18, in concomitanza con la 456^ ora in silenzio contro la guerra, si terrà un presidio di solidarietà nei confronti dei detenuti kurdi in sciopero della fame nelle carceri turche.
Sono ormai migliaia i detenuti che si sono uniti ai primi 700 che hanno iniziato da 62 giorni questa protesta. Molti di loro sono ormai in condizioni gravissime. Quali sono le loro richieste?
Che la loro lingua madre sia riconosciuta ufficialmente e che la possano usare a scuola e nei tribunali.
Che il loro leader Abdullah Ocalan, da anni recluso in isolamento, possa ricevere le visite dei familiari e degli avvocati e possa essere interlocutore del dialogo di riconciliazione col Governo Turco.
Che siano liberate le migliaia di prigionieri politici rinchiusi nelle carceri turche. Tra loro vi sono deputati, amministratori locali, professori, giornalisti, studenti e persino bambini a cui non è riservato un trattamento differenziato rispetto agli adulti. Molte tra loro le donne che partecipano attivamente e in prima fila alla vita sociale e politica kurda.
La risposta del governo turco è per ora sprezzante: il Primo Ministro Erdogan dice che lo sciopero della fame è solo una montatura e che tutti mangiano di nascosto.
Putroppo è la solita risposta:
nel 1983 l'allora Primo ministro disse "stanno mangiando di nascosto" - 4 morti
nel 1996 Sevket Kazan, ministro degli Esteri: "Hanno rubato e nascosto cibo che mangiano di notte" - 12 morti
nel 2000 Sadettin Tantan, ministro degli interni: "Sono tutti in perfetta saluta e mangiano di nascosto" - 122 morti
Il conflitto tra la grande minoranza kurda (solo in Turchia 20 milioni di persone) e il Governo turco ha causato in 30 anni più di 40.000 vittime.
Tutto con pochissimo o nessun risalto sui nostri mezzi di informazione.
I Governi della "democratica" Europa, premio Nobel per la Pace (?!?!?), preferiscono chiudere gli occhi e la bocca e fare affari col Governo turco.
Per noi è un dolore troppo grande sapere che tanti giovani stanno sacrificando la loro vita per chiedere diritti e libertà.
Per questo chiediamo che il Governo Italiano ed il Parlamento Europeo facciano qualcosa.
E chiediamo comunque a tutti i detenuti di sospendere lo sciopero prima che sia troppo tardi.
In segno di solidarietà è iniziato uno sciopero della fame a staffetta (un giorno senza cibi solidi - solo acqua) a cui partecipiamo.
Siete tutti invitati a partecipare diffondendo il più possibile l'appello.
Grazie Paolo (domani in sciopero della fame per 24 ore) 
Associazione Senza Paura 

martedì 6 novembre 2012

Raddoppiate le azioni in supporto dello sciopero della fame

6 Novembre 2012
Scioperi della fame simbolici e cortei sono stati organizzati in tutta la Turchia in occasione del 55o giorno di protesta dei prigionieri politici kurdi nelle carceri turche.
Lunedì 5 Novembre, diecimila detenuti appartenenti al Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK), al Partito per la Liberazione delle Donne del Kurdistan (PAJK) ed all´Unione delle Comunità Kurde (KCK) all´interno di 72 carceri hanno aderito allo sciopero della fame a tempo indeterminato e irreversibile, cominciato da circa 70 persone in 7 carceri il 12 Settembre e che si è diffuso nelle settimane seguenti a 39 carceri coinvolgendo oltre 600 scioperanti. Attualmente solo i detenuti anziani, malati e minorenni del PKK, del PAJK e del KCK non sono coinvolti nella protesta.
Una conferenza stampa è stata organizzata lunedì nell´ufficio della Federazione delle Associazioni di Solidarietà ed Aiuto Legale per le Famiglie dei Detenuti (TUHAD-FED), nella principale città kurda Diyarbakır. Replicando al Primo Ministro Erdoğan, che ha descritto la protesta nelle carceri uno show politico, la Presidente TUHAD-FED Zübeyde Teker ha osservato che la dichiarazione del Primo Ministro cancella la possibilità di discutere le richieste inoltrate dai detenuti in sciopero della fame. La Teker ha anche richiamato l´attenzione sulla brutale violenza della polizia contro le manifestazioni di solidarietà ai prigionieri, sottolineando che lo stato ed il governo saranno responsabili di qualsiasi conseguenza.
Un´altra conferenza stampa è stata organizzata dall´associazione di Solidarietà ai Parenti dei Detenuti (TUHAD-DER) di fronte al carcere chiuso di tipo E di Diyarbakır. La conferenza stampa, che ha criticato il silenzio sullo sciopero della fame, si è chiusa con un presidio.
Alcune altre manifestazioni in sostegno ai detenuti in sciopero della fame sono elencate di seguito:
Lice: un gruppo di sindacalisti, inclusi membri di Eğitim-Sen, hanno tenuto una conferenza stampa ed hanno invitato il Presidente Abdullah Gül a mostrare sensibilità verso lo sciopero della fame. 
Batman: Centinaia di persone si sono radunate di fronte al carcere di tipo M di Batman in sostegno al presidio in corso da cinque giorni. Un gruppo di cinquanta persone ha raccolto il testimone dello sciopero della fame alternato all´interno del parco Azadi. I manifestanti hanno ricevuto la visita di una delegazione francese composta da senatori e sindaci.
Siirt: Una conferenza stampa è stata organizzata di fronte al carcere di Siirt ed ha visto la partecipazione di centinaia di persone, incluso il sindaco Selim Sadak. E´ seguito un presidio ed un corteo durante il quale le donne che partecipavano all´iniziativa sono state attaccate dalla polizia. 
Adana: Tre membri del Partito Socialista degli Oppressi (ESP) hanno dato inizio ad uno sciopero della fame di due giorni all´interno del parco İnonü, dove centinaia di persone hanno partecipato alla conferenza stampa ed il presidente di distretto dell´ESP di Adana  Sabahattin Pişkinbaş ha invitato il governo AKP a soddisfare le richieste dei detenuti in protesta.
Mersin: L´Associazione Democratica Alevita ha tenuto una conferenza stampa sullo sciopero della fame ed ha invitato al dialogo per una soluzione alla questione kurda.
Mardin: Centinaia di persone, inclusi membri dell´organizzazione di distretto di Mardin del Partito per la Pace e la Democrazia (BDP) e dell´Iniziativa Madri della Pace, hanno tenuto un presidio di fronte al carcere chiuso di tipo T di Mardin. Dopo il presidio, il gruppo ha dato inizio ad una veglia presso la Casa della Resistenza. 
Gli amministratori del BDP del distretto di Kızıltepe, nei pressi di Mardin, si sono recati presso i negozianti ed hanno chiesto di sostenere gli scioperanti. 
Il terzo gruppo ha raccolto il testimone nella veglia del distretto di Midyat.
Alcune donne hanno organizzato un presidio al Parco della Pace del distretto di Nusaybin in solidarietà agli scioperanti.
Muş: Un corteo è stato organizzato nel distretto di Malazgirt per protestare contro il silenzio del governo sullo sciopero della fame.
Dersim: Quindici persone hanno dato inizio ad uno sciopero della fame all´interno dell´edificio del BDP, in seguito all´irruzione della polizia nella “Tenda della Resistenza” nel centro cittadino.
Gli scioperi della fame alternati di solidarietà continuano con nuovi gruppi di persone nelle province di Antep, Van, Ağrı, Erzurum ed Iğdır.

ANF NEWS AGENCY

domenica 4 novembre 2012

I kurdi fermano le attività nel “giorno di resistenza di massa”

Manifestazioni e cortei si terranno oggi in tutte le città kurde e quelle composte da popolazione kurda in occasione del 49° giorno di sciopero della fame dei prigionieri politici kurdi. Il Partito per la Pace e la Democrazia (BDP) ha dichiarato il 30 Ottobre “giornata della resistenza” ed ha invitato tutta la popolazione kurda a fermare le attività nel paese e a partecipare alle azioni in sostegno ai detenuti in sciopero della fame.
AMED/DİYARBAKIR: Le attività si sono fermate nella principale città kurda di Diyarbakır, dove quasi tutti i negozianti hanno abbassato le serrande, i mezzi di trasporto non sono in servizio, gli impiegati municipali non sono al lavoro e gli studenti hanno boicottato le scuole. Cortei di massa sono attesi in città nel pomeriggio, quando è previsto che anche il BDP tenga il suo incontro settimanale di fronte al carcere di tipo E di Diyarbakır, in cui membri del partito stanno effettuando uno sciopero della fame da 49 giorni. Nonostante il governatore di Diyarbakır abbia negato il permesso per l’incontro in quel luogo, i co-presidenti del BDP hanno dichiarato di essere determinati ad effettuarlo di fronte al carcere. Mentre migliaia di persone si sono già radunate per il corteo che raggiungerà il carcere, le forze di polizia hanno massicciamente circondato il luogo con veicoli TOMA (antisommossa) ed hanno bloccato tutte le vie d’accesso. La folla radunatasi nel distretto di Bağlar è stata pesantemente attaccata perchè voleva proseguire con il corteo verso il carcere.
ŞIRNAK: Migliaia di persone sono state attaccate dalla polizia nel momento in cui hanno iniziato un corteo, in risposta all’invito del BDP per una “resistenza di massa” in occasione del 49o giorno di sciopero della fame dei prigionieri politici kurdi. La città si è tramutata in un campo di battaglia: la folla non ha interrotto il corteo nonostante il brutale attacco della polizia, effettuato con intensi lanci di gas lacrimogeni. Gli scontri si sono diffusi in tutti i quartieri della città. 
 HAKKARİ: Decine di migliaia di persone hanno dato inizio ad un corteo nel distretto di Yüksekova ad Hakkari. Al corteo seguirà una conferenza stampa. 
VAN: Migliaia di persone, condotte dall’organizzazione provinciale del BDP di Van, hanno effettuato un corteo diretto verso il carcere di tipo F, in cui il sindaco Bekir Kaya, l’ex-presidente provinciale del BDP Cüneyt Caniş, il sindaco di Edremit Abdulkerim Sayan ed altri quindici rappresentanti politici aderiscono allo sciopero della fame. La città è testimone della più grande protesta finora: anche qui i negozi sono chiusi, i trasporti sono bloccati e gli studenti hanno boicottato la scuola. 
ISTANBUL: Numerose persone si sono radunate ad Okmeydanı; la polizia ha circondato la zona con panzer e veicoli antisommossa. Alla manifestazione partecipano anche la parlamentare di Istanbul del BDP Sebahat Tuncel e i co-presidenti provinciali del BDP Asiye Kolçak ed Ali Rıza Bilgili. 
 MARDİN: Centinaia di persone nel distretto di Nusaybin a Mardin sono state attaccate dalla polizia mentre erano in corteo verso piazza Newroz. Un manifestante di nome Burhan Bilgiç è stato gravemente ferito ad un occhio da un candelotto di gas lacrimogeno. Gli scontri tra i manifestanti e la polizia continuano. 
KIZILTEPE: La polizia ha attaccato la tenda allestita per lo sciopero della fame all’interno del parco Mehmet Sincar nelle prime ore della mattinata. La folla è stata attaccata con bombe di gas lacrimogeno e la tenda è stata perquisita. 
MERSİN:I negozi sono chiusi in tutti i distretti densamente popolati da kurdi nella provincia meridionale di Mersin; anche gli studenti hanno boicottato le scuole in sostegno alla “resistenza di massa”. Nel pomeriggio sono attesi cortei in molti quartieri. I manifestanti deporranno una corona di fronte all’edificio dell’AKP.
CUKUROVA: Anche la popolazione kurda della regione di Cukurova sta sostenendo la “resistenza di massa” con conferenze stampa, cortei e presidi. Manifestazioni di massa sono attese nel pomeriggio ad Adana, Ceyhan, Dörtyol, Tarsus ed İskenderun. 
ANF NEWS AGENCY

Berivan e Battal

"Nascere kurda è stato un peso enorme sulle mie spalle e su quelle della mia famiglia”, inizia Berivan, ventinove anni, mentre sediamo per la nostra intervista all’interno di un caldo cafè a 50 metri da St Martin in the Fields, all’angolo di Trafalgar Square a Londra, dove un gruppo di kurdi sta effettuando uno sciopero della fame di tre giorni in solidarietà con la storica azione di massa che sta avvenendo in Turchia.

Lo sciopero della fame in Turchia sta entrando nel quarantacinquesimo giorno mentre Berivan ha appena terminato il suo primo giorno e sembra già aver freddo ed essere affaticata, ma assolutamente determinata.

Suo fratello Battal sta terminando il decimo giorno dello sciopero della fame di massa a tempo indeterminato in una cella del carcere di Izmir, in parte la ragione per cui Berivan ha aderito alla protesta in solidarietà di Londra.

"I problemi sono cominciati nel momento in cui sono nata”, continua Berivan, afferrando la sua bottiglia di plastica di acqua zuccherata.

Mi sento improvvisamente in colpa per averla condotta in un cafè per l’intervista ma almeno c’è un momentaneo tepore, a differenza dell’esterno, dove i pungenti venti del nord sferzano i freddi scalini di calcestruzzo della chiesa. 

"Il mio nome è Berivan ma a scuola e in presenza degli ufficiali dello stato turco ho dovuto far finta di chiamarmi Ufuk”.
“Sono in sciopero della fame a causa delle innumerevoli ingiustizie e discriminazioni che i Kurdi affrontano in ogni singolo ambito di vita in Turchia. Quando ho lasciato la scuola sono andata all’università, ma come può una persona concentrarsi quando il suo popolo subisce ingiustizie così grandi, è impossibile!” 

"Mio fratello Battal frequentava l’università a Smirne e durante le campagne di disobbedienza civile, appena prima delle elezioni in Turchia del 2011, voleva chiedere al rappresentante locale del BDP se fosse stato possibile allestire una ‘Tenda per la Democrazia’ in solidarietà all’interno della sua università”

"La polizia aveva intercettato il telefono e stava ascoltando la conversazione. Quella sera hanno fatto irruzione in casa sua e l’hanno arrestato ed accusato di essere un membro di un’organizzazione ‘terroristica’. Gli hanno detto che erano in possesso di prove riguardanti il fatto che stava organizzando l’invio di tende a Qandil per i guerriglieri del PKK!”.

“Riesci ad immaginarlo? Adesso è in carcere a causa di quella chiamata in cui voleva chiedere al BDP di allestire una tenda all’interno della sua università!”.

"Queste sono le persone comuni che riempiono le carceri della Turchia a causa dei cosiddetti processi KCK” “Etichettano come ‘terrorista’ chiunque faccia ordinarie attività in favore dei diritti dei kurdi”.

"Ha chiesto di parlare in kurdo durante il suo cosiddetto ‘processo’ e non l’hanno ancora condannato nè processato!”

Quando chiedo a Berivan quali sono le condizioni in carcere di suo fratello minore, comincia per la prima volta durante l’intervista a rigirarsi le dita e la sua bocca trema.

Mi pento immediatamente di averle fatto questa domanda. Dopo qualche istante si riprende e mi guarda negli occhi. 

"Mia madre non lo sa….” Lacrime cominciano ad apparire nei suoi occhi ma si riprende di nuovo e continua.

Il nostro traduttore, anche lui in sciopero della fame, si piega in avanti e spiega velocemente che la madre di Berivan non sa che Battal partecipa allo sciopero della fame; Berivan e la sua famiglia pensano che se lo sapesse, la sua salute potrebbe essere compromessa e probabilmente morirebbe lei stessa.

"Non riceviamo più lettere, le autorità penitenziarie le hanno bloccate”, si ferma di nuovo per riprendersi. 

"Sai, mio fratello adora i film, nelle mie lettere gli scrivevo resoconti dettagliati e recensioni ma adesso…” soffoca. Io soffoco. Il traduttore soffoca. Dopo una lunga pausa, dice: “Adesso sto semplicemente calcolando quante altre lettere posso spedirgli….”.

Più tardi, dopo essersi ripresa, aver di nuovo rigirato le dita ed aver bevuto un sorso di acqua zuccherata, diventa provocatoria!

"Sostengo l’azione di mio fratello e se ce ne fosse bisogno farei lo stesso! Mi darei fuoco domani se ciò cambiasse la situazione del mio popolo!”

Le domando se c’è qualcos’altro che vuole aggiungere, si alza e mi guarda dritto negli occhi! 

"So solo una cosa. Un giorno il mondo dovrà rispondere dei suoi crimini contro i kurdi! Nessuna potenza sulla terra potrà ostacolare il progresso della Marcia kurda per la Libertà. Coloro che lo faranno se ne pentiranno amaramente!”. 

ANF NEWS AGENCY
dal blog http://hevallo.blogspot.com/

sabato 3 novembre 2012

Curdi - ribelli siriani: il nuovo fronte di guerra

La tensione tra ribelli e curdi rimane alta dopo i morti di Aleppo. Dopo decenni di diritti negati i curdi si rendono conto di essere diventati un fattore negli equilibri regionali 

 Roma, 02 novembre 2012 
Potrebbe diventare, o forse è già il nuovo fronte della guerra civile in Siria. Allo scontro tra esercito governativo e ribelli, in prevalenza sunniti, rischia di aggiungersi il faccia a faccia armato tra i ribelli e i curdi, se non addirittura tra curdi e curdi. I morti e feriti di una settimana fa nel quartiere di Ashrafieh ad Aleppo hanno mostrato, forse, solo il primo sanguinoso capitolo del nuovo libro della crisi siriana. E i mezzi d'informazione locali continuano a scriverne. 
La ricostruzione dell'accaduto rimane parziale. I miliziani del battaglione ribelle «Salahedin» (del quale fanno parte anche curdi siriani nemici giurati di Bashar Assad e jihadisti dell'unità al Nusra), approfittando del cessate il fuoco (durato solo poche ore) negoziato dall'inviato dell'Onu Lakhdar Brahimi, avrebbero cercato di prendere il controllo di nuove posizioni in modo da circondare due basi dei servizi di sicurezza. Un'avanzata che però ha infranto un accordo raggiunto con il Partito dell'unione democratica (Pyd, legato al Partito dei lavoratori del Kurdistan, Pkk, che combatte in Turchia) che prevede che l'Esercito libero siriano, la milizia ribelle, rimanga fuori dalle aree curde. 
Le conseguenze sono state pesanti: 30 morti e decine di feriti tra i combattenti dell'una e dell'altra parte, seguiti, ha riferito il quotidiano The Daily Star, da almeno 200 sequestri di persona compiuti dai ribelli a danno di curdi rilasciati solo dopo ore di negoziati molto tesi (un civile curdo sarebbe stato torturato a morte dai suoi carcerieri). Gli scontri di Aleppo, che hanno evidenziato anche la rivalità esistente tra le stesse fazioni curde (dentro e fuori la Siria), difficilmente rimarranno un fatto isolato. Una diffidenza sempre più simile al rancore segna i rapporti tra gran parte dell'Esercito sicialo libero (Esl) e il Pyd. 
Mentre il filo occidentale Consiglio nazionale curdo (Cnc) accusa il Pyd (che rappresenta la maggioranza dei curdi siriani) di essersi alleato con il regime di Bashar Assad. «E' un'accusa falsa», protesta Zuhat Kobani, un portavoce del Pyd: «Il regime per noi è una linea rossa. Nelle carceri siriane c'erano 1,055 detenuti curdi prima dell'inizio della rivolta contro Assad. Noi però vogliamo una rivoluzione pacifica e rifiutiamo combattimenti nei nostri centri abitati». Avvalora la spiegazione di Kobani anche M.I., una esperta della questione curda in Siria che, per ragioni di sicurezza, ha chiesto di rimanere anonima. «I curdi non sono a favore di Assad - afferma - perché sono stati sempre discriminati dal regime. 
Trecentomila erano senza cittadinanza e nelle città curde ci sono state manifestazioni antiregime sin dall'inizio delle proteste». In questi mesi però sono emersi aspetti complessi della rivolta. «I curdi - aggiunge M.I. - non si fidano più dell'opposizione siriana dominata dai Fratelli Musulmani e sponsorizzata dalla Turchia che, è noto, non offre alcuna garanzia i diritti dei curdi». I curdi, conclude l'esperta, «hanno colto l'occasione per realizzare di fatto forme di autonomia e vogliono evitare che ci siano combattimenti e violenze nelle loro aree. Per questa ragione molti abitanti di Aleppo hanno trovano rifugio proprio nei quartieri curdi e nella regione di Hassakeh, dove sono ospitati oltre 200mila sfollati». 
Per il curdo iracheno Abdul-Baqi Yousef, membro del partito Yakiti e del Cnc, invece si tratterebbe di una «cospirazione a danno della rivoluzione». «Consegnando al Pyd il controllo delle aree curde, il regime è riuscito a provocare divisioni e scontri nello schieramento anti-Assad», dice Yousef in riferimento al ritiro dell'esercito regolare da Qamishli, Amouda, Dirbasiyeh, al-Malkia e altre zone della Siria popolate dai curdi. I miliziani dell'Esl vanno meno per il sottile e accusano i dirigenti del Pyd di «essere scagnozzi del regime, armati e pagati per tenere a bada i rivoluzionari». 
Lunedì scorso i ribelli hanno attaccato, sotto il comando di Abu Ibrahim, i villaggi curdi della provincia di Qastal Jendo, a nord di Aleppo, anche allo scopo di aprire una delle vie del traffico di armi - soggetta al controllo dei posti di blocco curdi. Il Pkk, ben armato e che dallo scorso luglio è all'offensiva in Turchia, ha reagito minacciando di «difendere i curdi siriani da qualsiasi minaccia araba». Sullo sfondo si gioca la partita tra il regime siriano e la Turchia, che appoggia apertamente i ribelli anti-regime. 
Nel nord del paese Bashar Assad ha lasciato spazio ai curdi - 40% della popolazione nel nord-est della Siria - per poter concentrare gli sforzi militari su Aleppo e Damasco e per mandare un segnale di avvertimento d Ankara. Dopo decenni di discriminazioni sotto i rispettivi regimi, i curdi si rendono conto di essere diventati un fattore importante negli equilibri strategici regionali, sia che il regime di Assad sopravviva sia che i ribelli arrivino al potere. 
In ogni caso i curdi, in particolare quelli siriani, non accetteranno di rimanere oppressi. 

di Michele Giorgio - NenaNews

Turchia, critiche le condizioni dei detenuti curdi in sciopero della fame

Circa 700 prigionieri politici curdi rifiutano il cibo in decine di carceri sparse per il paese. Per il premier islamista Erdogan è tutto uno «show» .
Roma, 02 novembre 2012
Tra una decina di giorni potrebbero cominciare a morire i 683 detenuti politici curdi che da 52 giorni attuano lo sciopero della fame in 66 carceri sparse per la Turchia. A lanciare l'allarme è la principale associazione medica turca ma per il premier islamista Tayyip Erdogan «è tutto uno show». «Dopo 40 giorni (di sciopero della fame) cominciano ad emergere nell'organismo i primi gravi danni, dopo 60 si può arrivare alla morte», ha avvertito il dottor Ozdemir Aktan, capo dell'Associazione medica turca che rappresenta l'80% della categoria. 
Per Erdogan invece le condizioni dei detenuti curdi sono buone, soltanto uno di essi sarebbe in uno stato critico e verrebbe monitorato costantemente dai medici. «In realtà non è in corso alcuno sciopero della fame, i prigionieri sono manipolati dai "mercanti della morte"», sostiene il premier turco. Diversa sembra essere la posizione del presidente turco Abdallah Gul che in un'intervista al quotidiano Milliyet ha detto che la questione curda e lo sciopero della fame richiedono attenzione. 
 I prigionieri in sciopero della fame - molti dei quali appartengono al partito politico legale a maggioranza kurda, il BDP (sindaci, amministratori locali etc), accusati di avere legami con il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (Pkk, illegale e considerato "terrorista" da Ankara) - chiedono il miglioramento delle condizioni di vita in carcere, in particolare per il loro leader Abdallah Ocalan, in prigione su di un'isola a sud di Istanbul. La protesta segue l'intensificarsi, dallo scorso luglio, dei combattimenti tra i guerriglieri del Pkk e l'esercito turco nel sud-est del paese. In Turchia nel 2000, durante uno sciopero della fame proclamato dai prigionieri politici di sinistra contro la pratica dell'isolamento, morirono 122 detenuti, 30 dei quali uccisi dalle guardie carcerarie durante una sommossa.

fonte : Nena News

mercoledì 31 ottobre 2012

Firma la petizione a sostegno degli scioperanti della fame curdi

PETITION, —Oltre 700 prigionieri politici curdi sono attualmente in sciopero della fame in Turchia,con alcuni di loro che hanno rifiutato il cibo per 49 giorni.La situazione sta raggiungendo il punto di crisi,e adesso nel mondo la gente sta incominciando a mostrare il proprio sostegno per gli scioperanti e le loro richieste.
Una petizione e' stata avviata da un gruppo di studiosi di scienze sociali su  Change.org che richiama ad un maggiore sostegno per gli scioperanti della fame.La petizione  puo' essere
Si prega di firmare con il vostro nome e dimostrare il vostro supporto! È possibile visualizzare un elenco dei primi firmatari di seguito.

Sintesi stampa:

Un gruppo internazionale di studiosi di scienze sociali con interessi di ricerca sulla questione kurda ha lanciato una una campagna richiamando il governo turco a rispondere alle richieste
dei prigionieri politici curdi la cui protesta dello sciopero della fame e' entrata in una fase cruciale.
Oltre 700 detenuti curdi sono al 49° giorno dello sciopero della fame al 30 Ottobre 2012,per il diritto alla difesa nella loro madrelingua e la fine dell'isolamento di Abdullah Ocalan,illeader incarcerato del PKK.Esperti medici confermano che il 40°giorno rappresenta la soglia dove iniziano le disfunzioni fisiche e mentali,e così come i casi di morte cominciano a verificarsi.
I firmatari dichiarano il pieno appoggio alle richieste dei detenuti politici,che loro credono,essere tra i diritti umani fondamentali.La petizione sottolinea che l'opinione della comunita' internazionale
sulla Turchia  sarà fortemente modellata dal modo in cui vengono gestiti gli scioperi della fame presenti e ricorda agli interessati,inclusi il Presidente,Il Primo Ministro ed il Ministro della Giustizia,
che saranno personalmente responsabili se questa protesta dovesse terminare con una tragedia umana.
Ricordando il prezzo devastante delle operazioni contro le prigioni del 2000, i firmatari avvisano il governo turco che ogni tentativo di intervento forzato, potrebbe causare un danno irreparabile
e distruggere il terreno democratico già debole per una soluzione pacifica della questione curda.
La petizione ha ricevuto grande interesse e sostegno dai circoli accademici nel mondo,raggiungendo oltre mille firmatari nel solo primo giorno.Alcuni studiosi di scienze sociali di importanza internazionale ha inviato messaggi di sostegno alla campagna.
Il professore Michael Taussig della Columbia University,un'autorita' internazionale in antropologia,ha firmato la petizine con il seguente commento:"'Per lo Stato turco: si prega di partecipare immediatamente al benessere di questi prigionieri coraggiosi".La preminente teorica femminista Professoressa Judith Butler dell'Univerista della California a Berkeley, ha scritto:"Il governo turco deve avviare un dialogo serio con questi prigionieri, che ora rischiano la vita per esporre l'ingiustizia in cui vivono".
E Noam Chomsky ha dichiarato: "l'umanità esige che il motivo giusto e disperato di questi prigionieri per il dialogo debba essere risolto in modo rapido e appropriato, senza indugio."

martedì 30 ottobre 2012

Torture e abusi nelle carceri iraniane

21 Ottobre 2012
L’attenzione è rivolta ancora una volta verso le carceri iraniane dove le violazioni dei diritti umani e le condanne a morte hanno registrato recentemente un notevole aumento e ogni giorno che passa, sempre più prigionieri kurdi sono vittime di torture, maltrattamenti e punizioni. Hadi Emini, prigioniero kurdo liberato recentemente, ha raccontato ad ANF la sua esperienza e la situazione nelle prigioni iraniane.
Hadi Emini fu arrestato nella città iraniana di Mahabad come risultato di un complotto avvenuto nel 2007. Ha scontato la sua pena in cinque diverse carceri nelle quali è stato sottoposto a torture, sia durante gli interrogatori che durante l’arresto, come gli altri prigionieri. Emini ha invitato l’opinione pubblica internazionale a denunciare la situazione esistente nelle carceri iraniane dove, dice, le torture sistematiche hanno finora ucciso diversi detenuti mentre le vite di molti altri restano a rischio.
Cominciamo dalla sua esperienza. Come è stato arrestato e cosa le è successo durante la reclusione?
Sono stato arrestato come risultato di un complotto messo in atto da quello che poi ho scoperto essere un agente dei servizi segreti. Come tutti gli altri prigionieri, sono stato interrogato dopo il mio arresto. La prima fase dell’interrogatorio mira a costringere il detenuto a confessare e a fornire informazioni attraverso torture psicologiche e fisiche. A tal fine vengono utilizzati i metodi più disparati, inclusi gli stupri per colpire la dignità della persona. Lo stato iraniano ritiene la tortura lecita contro chiunque faccia opposizione.
Come si svolgono i processi?
I tribunali sono solo una formalità, nei processi vengono utilizzate dichiarazioni e informazioni ottenute attraverso la tortura nelle carceri. I servizi segreti notificano ai tribunali le condanne decise e i tribunali si limitano a tradurre tali decisioni in forma ufficiale. Né gli imputati né gli avvocati possono esercitare il proprio diritto alla difesa perché i giudici iraniani sono eletti dagli agenti dei servizi segreti responsabili degli interrogatori. Quando ho provato a sollevare un’ obiezione contro alcune accuse mosse durante il processo, il giudice ha insultato gli agenti accusandoli di non avermi torturato abbastanza. Tutti i giudici erano in precedenza soldati o agenti dei servizi segreti per una motivazione puramente ideologica. In custodia venivo minacciato di essere trasformato in un tossicodipendente attraverso la somministrazione forzata di sostanze stupefacenti, gli agenti mi dicevano che potevo essere rilasciato, condannato al carcere o a morte a loro piacimento.
Può raccontarci quali sono le torture a cui viene sottoposto un prigioniero?
Le torture iniziano sin dal primo ingresso in carcere, i prigionieri vengono spogliati e picchiati sin dal primo momento, prima ancora di entrare in cella. Chi viene torturato in custodia cautelare non viene risparmiato in carcere. D’altra parte le prigioni sono sovraffollate, i detenuti dormono in seicento in reparti costruiti per ospitarne duecento. I prigionieri non possono intrattenere alcuna relazione umana e vengono interrogati non appena sorpresi a parlare di problematiche attuali. La distribuzione di droghe è consentita nelle prigioni e i detenuti vengono messi in guardia dal non interferire con tale pratica. Guantanamo ha una reputazione, ma ogni carcere in Iran è una Guantanamano.
Queste pratiche costituiscono una prassi comune a tutte le prigioni iraniane o ci sono delle prigioni pilota in cui vengono attuate?
Queste pratiche sono maggiormente attuate nelle prigioni del Kurdistan, dove ogni giorno dozzine di persone muoiono a casa della droga portata dalle guardie carcerarie e distribuita ai prigionieri attraverso una rete di agenti. Comunque metodi speciali sono utilizzati nel carcere di Mahabad, dove il governo iraniano segue una politica specifica dovuta al fatto che tale prigione fu protagonista di una rivolta in passato. Le droghe, sebbene siano ufficialmente “bandite” in Iran, hanno un ruolo molto significativo nella politica dello stato e diversi chili di sostanze stupefacenti vengono fatte entrare dai servizi segreti ogni giorno. Dei 200 prigionieri della prigione di Mahabad 150 sono diventati tossicodipendenti, mentre gli ufficiali esercitano una pressione continua sui nuovi detenuti, specialmente sui più giovani, per rendere anche essi dipendenti dalle droghe. L’obiettivo è quello di distruggere i prigionieri politici nelle carceri iraniane. Una delle malattie più diffuse nelle prigioni è l’AIDS, sempre utilizzato come minaccia.
Per quanti anni e in quali prigioni ha scontato la sua pena?
Ho scontato cinque anni in cinque prigioni diverse, due mesi nella prigione di Urmiye, sei mesi a Serdest, un anno a Mahabad, due anni nella prigione Evin di Teheran e sedici mesi in una prigione nella città di Kerez. Anche quest’ultima è particolare poiché la pratica della tortura è comune e c’è una rigida sorveglianza. I prigionieri sono mandati in questa prigione in cui le guardie carcerarie sono addestrate da agenti speciali dei servizi segreti. Ci sono gruppi differenti di prigionieri le cui discussioni e dibattiti spesso si concludono con la morte o l’infortunio. Il governo non interferisce in tali conflitti anzi li promuove. Solo nella prigione Evin di Teheran recentemente ci sono stati dei cambiamenti formali dovuti alla momentanea attenzione dell’opinione pubblica internazionale.
Un altro importante problema nelle carceri di Mahabad, Evin e in altre prigioni, è che i detenuti che cadono vittime di malattia a causa delle condizioni in cui vivono o per altre circostanze sono lasciati al loro destino. Siamo testimoni della morte di molti prigionieri dovuta alla mancanza di cure mediche. Non c’è un’autorità competente a cui appellarsi. Quando un detenuto si ammala e si rivolge alla corte questa si rifiuta di accogliere le sue richieste affermando che non è suo dovere provvedere all’assistenza medica. La malattia di un prigioniero nel carcere di Evin si aggrava di giorno in giorno, finchè prima perde la vista e poi muore per non essere stato curato. Questo è il modo in cui vogliono far morire tutti i prigionieri politici.
Questa politica non mira soltanto a costringere i prigionieri ad arrendersi ma anche ad annientarli, infatti, molti prigionieri vengono mutilati sotto tortura, contagiati dall’AIDS o resi tossicodipendenti in modo che non possano mai più opporre resistenza allo stato. Anche le donne delle famiglie dei prigionieri vengono torturate e minacciate di essere stuprate davanti agli occhi dei loro familiari. I prigionieri politici sono costretti a denunciare le organizzazioni di cui fanno parte di fronte alle telecamere.
Le guardie carcerarie quando non sono soddisfatte dell’interrogatorio o quando considerano semplicemente il detenuto in maniera negativa, lo portano fuori dalla prigione, lo interrogano e torturano per poi infliggergli un ulteriore condanna e mandarlo nuovamente in carcere. Per esempio, il prigioniero Munsur Rapur fu condannato a cinque anni di reclusione in prigione dopo essere già stato processato. Nonostante alcuni ambienti della società siano ancora uno strumento della politica del governo a causa di diverse problematiche, la lotta per la libertà nelle prigioni iraniane si basa sulla resistenza della prigione di Amed (la prigione di Diyarbakir negli anni 80 fu teatro di una forte resistenza) contro la quale la politica delle carceri del sistema iraniano fallisce.
Molti compagni hanno resistito contro il sistema delle prigioni iraniane nonostante tutte le torture a cui sono stati sottoposti prima di essere condannati a morte. Şehit Soran, Ferzad Kemanger, Elî Heyderiyan, Şirin Elemhuli, Ferhat Wekili e molti altri sono tra quelli che non si sono arresi e per questo sono stati uccisi.
I prigionieri possono ricevere visite dei propri familiari e avvocati?
La legge iraniana consente ai familiari dei prigionieri di far loro visita una volta alla settimana o ogni due settimane, ma solitamente tali visite non avvengono perché i familiari vengono sottoposti a torture e a pratiche umilianti, come l’essere completamente spogliati e perquisiti in maniera disonorevole prima che venga loro concesso di attraversare un tunnel sotterraneo lungo 700 metri e incontrare i loro figli. Le conversazioni tra i detenuti e le loro famiglie avvengono attraverso un telefono dietro a un vetro che li separa e durano solo pochi minuti.
Le guardie carcerarie non risparmiano nessun tipo di umiliazione ai familiari dei detenuti che considerano “colpevoli” come i detenuti stessi. Inoltre le conversazioni tra i prigionieri e i loro familiari sono controllate con attenzione per impedire alle famiglie di informare i prigionieri su eventuali sviluppi della situazione al di fuori del carcere. Le lettere indirizzate ai prigionieri vengono consegnate solo dopo una pesante censura
Gli avvocati non hanno alcun ruolo nello stato iraniano, dove tutto è sotto il controllo dei servizi segreti. Ci sono validi avvocati che si occupano della difesa dei diritti umani ma non ci sono istituzioni o meccanismi che permettano loro di lavorare seriamente o di far ascoltare le proprie difese.
I prigionieri politici vengono minacciati costantemente di essere lasciati nelle mani dei gruppi di prigionieri appartenenti alla mafia, mentre in alcune prigioni vengono destinati a bracci speciali disegnati per distruggere i detenuti e che quindi non soddisfano nessun bisogno umano. Ai prigionieri politici, rinchiusi in celle strettissime assimilabili a delle scatole nere, vengono concesse solo due ore d’aria. Dozzine di persone hanno perso la vita per questa ragione in tempi recenti, come Hüseyni Dövmeci, Muhsin Ratpur e Mehdi Zali, che furono torturati e morirono per mancanza di cure.
D’altra parte, la strada che dalla prigione conduce al tribunale è essa stessa una tortura, i detenuti sono sottoposti a pratiche umilianti e a continue pressioni psicologiche.
Vuole aggiungere qualcosa a proposito di quanto lei e molti altri prigionieri avete subito nelle carceri iraniane?
Sulla base di quanto io e molti altri abbiamo subito posso affermare che c’è una grave violazione dei diritti umani nelle prigioni iraniane, il che ci pone in una situazione di allarme rosso. Tuttavia i prigionieri politici continuano a resistere. Nonostante i numerosi scioperi della fame messi in atto per protestare contro queste pratiche, la pressione a cui sono sottoposti diventa sempre più violenta e ne causa la morte perché le istituzioni internazionali non esercitano una pressione adeguata sul governo iraniano affinchè cessi tali abusi. Devo inoltre sottolineare che attualmente molti prigionieri politici sono a rischio di morte per l’assenza di cure.
Da qui, mi rivolgo alle istituzioni internazionali affinché ispezionino le carceri per porre fine alle esecuzioni ed ai trattamenti inumani e affinché la voce dei detenuti possa essere ascoltata.
ANF NEWS AGENCY

domenica 28 ottobre 2012

Il bus “Libertà per Öcalan” in arrivo in Italia

L’Iniziativa Internazionale “Libertà per Öcalan” ha organizzato un bus che sta compiendo un tour in molti paesi d´Europa: partito l'8 Settembre dalla città tedesca di Mannheim, al termine dell'annuale Festival Internazionale della Cultura Kurda, ha toccato Strasburgo, Svezia, Danimarca, Germania, Olanda, Belgio, di nuovo la Germania, Austria e Svizzera. 
Il bus sarà in Italia il 29 e 30 Ottobre a Roma e ad Alessandria il 31 Ottobre, poi ripartirà per la Francia e concluderà il suo lungo viaggio in Germania, raggiungendo la tappa finale di Düsseldorf il 24 Novembre. L´obiettivo principale di questa campagna che include anche una raccolta di firme è denunciare l'isolamento cui è sottoposto Abdullah Öcalan e evidenziare il suo ruolo chiave nella soluzione della questione kurda. 
Gli organizzatori dell'iniziativa intendono inoltre criticare l'approccio delle organizzazioni internazionali e dei governi riguardo la questione kurda e hanno esortato il Consiglio d´Europa, il Comitato per la Prevenzione della Tortura e l´Unione Europea a sostenere le attività a favore della libertà di Öcalan. 
Con preghiera di massima diffusione, l´Ufficio di Informazione del Kurdistan in Italia e la Comunità kurda in Italia invitano i rappresentanti istituzionali, i media e tutte le persone che vogliano portare la loro solidarietà e il loro sostegno a visitare il bus ed aderire alla manifestazione 
-a Roma, lunedì 29 e martedì 30 Ottobre a Piazza della Repubblica dalle ore 10.00 alle ore 17.00 
-ad Alessandria, mercoledì 31 Ottobre a Piazza Marconi dalle ore 16.00

Intervista a un prigioniero in sciopero della fame

23 Ottobre 2012
Pubblichiamo un'intervista con un detenuto chiamato Önder, in sciopero della fame da 42 giorni. L'intervista è stata condotta da un gruppo di prigionieri e poi inviata a DIHA (Dicle News Agency).
*Puoi dirci di più su te? Quando e perchè sei stato incarcerato e cosa diresti riguardo il motivo della tua partecipazione a quest’azione?
-Sono nato nel distretto di Başkale a Van, nel 1981. Sono stato arrestato nel febbraio 2010 e messo in prigione ad Amed in seguito ad un'operazione politica contro i kurdi a causa della mia partecipazione ad un movimento giovanile prima del mio arresto. L'approccio politico che ha causato il mio arresto è continuato durante il processo. Mi è stato negato il diritto di auto-difesa in lingua madre durante il processo, conclusosi con la mia condanna a 24 anni di carcere. Oggi il problema kurdo ha raggiunto l'apice e decine di persone stanno morendo ogni giorno. Questa situazione ha raggiunto un punto di non ritorno. Credo che tutti dovrebbero fare qualcosa per raggiungere una soluzione, quindi anch’io voglio fare qualcosa. So già che far sentire la mia voce in carcere mi costerà la vita, ma vedo anche che è diventata una tortura guardare i nostri compagni morire ogni giorno, come il mio compagno di banco del liceo e la mia coinquilina dell'università. Per questo motivo ho deciso di aderire allo sciopero della fame fino a quando le nostre due richieste non saranno accettate.
*Ti sei unito allo sciopero della fame il 12 Settembre. Hai già dichiarato lo scopo della vostra azione, ma potresti ancora una volta evidenziare il vostro obiettivo e le vostre richieste?
-Abbiamo iniziato questo sciopero della fame per la libertà del leader kurdo Abdullah Öcalan e per la lingua madre dei kurdi. Si tratta di due aspetti importanti per il popolo kurdo. Chiunque voglia affrontare la questione kurda oggi, tra cui anche lo Stato turco e il governo, deve riconoscere il Sig. Öcalan come interlocutore. Questa è allo stesso tempo la ragione per cui è stato detenuto ad İmralı per quattordici anni e in isolamento negli ultimi quattordici mesi. In considerazione di ciò che abbiamo vissuto e testimoniato in questo periodo, risulta evidente che la soluzione del problema kurdo, il termine degli scontri e l’instaurazione della pace possano essere riassunti nella richiesta di libertà di Öcalan. La sua libertà oppure l'isolamento sono quindi direttamente collegati con la soluzione o con lo stallo del problema kurdo. La nostra seconda richiesta riguarda la questione del diritto alla lingua madre, ancora vietato ai kurdi, che sono stati privati di un diritto umano fondamentale. Non possiamo accettare di essere sottoposti ad ogni tipo di abusi a causa della nostra richiesta di difenderci nella nostra lingua madre presso i tribunali.
*Cosa pensi si proponga di raggiungere il governo dell’AKP con l’isolamento del leader del PKK (Partito dei Lavoratori del Kurdistan) Abdullah Öcalan?
- Come è noto, lo Stato turco e il governo avevano condotto trattative con il signor Öcalan prima del periodo di isolamento degli ultimi quattordici mesi. Durante questi colloqui, il signor Öcalan ha presentato un contributo necessario per la questione kurda e la soluzione del problema del PKK, insieme ad altri auspicabili sviluppi come ad esempio un gruppo di pace da Kandil. Tuttavia, in quel periodo è apparso evidente che il governo AKP non aveva né una soluzione né un progetto o un’ intenzione per la soluzione del problema kurdo. L'isolamento di Öcalan è iniziato durante un processo e una situazione in cui il governo dell’AKP si è avventurato oltre il suo potere in Medio Oriente e ha respinto la maggior parte dei progetti presentati dal signor Öcalan riguardo i popoli che vi abitano. Nel fare questo, la Turchia è stata sostenuta da potenze occidentali nella sua intenzione di isolare il signor Öcalan dagli sviluppi regionali. Nella situazione attuale, le teorie e i piani del governo AKP sembrano essere andati storti, dal momento che si è ricominciato a parlare di negoziati ora.
*La lingua Kurda è proibita in tutta la regione. Cosa dovrebbero fare i Kurdi riguardo a ciò?
-Considerando ciò che lo Stato turco e il governo hanno fatto per la lingua kurda fino ad ora, è chiaro che cosa dovremmo aspettarci da parte di questi ultimi. Da parte nostra, dobbiamo garantire il miglioramento e l'istituzionalizzazione della nostra lingua, rifiutando di ricevere l'istruzione nella lingua di uno Stato che non fornisce l'istruzione in lingua madre. In questo modo il governo dovrà riconoscere i Kurdi e il Kurdistan o affrontare il fatto di essere uno stato basato sullo sfruttamento.
*Hai affermato che la vostra azione continuerà finchè non sarà raggiunto un risultato. Cosa chiederesti di fare ai kurdi e all’opinione pubblica democratica?
- Dal momento che il popolo kurdo ha sperimentato ogni tipo di dolore, quale l’essere soggetto alla morte, oltre ad abusi e trattamenti illeciti, oggi siamo arrivati al punto che condurrà alla libertà o alla morte. In qualità di attivista, io continuerò il mio sciopero della fame fino alla fine. Credo che il nostro popolo e l'opinione pubblica democratica mostrerà l'atteggiamento giusto".

ANF NEWS AGENCY

Centinaia di prigionieri sono in sciopero della fame, alcuni sin dal 12 settembre, in decine di carceri della Turchia. I detenuti protestano contro il rifiuto delle autorità di Ankara di autorizzare colloqui tra Abdullah Ocalan, leader del Partito dei lavoratori del Kurdistan, e il suo avvocato. Chiedono inoltre di poter usare la loro madrelingua curda nella sfera pubblica e nel campo dell'istruzione.
Lo sciopero della fame è una protesta pacifica e le autorità della Turchia hanno il dovere di rispettare il diritto alla libertà d'espressione dei prigionieri, compreso il diritto a protestare in tale forma.
Amnesty International si è detta preoccupata per le notizie secondo le quali prigionieri in sciopero della fame nelle carceri di Silivri e Sakran sono stati posti in isolamento e che in quella di Tekirdag le guardie carcerarie hanno sottoposto a maltrattamenti chi sta prendendo parte alla protesta. Le autorità penitenziarie avrebbero inoltre, in alcuni casi, limitato l'accesso ad acqua, zucchero, sale, vitamine e altre sostanze che vengono aggiunte all'acqua assunta dai prigionieri in sciopero della fame.
Amnesty International ha sollecitato le autorità turche a garantire che non saranno prese misure punitive nei confronti dei prigionieri in sciopero della fame e che sia rispettato il divieto assoluto di tortura e di altri maltrattamenti. Ha inoltre chiesto che i prigionieri in sciopero della fame abbiano adeguato accesso a personale medico qualificato e a ogni trattamento di cui abbiano bisogno. Infine, ha preteso l'avvio di indagini immediate, approfondite, imparziali ed efficaci su tutte le denunce di punizioni e maltrattamenti inflitti a detenuti in sciopero della fame.(Amnesty International)


Silenzio su centinaia di prigionieri curdi in sciopero della fame

Centinaia di prigionieri politici curdi hanno intrapreso uno sciopero della fame a tempo indefinito per protestare contro il trattamento delle autorità turche nei loro confronti. Attraverso quest'azione di protesta, alcuni pretendono nuovi processi ed esigono diritti linguistici, altri intendono attirare l'attenzione internazionale nei confronti del maltrattamento a cui vengono sottoposti i prigionieri politici curdi. 
Nonostante questo sciopero della fame - che sta giungendo alla sua sesta settimana - gli organi di stampa internazionali hanno mantenuto il silenzio. Ciò non sorprende particolarmente, se si pensa che gli stessi organi di stampa turchi hanno deliberatamente ignorato l'intera situazione.
Un blogger curdo spiega come ha avuto inizio la protesta. Memed Boran, al momento residente a Londra, racconta: 
«Il 12 settembre 2012, nove donne prigioniere al carcere di tipo E di Diyarbakir hanno intrapreso uno sciopero della fame a tempo indefinito. Nella dichiarazione che hanno rilasciato tramite gli avvocati hanno evidenziato due richieste: il diritto di utilizzare la madrelingua curda nella sfera pubblica, compreso in aula, e la rimozione degli ostacoli che impediscono al leader curdo imprigionato Abdullah Ocalan di negoziare in discorsi di pace con le autorità turche. Poco dopo, molti altri detenuti di prigioni di ogni angolo della Turchia, uomini e donne, si sono uniti allo sciopero della fame, alcune volte in gruppi e in certe prigioni individualmente. Ora ci sono 380 prigionieri in 39 prigioni che sono andati ben oltre lo sciopero della fame e arriveranno presto alla ‘morte rapida.’»
Il numero di prigionieri politici curdi è sconosciuto, ma secondo le organizzazioni di diritti umani sono centinaia, e ciò ha portato gli attivisti a credere che tutti costoro, o comunque un numero significativo, siano in sciopero della fame. Elif da Istanbul, afferma su Twitter che i media hanno scelto di ignorare i curdi in sciopero della fame e che molti di loro presto moriranno. 
Un attivista a favore dei curdi ( @Hevallo su Twitter), sta disperatamente tentando di convincere le persone su Twitter a mandare pastiglie di vitamina B1 ai prigionieri in sciopero della fame, in un tentativo di minimizzare i danni sui loro corpi nonché la potenziale conseguenza inevitabile, la morte. 
Su Facebook,  Sedat Yezdan rivela: 
«Negli ultimi 3 anni lo stato turco ha arrestato più di 10.000 curdi: studenti, bambini, madri, attivisti, giornalisti, avvocati, dottori, sindaci, deputati e molti membri del Partito della pace e democrazia (BDP).»
Gli scioperi della fame sono una forma di protesta non violenta, e, malgrado il numero in continua crescita, i media turchi hanno deliberatamente ignorato la loro situazione, sperando forse che, con il loro silenzio, le organizzazioni per i diritti umani seguissero un percorso simile. La mancanza di interviste con questi detenuti porta a giusitificare il silenzio stampa, in particolare per quei giornalisti che lamentano la mancanza di risorse.

fonte : La Stampa  25/10/2012

giovedì 27 settembre 2012

Esplosione a Dersim

25 Settembre 2012
Sei poliziotti e un civile sono stati uccisi oggi da un’esplosione, avvenuta intorno alle 18 durante il transito di un convoglio militare nel quartiere centrale Atatürk nella città di Dersim. Secondo quanto riportato, il civile rimasto ucciso era una passante, sulla scena in compagnia del marito, ferito nell’incidente.  
I testimoni confermano che l’esplosione è stata molto forte ed è stata udita in tutta la città.
Ambulanze sono state inviate sul posto per poi condurre d’urgenza numerose persone all’ospedale statale di Dersim, mentre i pompieri cercavano di spegnere le fiamme. La zona è stata raggiunta da un considerevole numero di soldati e di squadre per le operazioni speciali; l’esercito in seguito ha lanciato un’operazione col supporto di elicotteri Cobra.   
Il Governatore di Dersim ha confermato il numero dei morti e dei feriti ma non ha rivelato dettagli sull’identità delle vittime.

ANF NEWS AGENCY

domenica 23 settembre 2012

Il principale processo KCK riprende a Diyarbakır

21 Settembre 2012
Oggi la cinquantacinquesima udienza del processo KCK: i detenuti in sciopero della fame a tempo indeterminato 
La cinquantacinquesima udienza del cosiddetto processo KCK (Unione delle Comunità Kurde), che vede sul banco degli imputati 152 rappresentanti politici kurdi, riprende alla Sesta Alta Corte Penale di Diyarbakır. 95 dei 152 rappresentanti sotto processo sono attualmente in carcere, tra cui l´ex deputato del DEP Hatip Dicle e la deputata del Blocco Lavoro, Democrazia e Libertà Selma Irmak. 
Pesanti misure di sicurezza sono state adottate all´esterno del tribunale prima dell´udienza, seguita da numerose persone tra cui la prof.ssa Büşra Ersanlı, rilasciata solo di recente e ancora imputata in un altro processo KCK. 
 L´imputata Sara Aktaş, portavoce di tutte le altre persone sotto processo, ha dichiarato che sette detenuti nell´ambito dell´operazione KCK sono in sciopero della fame a tempo indeterminato per protestare contro l´isolamento di Öcalan e per il diritto alla lingua madre.
La Aktaş ha avvertito che lo sciopero della fame dei prigionieri politici non terminerà finchè al leader del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) non verranno fornite le condizioni necessarie per i negoziati e finchè non verrà riconsciuto il diritto alla lingua madre per la popolazione kurda. “Non rinunceremo alle nostre richieste“, ha sottolineato la Aktaş. 
ANF NEWS AGENCY

venerdì 21 settembre 2012

50 guardie di villaggio depongono le armi a Şırnak

21 Settembre 2012
Ventinove guardie di villaggio nel distretto di Beytüşşebap vicino a Şırnak hanno consegnato lettere di dimissioni che esprimono il rifiuto di prendere parte alle operazioni in corso, in cui gli scontri tra l´esercito turco e i guerriglieri delle Forze di Difesa del Popolo (HPG) continuano dal 2 Settembre.    
Venti altre guardie di villaggio temporanee, tra cui anche alcuni capi, hanno dato le dimissioni nei villaggi di Andaç (Elemun) ed Aroş nel distretto di Uludere a Şırnak, seguite da ulteriori tre. Le dimissioni sono state comunque respinte dal Comando di Brigata del villaggio di Gülyazı (Becüh).
Quattro guardie di villaggio temporanee hanno anche deposto le armi nel villaggio di Belenoluk (Heşet) nel distretto di Pervari, a Siirt.  
ANF NEWS AGENCY

giovedì 20 settembre 2012

Il Ministro dell´Interno: non esiste una questione kurda nel nostro paese

19 Settembre 2012
Il Ministro İdris Naim Şahin archivia la “questione kurda“ come “problema di terrorismo“

Durante un discorso tenuto mercoledì in una cerimonia all´Accademia di Polizia nel distretto di Gölbaşı ad Ankara, il Ministro dell´Interno İdris Naim Şahin ha dichiarato: “Non esiste una questione kurda nel nostro paese oggi. Esiste invece un problema di terrorismo, contro cui continueremo a lottare finchè non ci sarà più un solo terrorista”.  

Le dichiarazioni del Ministro sembrano ammettere il fatto che il governo AKP non sia d´accordo sulla presenza di una questione kurda in Turchia. Şahin ha affermato di fare il possibile per risolvere e gestire “il problema di terrorismo”, prendendo in considerazione tutti i suoi aspetti economici, sociali, politici, culturali ed internazionali. Ha proseguito sottolineando che le operazioni militari in corso continueranno finchè tutti i “terroristi” armati non saranno uccisi.  

ANF NEWS AGENCY

domenica 16 settembre 2012

Keskin e Peache in conferenza stampa di fronte al tribunale

10 Settembre 2012

Durante una conferenza stampa di fronte al tribunale di Çağlayan ad Istanbul, il caporedattore del giornale Özgür Gündem Eren Keskin ha dichiarato che la repressione contro la stampa kurda è il simbolo della repressione contro la libertà di pensiero in Turchia. Riferendosi agli attentati e alle uccisioni a cui hanno dovuto far fronte i giornalisti kurdi finora, Keskin ha sottolineato: “Anche oggi, ci obbligano a scegliere tra la morte e il carcere”.

Alla dichiarazione di Keskin ha fatto seguito quella del giurista delle Nazioni Unite, ex Parlamentare e giornalista Norman Peache che, a nome della delegazione tedesca giunta ad Istanbul per seguire il processo, ha espresso profonda preoccupazione riguardo ai recenti sviluppi della situazione in Turchia, sottolineando la questione della soppressione del principio di separazione dei poteri nel paese. Peache ha valutato l´arresto di circa 100 giornalisti un “oltraggio”, rimarcando che la repressione verso di loro minaccia tutti coloro che si occupano di giornalismo in Turchia.  “Siamo presenti qui anche per protestare contro la perdita d´indipendenza della magistratura turca”, ha dichiarato, aggiungendo che la delegazione tedesca seguirà anche altri processi riguardanti l´Unione delle Comunità Kurde (KCK) e non permetterà che il governo turco nasconda la verità.  

Intervenendo dopo Peache, la co-Presidente del Partito della Pace e della Democrazia (BDP) Gültan Kışanak ha invitato tutti i giornalisti ad adottare un atteggiamento comune contro la repressione del Primo Ministro Recep Tayyip Erdoğan verso la categoria, che sta venendo processata a causa delle informazioni che fornisce all´opinione pubblica sugli sviluppi nel paese. “Il Primo Ministro vuole che i giornalisti chiudano gli occhi a partire dal massacro di Roboski avvenuto nel recente passato fino a quello di Afyon, ed anche per altre situazioni simili che accadranno in futuro. Il governo vuole apertamente avere un suo proprio pensiero ed è probabile che faccia ulteriori passi avanti in questo senso se non incontra un´opinione pubblica critica verso le sue pratiche”.

La Kışanak ha richiamato l´attenzione sull´intensa repressione in Turchia, la quale si è tramutata in prigione per sindacalisti, avvocati, giornalisti e numerosi altri gruppi della società.  

Il parlamentare del BDP di Istanbul Sırrı Süreyya Önder ha considerato l´arresto dei giornalisti come un fatto privo di fondamenti legali aggiungendo: “L´esistenza di un problema Turco in questo paese è un dato di fatto perchè qui non si puó andare oltre la Turchità, visto che la questione kurda è sempre stata discussa in assenza dei reali interlocutori e dei rappresentanti politici legati al problema”.

La co-Presidente del Congresso della Società Democratica (DTK) Aysel Tuğluk ha sottolineato che l´arresto dei giornalisti è stato effettuato sotto la copertura del caso KCK, definito da lei stessa “imbarazzante”. “Sono stati arrestati perché non rientrano nella stampa di protocollo del Primo Ministro”, ha aggiunto.  

ANF NEWS AGENCY

Nove membri dell´Eğitim Sen arrestati a Diyarbakır

11 Settembre 2012

Nove membri del sindacato degli insegnanti Eğitim-Sen sono stati arrestati martedì dopo l´attacco da parte della polizia ad un gruppo di sindacalisti in protesta contro la legge sull´educazione nazionale 4+4+4 recentemente approvata.

Parlando prima dell´intervento della polizia contro la marcia di protesta dei sindacalisti, il Presidente della sede di Diyarbakır dell´Eğitim-Sen Kasım Birtek ha dichiarato che le manifestazioni sono proibite in città ed ha chiesto: “C´è una legge speciale per  Diyarbakır e per i kurdi?”. Anche Birtek stesso è stato in seguito arrestato insieme al Segretario della sede Ramazan Kaval.

Successivamente i manifestanti hanno rilasciato un comunicato stampa di fronte alla sede dell´Eğitim Sen. Il membro del Consiglio Generale del KESK Yılmaz Güneş, intervenendo durante la conferenza stampa, ha sottolineato che i sindacati continueranno a manifestare nelle città kurde.

ANF NEWS AGENCY

giovedì 13 settembre 2012

Processi ai giornalisti in Turchia: la Fnsi fa appello all'informazione e al governo italiano

La Federazione Nazionale della Stampa Italiana comunica:
“Il sindacato unitario dei giornalisti italiani, insieme alla Federazione Europea, rilancia l’allarme per la durissima pressione alla quale è sottoposta la libertà d’informazione in Turchia. La Fnsi fa appello alle testate italiane perché incrementino la loro attenzione e facciano sentire forte la voce dell’opinione pubblica internazionale in favore della libera informazione. Al governo del nostro Paese il sindacato chiede una volta di più di sollecitare le istituzioni europee ad una iniziativa unitaria e incisiva.
Gli eventi giudiziari di questi giorni compongono infatti un quadro drammatico. E’ giunto al terzo giorno a Istanbul il processo a carico di 44 giornalisti, in gran parte di origine curda, in carcere da dicembre con l’accusa di terrorismo. Sono per lo più giornalisti di “Ozgur Gundem”, il quotidiano curdo che a marzo si era visto bloccare la pubblicazione per un mese e che negli Anni Novanta era stato costretto a chiudere dopo l’uccisione di molti dei suoi redattori. Gli avvocati dei giornalisti in carcere hanno denunciato in queste ore pesanti limitazioni all’esercizio dei diritti della difesa nel processo.
Intanto a Diyarbakir, la città più importante del Kurdistan turco, si svolgerà domani la nuova udienza del processo contro Bedri Adanir, che aveva lanciato la pubblicazione di un giornale redatto dagli stessi giornalisti in carcere. Bedri Adanir è il collega curdo “adottato” dalla Fnsi, così come altri sindacati europei hanno fatto con altri giornalisti turchi in carcere. All’udienza sarà presente anche Arne Koenig, il Presidente della Efj, la Federazione Europea dei Giornalisti impegnata da mesi in una campagna di solidarietà. “ Il governo turco sappia - ha detto - che seguiamo da vicino questi casi e ne riferiamo alle organizzazioni internazionali. L’importante ruolo turco nella crisi siriana non può mettere in ombra quello che la Turchia sta facendo contro le voci critiche in patria”. E la Federazione Europea sarà anche ad Istanbul venerdì, quando si terrà la nuova udienza del processo a carico dei giornalisti di Oda Tv.
In questo quadro drammatico, l’informazione e le istituzioni italiane hanno da esercitare ruoli differenti ma egualmente importanti. Passa anche dalla difesa dei diritti civili più elementari l’affermazione di una idea diversa dell’Europa: un’Europa che non sia tenuta insieme soltanto dalle regole dell’economia”.

FNSI

mercoledì 12 settembre 2012

A processo per aver scritto notizie

7 Settembre 2012
La prima udienza del processo contro i membri della stampa kurda si terrà presso la Quindicesima Alta Corte Penale di Istanbul il 10 Settembre. Sembra che il processo si diriga verso acque pericolose, poichè i giornalisti saranno giudicati in base alle notizie che hanno scritto o riportato.

44 giornalisti sono stati processati dal Dicembre 2011, nel contesto della cosiddetta operazione KCK (Unione delle comunità Kurde). 36 di loro rimangono in custodia, nonostante la mancanza di qualsiasi prova criminale confermata. Sono accusati di sospetta “leadership ed appartenenza ad un’organizzazione illegale”. Le loro notizie riguardanti l’ambiente, il lavoro, la politica, la condizione femminile, la vita, la cultura, l’arte e gli sviluppi quotidiani sono state considerate come prove nell’accusa formulata dal Pubblico Procuratore Bilal Bayraktar ed accettata dalla Corte di Istanbul l’11 Maggio.  


Nell’accusa costituita da 800 pagine, 32 giornalisti sono accusati di essere a capo di un’organizzazione illegale e 12 altri di appartenenza ad essa. Le accuse sono basate sulle dichiarazioni di 4 testimoni segreti e sei informatori; è notevole il fatto che uno dei primi, “Batuhan Yıldız”, ha fornito la sua testimonianza contro i giornalisti 13 giorni dopo il loro arresto. L’accusa contiene oltre 300 pagine di notizie pubblicate e circa 100 pagine riguardanti “la storia del PKK-KCK e le Attività della Stampa”. La maggior parte degli organi di stampa kurdi, come l’agenzia Fırat News,  l’agenzia Dicle News, il giornale Özgür Gündem, Roj Tv,Nuçe Tv, il giornale Azadiya Welat, sono definiti come “organi di stampa del PKK (Partito dei Lavoratori del Kurdistan)”.


Le interviste dei giornalisti, i rapporti e le conversazioni telefoniche sono state presentate come prove relative a queste accuse. Anche Le notizie pubblicate dall’agenzia Fırat News (ANF) hanno subito la stessa sorte. Si afferma inoltre che anche le trasmissioni di Roj Tv che riportano il numero delle vittime nei conflitti mirino a provocare la popolazione.

L’accusa sostiene anche che l’intervista al co-presidente del BDP (Partito della Pace e della Democrazia) Selahattin Demirtaş, le notizie sulle tavole rotonde del BDP e quelle riguardanti i mancati incontri di Öcalan con gli avvocati sono da considerarsi come collegamento della stampa kurda ad “un’organizzazione terroristica”, con riferimento al PKK.

Gli avvocati considerano le querele uno scandalo legale; tra loro Sinan Zincir sottolinea che si tratta di un documento cospirativo redatto dal Governo, non di un’accusa.  “Senza questi membri della stampa libera, che hanno pagato un alto prezzo per venti anni a causa del loro mestiere, la verità non verrebbe a galla”, ha dichiarato Zincir, valutando le incriminazioni come una prova della mentalità rancorosa verso i rappresentanti della stampa kurda; le stesse violano le norme del Diritto Penale Contemporaneo, del Codice Penale Turco ed anche della Legge Anti-Terrorismo. “Questa è la pratica di una legge ostile, non un processo”.  

Secondo la Piattaforma per la Libertà dei Giornalisti Incarcerati, 97 giornalisti, tra cui 19 editori, sono attualmente dietro le sbarre all’interno delle carceri turche e la maggioranza è rappresentata da persone di origine kurda. 180 giornalisti sono stati incarcerati negli ultimi tre anni e quasi 600 membri della stampa affrontano procedimenti legali.

ANF NEWS AGENCY