21
Ottobre 2012
L’attenzione
è rivolta ancora una volta verso le carceri iraniane dove le violazioni dei
diritti umani e le condanne a morte hanno registrato recentemente un notevole
aumento e ogni giorno che passa, sempre più prigionieri kurdi sono vittime di
torture, maltrattamenti e punizioni. Hadi Emini, prigioniero kurdo liberato
recentemente, ha raccontato ad ANF la sua esperienza e la situazione nelle
prigioni iraniane.
Hadi
Emini fu arrestato nella città iraniana di Mahabad come risultato di un
complotto avvenuto nel 2007. Ha scontato la sua pena in cinque diverse carceri
nelle quali è stato sottoposto a torture, sia durante gli interrogatori che
durante l’arresto, come gli altri prigionieri. Emini ha invitato l’opinione
pubblica internazionale a denunciare la situazione esistente nelle carceri
iraniane dove, dice, le torture sistematiche hanno finora ucciso diversi
detenuti mentre le vite di molti altri restano a rischio.
Cominciamo
dalla sua esperienza. Come è stato arrestato e cosa le è successo durante la
reclusione?
Sono
stato arrestato come risultato di un complotto messo in atto da quello che poi
ho scoperto essere un agente dei servizi segreti. Come tutti gli altri
prigionieri, sono stato interrogato dopo il mio arresto. La prima fase
dell’interrogatorio mira a costringere il detenuto a confessare e a fornire
informazioni attraverso torture psicologiche e fisiche. A tal fine vengono
utilizzati i metodi più disparati, inclusi gli stupri per colpire la dignità
della persona. Lo stato iraniano ritiene la tortura lecita contro chiunque
faccia opposizione.
Come si
svolgono i processi?
I
tribunali sono solo una formalità, nei processi vengono utilizzate dichiarazioni
e informazioni ottenute attraverso la tortura nelle carceri. I servizi segreti
notificano ai tribunali le condanne decise e i tribunali si limitano a tradurre
tali decisioni in forma ufficiale. Né gli imputati né gli avvocati possono
esercitare il proprio diritto alla difesa perché i giudici iraniani sono eletti
dagli agenti dei servizi segreti responsabili degli interrogatori. Quando ho
provato a sollevare un’ obiezione contro alcune accuse mosse durante il
processo, il giudice ha insultato gli agenti accusandoli di non avermi torturato
abbastanza. Tutti i giudici erano in precedenza soldati o agenti dei servizi
segreti per una motivazione puramente ideologica. In custodia venivo minacciato
di essere trasformato in un tossicodipendente attraverso la somministrazione
forzata di sostanze stupefacenti, gli agenti mi dicevano che potevo essere
rilasciato, condannato al carcere o a morte a loro piacimento.
Può
raccontarci quali sono le torture a cui viene sottoposto un
prigioniero?
Le
torture iniziano sin dal primo ingresso in carcere, i prigionieri vengono
spogliati e picchiati sin dal primo momento, prima ancora di entrare in cella.
Chi viene torturato in custodia cautelare non viene risparmiato in carcere.
D’altra parte le prigioni sono sovraffollate, i detenuti dormono in seicento in
reparti costruiti per ospitarne duecento. I prigionieri non possono intrattenere
alcuna relazione umana e vengono interrogati non appena sorpresi a parlare di
problematiche attuali. La distribuzione di droghe è consentita nelle prigioni e
i detenuti vengono messi in guardia dal non interferire con tale pratica.
Guantanamo ha una reputazione, ma ogni carcere in Iran è una
Guantanamano.
Queste
pratiche costituiscono una prassi comune a tutte le prigioni iraniane o ci sono
delle prigioni pilota in cui vengono attuate?
Queste
pratiche sono maggiormente attuate nelle prigioni del Kurdistan, dove ogni
giorno dozzine di persone muoiono a casa della droga portata dalle guardie
carcerarie e distribuita ai prigionieri attraverso una rete di agenti. Comunque
metodi speciali sono utilizzati nel carcere di Mahabad, dove il governo iraniano
segue una politica specifica dovuta al fatto che tale prigione fu protagonista
di una rivolta in passato. Le droghe, sebbene siano ufficialmente “bandite” in
Iran, hanno un ruolo molto significativo nella politica dello stato e diversi
chili di sostanze stupefacenti vengono fatte entrare dai servizi segreti ogni
giorno. Dei 200 prigionieri della prigione di Mahabad 150 sono diventati
tossicodipendenti, mentre gli ufficiali esercitano una pressione continua sui
nuovi detenuti, specialmente sui più giovani, per rendere anche essi dipendenti
dalle droghe. L’obiettivo è quello di distruggere i prigionieri politici nelle
carceri iraniane. Una delle malattie più diffuse nelle prigioni è l’AIDS, sempre
utilizzato come minaccia.
Per
quanti anni e in quali prigioni ha scontato la sua pena?
Ho
scontato cinque anni in cinque prigioni diverse, due mesi nella prigione di
Urmiye, sei mesi a Serdest, un anno a Mahabad, due anni nella prigione Evin di
Teheran e sedici mesi in una prigione nella città di Kerez. Anche quest’ultima è
particolare poiché la pratica della tortura è comune e c’è una rigida
sorveglianza. I prigionieri sono mandati in questa prigione in cui le guardie
carcerarie sono addestrate da agenti speciali dei servizi segreti. Ci sono
gruppi differenti di prigionieri le cui discussioni e dibattiti spesso si
concludono con la morte o l’infortunio. Il governo non interferisce in tali
conflitti anzi li promuove. Solo nella prigione Evin di Teheran recentemente ci
sono stati dei cambiamenti formali dovuti alla momentanea attenzione
dell’opinione pubblica internazionale.
Un altro
importante problema nelle carceri di Mahabad, Evin e in altre prigioni, è che i
detenuti che cadono vittime di malattia a causa delle condizioni in cui vivono o
per altre circostanze sono lasciati al loro destino. Siamo testimoni della morte
di molti prigionieri dovuta alla mancanza di cure mediche. Non c’è un’autorità
competente a cui appellarsi. Quando un detenuto si ammala e si rivolge alla
corte questa si rifiuta di accogliere le sue richieste affermando che non è suo
dovere provvedere all’assistenza medica. La malattia di un prigioniero nel
carcere di Evin si aggrava di giorno in giorno, finchè prima perde la vista e
poi muore per non essere stato curato. Questo è il modo in cui vogliono far
morire tutti i prigionieri politici.
Questa
politica non mira soltanto a costringere i prigionieri ad arrendersi ma anche ad
annientarli, infatti, molti prigionieri vengono mutilati sotto tortura,
contagiati dall’AIDS o resi tossicodipendenti in modo che non possano mai più
opporre resistenza allo stato. Anche le donne delle famiglie dei prigionieri
vengono torturate e minacciate di essere stuprate davanti agli occhi dei loro
familiari. I prigionieri politici sono costretti a denunciare le organizzazioni
di cui fanno parte di fronte alle telecamere.
Le
guardie carcerarie quando non sono soddisfatte dell’interrogatorio o quando
considerano semplicemente il detenuto in maniera negativa, lo portano fuori
dalla prigione, lo interrogano e torturano per poi infliggergli un ulteriore
condanna e mandarlo nuovamente in carcere. Per esempio, il prigioniero Munsur
Rapur fu condannato a cinque anni di reclusione in prigione dopo essere già
stato processato. Nonostante alcuni ambienti della società siano ancora uno
strumento della politica del governo a causa di diverse problematiche, la lotta
per la libertà nelle prigioni iraniane si basa sulla resistenza della prigione
di Amed (la prigione di Diyarbakir negli anni 80 fu teatro di una forte
resistenza) contro la quale la politica delle carceri del sistema iraniano
fallisce.
Molti
compagni hanno resistito contro il sistema delle prigioni iraniane nonostante
tutte le torture a cui sono stati sottoposti prima di essere condannati a morte.
Şehit Soran, Ferzad Kemanger, Elî Heyderiyan, Şirin Elemhuli, Ferhat Wekili e
molti altri sono tra quelli che non si sono arresi e per questo sono stati
uccisi.
I
prigionieri possono ricevere visite dei propri familiari e
avvocati?
La legge
iraniana consente ai familiari dei prigionieri di far loro visita una volta alla
settimana o ogni due settimane, ma solitamente tali visite non avvengono perché
i familiari vengono sottoposti a torture e a pratiche umilianti, come l’essere
completamente spogliati e perquisiti in maniera disonorevole prima che venga
loro concesso di attraversare un tunnel sotterraneo lungo 700 metri e incontrare
i loro figli. Le conversazioni tra i detenuti e le loro famiglie avvengono
attraverso un telefono dietro a un vetro che li separa e durano solo pochi
minuti.
Le
guardie carcerarie non risparmiano nessun tipo di umiliazione ai familiari dei
detenuti che considerano “colpevoli” come i detenuti stessi. Inoltre le
conversazioni tra i prigionieri e i loro familiari sono controllate con
attenzione per impedire alle famiglie di informare i prigionieri su eventuali
sviluppi della situazione al di fuori del carcere. Le lettere indirizzate ai
prigionieri vengono consegnate solo dopo una pesante censura
Gli
avvocati non hanno alcun ruolo nello stato iraniano, dove tutto è sotto il
controllo dei servizi segreti. Ci sono validi avvocati che si occupano della
difesa dei diritti umani ma non ci sono istituzioni o meccanismi che permettano
loro di lavorare seriamente o di far ascoltare le proprie difese.
I
prigionieri politici vengono minacciati costantemente di essere lasciati nelle
mani dei gruppi di prigionieri appartenenti alla mafia, mentre in alcune
prigioni vengono destinati a bracci speciali disegnati per distruggere i
detenuti e che quindi non soddisfano nessun bisogno umano. Ai prigionieri
politici, rinchiusi in celle strettissime assimilabili a delle scatole nere,
vengono concesse solo due ore d’aria. Dozzine di persone hanno perso la vita per
questa ragione in tempi recenti, come Hüseyni Dövmeci, Muhsin Ratpur e Mehdi
Zali, che furono torturati e morirono per mancanza di cure.
D’altra
parte, la strada che dalla prigione conduce al tribunale è essa stessa una
tortura, i detenuti sono sottoposti a pratiche umilianti e a continue pressioni
psicologiche.
Vuole
aggiungere qualcosa a proposito di quanto lei e molti altri prigionieri avete
subito nelle carceri iraniane?
Sulla
base di quanto io e molti altri abbiamo subito posso affermare che c’è una grave
violazione dei diritti umani nelle prigioni iraniane, il che ci pone in una
situazione di allarme rosso. Tuttavia i prigionieri politici continuano a
resistere. Nonostante i numerosi scioperi della fame messi in atto per
protestare contro queste pratiche, la pressione a cui sono sottoposti diventa
sempre più violenta e ne causa la morte perché le istituzioni internazionali non
esercitano una pressione adeguata sul governo iraniano affinchè cessi tali
abusi. Devo inoltre sottolineare che attualmente molti prigionieri politici sono
a rischio di morte per l’assenza di cure.
Da qui,
mi rivolgo alle istituzioni internazionali affinché ispezionino le carceri per
porre fine alle esecuzioni ed ai trattamenti inumani e affinché la voce dei
detenuti possa essere ascoltata.
ANF NEWS
AGENCY
come faccio a denunciare un carcere maltese per abusi sui detenuti
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