mercoledì 31 ottobre 2012

Firma la petizione a sostegno degli scioperanti della fame curdi

PETITION, —Oltre 700 prigionieri politici curdi sono attualmente in sciopero della fame in Turchia,con alcuni di loro che hanno rifiutato il cibo per 49 giorni.La situazione sta raggiungendo il punto di crisi,e adesso nel mondo la gente sta incominciando a mostrare il proprio sostegno per gli scioperanti e le loro richieste.
Una petizione e' stata avviata da un gruppo di studiosi di scienze sociali su  Change.org che richiama ad un maggiore sostegno per gli scioperanti della fame.La petizione  puo' essere
Si prega di firmare con il vostro nome e dimostrare il vostro supporto! È possibile visualizzare un elenco dei primi firmatari di seguito.

Sintesi stampa:

Un gruppo internazionale di studiosi di scienze sociali con interessi di ricerca sulla questione kurda ha lanciato una una campagna richiamando il governo turco a rispondere alle richieste
dei prigionieri politici curdi la cui protesta dello sciopero della fame e' entrata in una fase cruciale.
Oltre 700 detenuti curdi sono al 49° giorno dello sciopero della fame al 30 Ottobre 2012,per il diritto alla difesa nella loro madrelingua e la fine dell'isolamento di Abdullah Ocalan,illeader incarcerato del PKK.Esperti medici confermano che il 40°giorno rappresenta la soglia dove iniziano le disfunzioni fisiche e mentali,e così come i casi di morte cominciano a verificarsi.
I firmatari dichiarano il pieno appoggio alle richieste dei detenuti politici,che loro credono,essere tra i diritti umani fondamentali.La petizione sottolinea che l'opinione della comunita' internazionale
sulla Turchia  sarà fortemente modellata dal modo in cui vengono gestiti gli scioperi della fame presenti e ricorda agli interessati,inclusi il Presidente,Il Primo Ministro ed il Ministro della Giustizia,
che saranno personalmente responsabili se questa protesta dovesse terminare con una tragedia umana.
Ricordando il prezzo devastante delle operazioni contro le prigioni del 2000, i firmatari avvisano il governo turco che ogni tentativo di intervento forzato, potrebbe causare un danno irreparabile
e distruggere il terreno democratico già debole per una soluzione pacifica della questione curda.
La petizione ha ricevuto grande interesse e sostegno dai circoli accademici nel mondo,raggiungendo oltre mille firmatari nel solo primo giorno.Alcuni studiosi di scienze sociali di importanza internazionale ha inviato messaggi di sostegno alla campagna.
Il professore Michael Taussig della Columbia University,un'autorita' internazionale in antropologia,ha firmato la petizine con il seguente commento:"'Per lo Stato turco: si prega di partecipare immediatamente al benessere di questi prigionieri coraggiosi".La preminente teorica femminista Professoressa Judith Butler dell'Univerista della California a Berkeley, ha scritto:"Il governo turco deve avviare un dialogo serio con questi prigionieri, che ora rischiano la vita per esporre l'ingiustizia in cui vivono".
E Noam Chomsky ha dichiarato: "l'umanità esige che il motivo giusto e disperato di questi prigionieri per il dialogo debba essere risolto in modo rapido e appropriato, senza indugio."

martedì 30 ottobre 2012

Torture e abusi nelle carceri iraniane

21 Ottobre 2012
L’attenzione è rivolta ancora una volta verso le carceri iraniane dove le violazioni dei diritti umani e le condanne a morte hanno registrato recentemente un notevole aumento e ogni giorno che passa, sempre più prigionieri kurdi sono vittime di torture, maltrattamenti e punizioni. Hadi Emini, prigioniero kurdo liberato recentemente, ha raccontato ad ANF la sua esperienza e la situazione nelle prigioni iraniane.
Hadi Emini fu arrestato nella città iraniana di Mahabad come risultato di un complotto avvenuto nel 2007. Ha scontato la sua pena in cinque diverse carceri nelle quali è stato sottoposto a torture, sia durante gli interrogatori che durante l’arresto, come gli altri prigionieri. Emini ha invitato l’opinione pubblica internazionale a denunciare la situazione esistente nelle carceri iraniane dove, dice, le torture sistematiche hanno finora ucciso diversi detenuti mentre le vite di molti altri restano a rischio.
Cominciamo dalla sua esperienza. Come è stato arrestato e cosa le è successo durante la reclusione?
Sono stato arrestato come risultato di un complotto messo in atto da quello che poi ho scoperto essere un agente dei servizi segreti. Come tutti gli altri prigionieri, sono stato interrogato dopo il mio arresto. La prima fase dell’interrogatorio mira a costringere il detenuto a confessare e a fornire informazioni attraverso torture psicologiche e fisiche. A tal fine vengono utilizzati i metodi più disparati, inclusi gli stupri per colpire la dignità della persona. Lo stato iraniano ritiene la tortura lecita contro chiunque faccia opposizione.
Come si svolgono i processi?
I tribunali sono solo una formalità, nei processi vengono utilizzate dichiarazioni e informazioni ottenute attraverso la tortura nelle carceri. I servizi segreti notificano ai tribunali le condanne decise e i tribunali si limitano a tradurre tali decisioni in forma ufficiale. Né gli imputati né gli avvocati possono esercitare il proprio diritto alla difesa perché i giudici iraniani sono eletti dagli agenti dei servizi segreti responsabili degli interrogatori. Quando ho provato a sollevare un’ obiezione contro alcune accuse mosse durante il processo, il giudice ha insultato gli agenti accusandoli di non avermi torturato abbastanza. Tutti i giudici erano in precedenza soldati o agenti dei servizi segreti per una motivazione puramente ideologica. In custodia venivo minacciato di essere trasformato in un tossicodipendente attraverso la somministrazione forzata di sostanze stupefacenti, gli agenti mi dicevano che potevo essere rilasciato, condannato al carcere o a morte a loro piacimento.
Può raccontarci quali sono le torture a cui viene sottoposto un prigioniero?
Le torture iniziano sin dal primo ingresso in carcere, i prigionieri vengono spogliati e picchiati sin dal primo momento, prima ancora di entrare in cella. Chi viene torturato in custodia cautelare non viene risparmiato in carcere. D’altra parte le prigioni sono sovraffollate, i detenuti dormono in seicento in reparti costruiti per ospitarne duecento. I prigionieri non possono intrattenere alcuna relazione umana e vengono interrogati non appena sorpresi a parlare di problematiche attuali. La distribuzione di droghe è consentita nelle prigioni e i detenuti vengono messi in guardia dal non interferire con tale pratica. Guantanamo ha una reputazione, ma ogni carcere in Iran è una Guantanamano.
Queste pratiche costituiscono una prassi comune a tutte le prigioni iraniane o ci sono delle prigioni pilota in cui vengono attuate?
Queste pratiche sono maggiormente attuate nelle prigioni del Kurdistan, dove ogni giorno dozzine di persone muoiono a casa della droga portata dalle guardie carcerarie e distribuita ai prigionieri attraverso una rete di agenti. Comunque metodi speciali sono utilizzati nel carcere di Mahabad, dove il governo iraniano segue una politica specifica dovuta al fatto che tale prigione fu protagonista di una rivolta in passato. Le droghe, sebbene siano ufficialmente “bandite” in Iran, hanno un ruolo molto significativo nella politica dello stato e diversi chili di sostanze stupefacenti vengono fatte entrare dai servizi segreti ogni giorno. Dei 200 prigionieri della prigione di Mahabad 150 sono diventati tossicodipendenti, mentre gli ufficiali esercitano una pressione continua sui nuovi detenuti, specialmente sui più giovani, per rendere anche essi dipendenti dalle droghe. L’obiettivo è quello di distruggere i prigionieri politici nelle carceri iraniane. Una delle malattie più diffuse nelle prigioni è l’AIDS, sempre utilizzato come minaccia.
Per quanti anni e in quali prigioni ha scontato la sua pena?
Ho scontato cinque anni in cinque prigioni diverse, due mesi nella prigione di Urmiye, sei mesi a Serdest, un anno a Mahabad, due anni nella prigione Evin di Teheran e sedici mesi in una prigione nella città di Kerez. Anche quest’ultima è particolare poiché la pratica della tortura è comune e c’è una rigida sorveglianza. I prigionieri sono mandati in questa prigione in cui le guardie carcerarie sono addestrate da agenti speciali dei servizi segreti. Ci sono gruppi differenti di prigionieri le cui discussioni e dibattiti spesso si concludono con la morte o l’infortunio. Il governo non interferisce in tali conflitti anzi li promuove. Solo nella prigione Evin di Teheran recentemente ci sono stati dei cambiamenti formali dovuti alla momentanea attenzione dell’opinione pubblica internazionale.
Un altro importante problema nelle carceri di Mahabad, Evin e in altre prigioni, è che i detenuti che cadono vittime di malattia a causa delle condizioni in cui vivono o per altre circostanze sono lasciati al loro destino. Siamo testimoni della morte di molti prigionieri dovuta alla mancanza di cure mediche. Non c’è un’autorità competente a cui appellarsi. Quando un detenuto si ammala e si rivolge alla corte questa si rifiuta di accogliere le sue richieste affermando che non è suo dovere provvedere all’assistenza medica. La malattia di un prigioniero nel carcere di Evin si aggrava di giorno in giorno, finchè prima perde la vista e poi muore per non essere stato curato. Questo è il modo in cui vogliono far morire tutti i prigionieri politici.
Questa politica non mira soltanto a costringere i prigionieri ad arrendersi ma anche ad annientarli, infatti, molti prigionieri vengono mutilati sotto tortura, contagiati dall’AIDS o resi tossicodipendenti in modo che non possano mai più opporre resistenza allo stato. Anche le donne delle famiglie dei prigionieri vengono torturate e minacciate di essere stuprate davanti agli occhi dei loro familiari. I prigionieri politici sono costretti a denunciare le organizzazioni di cui fanno parte di fronte alle telecamere.
Le guardie carcerarie quando non sono soddisfatte dell’interrogatorio o quando considerano semplicemente il detenuto in maniera negativa, lo portano fuori dalla prigione, lo interrogano e torturano per poi infliggergli un ulteriore condanna e mandarlo nuovamente in carcere. Per esempio, il prigioniero Munsur Rapur fu condannato a cinque anni di reclusione in prigione dopo essere già stato processato. Nonostante alcuni ambienti della società siano ancora uno strumento della politica del governo a causa di diverse problematiche, la lotta per la libertà nelle prigioni iraniane si basa sulla resistenza della prigione di Amed (la prigione di Diyarbakir negli anni 80 fu teatro di una forte resistenza) contro la quale la politica delle carceri del sistema iraniano fallisce.
Molti compagni hanno resistito contro il sistema delle prigioni iraniane nonostante tutte le torture a cui sono stati sottoposti prima di essere condannati a morte. Şehit Soran, Ferzad Kemanger, Elî Heyderiyan, Şirin Elemhuli, Ferhat Wekili e molti altri sono tra quelli che non si sono arresi e per questo sono stati uccisi.
I prigionieri possono ricevere visite dei propri familiari e avvocati?
La legge iraniana consente ai familiari dei prigionieri di far loro visita una volta alla settimana o ogni due settimane, ma solitamente tali visite non avvengono perché i familiari vengono sottoposti a torture e a pratiche umilianti, come l’essere completamente spogliati e perquisiti in maniera disonorevole prima che venga loro concesso di attraversare un tunnel sotterraneo lungo 700 metri e incontrare i loro figli. Le conversazioni tra i detenuti e le loro famiglie avvengono attraverso un telefono dietro a un vetro che li separa e durano solo pochi minuti.
Le guardie carcerarie non risparmiano nessun tipo di umiliazione ai familiari dei detenuti che considerano “colpevoli” come i detenuti stessi. Inoltre le conversazioni tra i prigionieri e i loro familiari sono controllate con attenzione per impedire alle famiglie di informare i prigionieri su eventuali sviluppi della situazione al di fuori del carcere. Le lettere indirizzate ai prigionieri vengono consegnate solo dopo una pesante censura
Gli avvocati non hanno alcun ruolo nello stato iraniano, dove tutto è sotto il controllo dei servizi segreti. Ci sono validi avvocati che si occupano della difesa dei diritti umani ma non ci sono istituzioni o meccanismi che permettano loro di lavorare seriamente o di far ascoltare le proprie difese.
I prigionieri politici vengono minacciati costantemente di essere lasciati nelle mani dei gruppi di prigionieri appartenenti alla mafia, mentre in alcune prigioni vengono destinati a bracci speciali disegnati per distruggere i detenuti e che quindi non soddisfano nessun bisogno umano. Ai prigionieri politici, rinchiusi in celle strettissime assimilabili a delle scatole nere, vengono concesse solo due ore d’aria. Dozzine di persone hanno perso la vita per questa ragione in tempi recenti, come Hüseyni Dövmeci, Muhsin Ratpur e Mehdi Zali, che furono torturati e morirono per mancanza di cure.
D’altra parte, la strada che dalla prigione conduce al tribunale è essa stessa una tortura, i detenuti sono sottoposti a pratiche umilianti e a continue pressioni psicologiche.
Vuole aggiungere qualcosa a proposito di quanto lei e molti altri prigionieri avete subito nelle carceri iraniane?
Sulla base di quanto io e molti altri abbiamo subito posso affermare che c’è una grave violazione dei diritti umani nelle prigioni iraniane, il che ci pone in una situazione di allarme rosso. Tuttavia i prigionieri politici continuano a resistere. Nonostante i numerosi scioperi della fame messi in atto per protestare contro queste pratiche, la pressione a cui sono sottoposti diventa sempre più violenta e ne causa la morte perché le istituzioni internazionali non esercitano una pressione adeguata sul governo iraniano affinchè cessi tali abusi. Devo inoltre sottolineare che attualmente molti prigionieri politici sono a rischio di morte per l’assenza di cure.
Da qui, mi rivolgo alle istituzioni internazionali affinché ispezionino le carceri per porre fine alle esecuzioni ed ai trattamenti inumani e affinché la voce dei detenuti possa essere ascoltata.
ANF NEWS AGENCY

domenica 28 ottobre 2012

Il bus “Libertà per Öcalan” in arrivo in Italia

L’Iniziativa Internazionale “Libertà per Öcalan” ha organizzato un bus che sta compiendo un tour in molti paesi d´Europa: partito l'8 Settembre dalla città tedesca di Mannheim, al termine dell'annuale Festival Internazionale della Cultura Kurda, ha toccato Strasburgo, Svezia, Danimarca, Germania, Olanda, Belgio, di nuovo la Germania, Austria e Svizzera. 
Il bus sarà in Italia il 29 e 30 Ottobre a Roma e ad Alessandria il 31 Ottobre, poi ripartirà per la Francia e concluderà il suo lungo viaggio in Germania, raggiungendo la tappa finale di Düsseldorf il 24 Novembre. L´obiettivo principale di questa campagna che include anche una raccolta di firme è denunciare l'isolamento cui è sottoposto Abdullah Öcalan e evidenziare il suo ruolo chiave nella soluzione della questione kurda. 
Gli organizzatori dell'iniziativa intendono inoltre criticare l'approccio delle organizzazioni internazionali e dei governi riguardo la questione kurda e hanno esortato il Consiglio d´Europa, il Comitato per la Prevenzione della Tortura e l´Unione Europea a sostenere le attività a favore della libertà di Öcalan. 
Con preghiera di massima diffusione, l´Ufficio di Informazione del Kurdistan in Italia e la Comunità kurda in Italia invitano i rappresentanti istituzionali, i media e tutte le persone che vogliano portare la loro solidarietà e il loro sostegno a visitare il bus ed aderire alla manifestazione 
-a Roma, lunedì 29 e martedì 30 Ottobre a Piazza della Repubblica dalle ore 10.00 alle ore 17.00 
-ad Alessandria, mercoledì 31 Ottobre a Piazza Marconi dalle ore 16.00

Intervista a un prigioniero in sciopero della fame

23 Ottobre 2012
Pubblichiamo un'intervista con un detenuto chiamato Önder, in sciopero della fame da 42 giorni. L'intervista è stata condotta da un gruppo di prigionieri e poi inviata a DIHA (Dicle News Agency).
*Puoi dirci di più su te? Quando e perchè sei stato incarcerato e cosa diresti riguardo il motivo della tua partecipazione a quest’azione?
-Sono nato nel distretto di Başkale a Van, nel 1981. Sono stato arrestato nel febbraio 2010 e messo in prigione ad Amed in seguito ad un'operazione politica contro i kurdi a causa della mia partecipazione ad un movimento giovanile prima del mio arresto. L'approccio politico che ha causato il mio arresto è continuato durante il processo. Mi è stato negato il diritto di auto-difesa in lingua madre durante il processo, conclusosi con la mia condanna a 24 anni di carcere. Oggi il problema kurdo ha raggiunto l'apice e decine di persone stanno morendo ogni giorno. Questa situazione ha raggiunto un punto di non ritorno. Credo che tutti dovrebbero fare qualcosa per raggiungere una soluzione, quindi anch’io voglio fare qualcosa. So già che far sentire la mia voce in carcere mi costerà la vita, ma vedo anche che è diventata una tortura guardare i nostri compagni morire ogni giorno, come il mio compagno di banco del liceo e la mia coinquilina dell'università. Per questo motivo ho deciso di aderire allo sciopero della fame fino a quando le nostre due richieste non saranno accettate.
*Ti sei unito allo sciopero della fame il 12 Settembre. Hai già dichiarato lo scopo della vostra azione, ma potresti ancora una volta evidenziare il vostro obiettivo e le vostre richieste?
-Abbiamo iniziato questo sciopero della fame per la libertà del leader kurdo Abdullah Öcalan e per la lingua madre dei kurdi. Si tratta di due aspetti importanti per il popolo kurdo. Chiunque voglia affrontare la questione kurda oggi, tra cui anche lo Stato turco e il governo, deve riconoscere il Sig. Öcalan come interlocutore. Questa è allo stesso tempo la ragione per cui è stato detenuto ad İmralı per quattordici anni e in isolamento negli ultimi quattordici mesi. In considerazione di ciò che abbiamo vissuto e testimoniato in questo periodo, risulta evidente che la soluzione del problema kurdo, il termine degli scontri e l’instaurazione della pace possano essere riassunti nella richiesta di libertà di Öcalan. La sua libertà oppure l'isolamento sono quindi direttamente collegati con la soluzione o con lo stallo del problema kurdo. La nostra seconda richiesta riguarda la questione del diritto alla lingua madre, ancora vietato ai kurdi, che sono stati privati di un diritto umano fondamentale. Non possiamo accettare di essere sottoposti ad ogni tipo di abusi a causa della nostra richiesta di difenderci nella nostra lingua madre presso i tribunali.
*Cosa pensi si proponga di raggiungere il governo dell’AKP con l’isolamento del leader del PKK (Partito dei Lavoratori del Kurdistan) Abdullah Öcalan?
- Come è noto, lo Stato turco e il governo avevano condotto trattative con il signor Öcalan prima del periodo di isolamento degli ultimi quattordici mesi. Durante questi colloqui, il signor Öcalan ha presentato un contributo necessario per la questione kurda e la soluzione del problema del PKK, insieme ad altri auspicabili sviluppi come ad esempio un gruppo di pace da Kandil. Tuttavia, in quel periodo è apparso evidente che il governo AKP non aveva né una soluzione né un progetto o un’ intenzione per la soluzione del problema kurdo. L'isolamento di Öcalan è iniziato durante un processo e una situazione in cui il governo dell’AKP si è avventurato oltre il suo potere in Medio Oriente e ha respinto la maggior parte dei progetti presentati dal signor Öcalan riguardo i popoli che vi abitano. Nel fare questo, la Turchia è stata sostenuta da potenze occidentali nella sua intenzione di isolare il signor Öcalan dagli sviluppi regionali. Nella situazione attuale, le teorie e i piani del governo AKP sembrano essere andati storti, dal momento che si è ricominciato a parlare di negoziati ora.
*La lingua Kurda è proibita in tutta la regione. Cosa dovrebbero fare i Kurdi riguardo a ciò?
-Considerando ciò che lo Stato turco e il governo hanno fatto per la lingua kurda fino ad ora, è chiaro che cosa dovremmo aspettarci da parte di questi ultimi. Da parte nostra, dobbiamo garantire il miglioramento e l'istituzionalizzazione della nostra lingua, rifiutando di ricevere l'istruzione nella lingua di uno Stato che non fornisce l'istruzione in lingua madre. In questo modo il governo dovrà riconoscere i Kurdi e il Kurdistan o affrontare il fatto di essere uno stato basato sullo sfruttamento.
*Hai affermato che la vostra azione continuerà finchè non sarà raggiunto un risultato. Cosa chiederesti di fare ai kurdi e all’opinione pubblica democratica?
- Dal momento che il popolo kurdo ha sperimentato ogni tipo di dolore, quale l’essere soggetto alla morte, oltre ad abusi e trattamenti illeciti, oggi siamo arrivati al punto che condurrà alla libertà o alla morte. In qualità di attivista, io continuerò il mio sciopero della fame fino alla fine. Credo che il nostro popolo e l'opinione pubblica democratica mostrerà l'atteggiamento giusto".

ANF NEWS AGENCY

Centinaia di prigionieri sono in sciopero della fame, alcuni sin dal 12 settembre, in decine di carceri della Turchia. I detenuti protestano contro il rifiuto delle autorità di Ankara di autorizzare colloqui tra Abdullah Ocalan, leader del Partito dei lavoratori del Kurdistan, e il suo avvocato. Chiedono inoltre di poter usare la loro madrelingua curda nella sfera pubblica e nel campo dell'istruzione.
Lo sciopero della fame è una protesta pacifica e le autorità della Turchia hanno il dovere di rispettare il diritto alla libertà d'espressione dei prigionieri, compreso il diritto a protestare in tale forma.
Amnesty International si è detta preoccupata per le notizie secondo le quali prigionieri in sciopero della fame nelle carceri di Silivri e Sakran sono stati posti in isolamento e che in quella di Tekirdag le guardie carcerarie hanno sottoposto a maltrattamenti chi sta prendendo parte alla protesta. Le autorità penitenziarie avrebbero inoltre, in alcuni casi, limitato l'accesso ad acqua, zucchero, sale, vitamine e altre sostanze che vengono aggiunte all'acqua assunta dai prigionieri in sciopero della fame.
Amnesty International ha sollecitato le autorità turche a garantire che non saranno prese misure punitive nei confronti dei prigionieri in sciopero della fame e che sia rispettato il divieto assoluto di tortura e di altri maltrattamenti. Ha inoltre chiesto che i prigionieri in sciopero della fame abbiano adeguato accesso a personale medico qualificato e a ogni trattamento di cui abbiano bisogno. Infine, ha preteso l'avvio di indagini immediate, approfondite, imparziali ed efficaci su tutte le denunce di punizioni e maltrattamenti inflitti a detenuti in sciopero della fame.(Amnesty International)


Silenzio su centinaia di prigionieri curdi in sciopero della fame

Centinaia di prigionieri politici curdi hanno intrapreso uno sciopero della fame a tempo indefinito per protestare contro il trattamento delle autorità turche nei loro confronti. Attraverso quest'azione di protesta, alcuni pretendono nuovi processi ed esigono diritti linguistici, altri intendono attirare l'attenzione internazionale nei confronti del maltrattamento a cui vengono sottoposti i prigionieri politici curdi. 
Nonostante questo sciopero della fame - che sta giungendo alla sua sesta settimana - gli organi di stampa internazionali hanno mantenuto il silenzio. Ciò non sorprende particolarmente, se si pensa che gli stessi organi di stampa turchi hanno deliberatamente ignorato l'intera situazione.
Un blogger curdo spiega come ha avuto inizio la protesta. Memed Boran, al momento residente a Londra, racconta: 
«Il 12 settembre 2012, nove donne prigioniere al carcere di tipo E di Diyarbakir hanno intrapreso uno sciopero della fame a tempo indefinito. Nella dichiarazione che hanno rilasciato tramite gli avvocati hanno evidenziato due richieste: il diritto di utilizzare la madrelingua curda nella sfera pubblica, compreso in aula, e la rimozione degli ostacoli che impediscono al leader curdo imprigionato Abdullah Ocalan di negoziare in discorsi di pace con le autorità turche. Poco dopo, molti altri detenuti di prigioni di ogni angolo della Turchia, uomini e donne, si sono uniti allo sciopero della fame, alcune volte in gruppi e in certe prigioni individualmente. Ora ci sono 380 prigionieri in 39 prigioni che sono andati ben oltre lo sciopero della fame e arriveranno presto alla ‘morte rapida.’»
Il numero di prigionieri politici curdi è sconosciuto, ma secondo le organizzazioni di diritti umani sono centinaia, e ciò ha portato gli attivisti a credere che tutti costoro, o comunque un numero significativo, siano in sciopero della fame. Elif da Istanbul, afferma su Twitter che i media hanno scelto di ignorare i curdi in sciopero della fame e che molti di loro presto moriranno. 
Un attivista a favore dei curdi ( @Hevallo su Twitter), sta disperatamente tentando di convincere le persone su Twitter a mandare pastiglie di vitamina B1 ai prigionieri in sciopero della fame, in un tentativo di minimizzare i danni sui loro corpi nonché la potenziale conseguenza inevitabile, la morte. 
Su Facebook,  Sedat Yezdan rivela: 
«Negli ultimi 3 anni lo stato turco ha arrestato più di 10.000 curdi: studenti, bambini, madri, attivisti, giornalisti, avvocati, dottori, sindaci, deputati e molti membri del Partito della pace e democrazia (BDP).»
Gli scioperi della fame sono una forma di protesta non violenta, e, malgrado il numero in continua crescita, i media turchi hanno deliberatamente ignorato la loro situazione, sperando forse che, con il loro silenzio, le organizzazioni per i diritti umani seguissero un percorso simile. La mancanza di interviste con questi detenuti porta a giusitificare il silenzio stampa, in particolare per quei giornalisti che lamentano la mancanza di risorse.

fonte : La Stampa  25/10/2012