martedì 30 ottobre 2012

Torture e abusi nelle carceri iraniane

21 Ottobre 2012
L’attenzione è rivolta ancora una volta verso le carceri iraniane dove le violazioni dei diritti umani e le condanne a morte hanno registrato recentemente un notevole aumento e ogni giorno che passa, sempre più prigionieri kurdi sono vittime di torture, maltrattamenti e punizioni. Hadi Emini, prigioniero kurdo liberato recentemente, ha raccontato ad ANF la sua esperienza e la situazione nelle prigioni iraniane.
Hadi Emini fu arrestato nella città iraniana di Mahabad come risultato di un complotto avvenuto nel 2007. Ha scontato la sua pena in cinque diverse carceri nelle quali è stato sottoposto a torture, sia durante gli interrogatori che durante l’arresto, come gli altri prigionieri. Emini ha invitato l’opinione pubblica internazionale a denunciare la situazione esistente nelle carceri iraniane dove, dice, le torture sistematiche hanno finora ucciso diversi detenuti mentre le vite di molti altri restano a rischio.
Cominciamo dalla sua esperienza. Come è stato arrestato e cosa le è successo durante la reclusione?
Sono stato arrestato come risultato di un complotto messo in atto da quello che poi ho scoperto essere un agente dei servizi segreti. Come tutti gli altri prigionieri, sono stato interrogato dopo il mio arresto. La prima fase dell’interrogatorio mira a costringere il detenuto a confessare e a fornire informazioni attraverso torture psicologiche e fisiche. A tal fine vengono utilizzati i metodi più disparati, inclusi gli stupri per colpire la dignità della persona. Lo stato iraniano ritiene la tortura lecita contro chiunque faccia opposizione.
Come si svolgono i processi?
I tribunali sono solo una formalità, nei processi vengono utilizzate dichiarazioni e informazioni ottenute attraverso la tortura nelle carceri. I servizi segreti notificano ai tribunali le condanne decise e i tribunali si limitano a tradurre tali decisioni in forma ufficiale. Né gli imputati né gli avvocati possono esercitare il proprio diritto alla difesa perché i giudici iraniani sono eletti dagli agenti dei servizi segreti responsabili degli interrogatori. Quando ho provato a sollevare un’ obiezione contro alcune accuse mosse durante il processo, il giudice ha insultato gli agenti accusandoli di non avermi torturato abbastanza. Tutti i giudici erano in precedenza soldati o agenti dei servizi segreti per una motivazione puramente ideologica. In custodia venivo minacciato di essere trasformato in un tossicodipendente attraverso la somministrazione forzata di sostanze stupefacenti, gli agenti mi dicevano che potevo essere rilasciato, condannato al carcere o a morte a loro piacimento.
Può raccontarci quali sono le torture a cui viene sottoposto un prigioniero?
Le torture iniziano sin dal primo ingresso in carcere, i prigionieri vengono spogliati e picchiati sin dal primo momento, prima ancora di entrare in cella. Chi viene torturato in custodia cautelare non viene risparmiato in carcere. D’altra parte le prigioni sono sovraffollate, i detenuti dormono in seicento in reparti costruiti per ospitarne duecento. I prigionieri non possono intrattenere alcuna relazione umana e vengono interrogati non appena sorpresi a parlare di problematiche attuali. La distribuzione di droghe è consentita nelle prigioni e i detenuti vengono messi in guardia dal non interferire con tale pratica. Guantanamo ha una reputazione, ma ogni carcere in Iran è una Guantanamano.
Queste pratiche costituiscono una prassi comune a tutte le prigioni iraniane o ci sono delle prigioni pilota in cui vengono attuate?
Queste pratiche sono maggiormente attuate nelle prigioni del Kurdistan, dove ogni giorno dozzine di persone muoiono a casa della droga portata dalle guardie carcerarie e distribuita ai prigionieri attraverso una rete di agenti. Comunque metodi speciali sono utilizzati nel carcere di Mahabad, dove il governo iraniano segue una politica specifica dovuta al fatto che tale prigione fu protagonista di una rivolta in passato. Le droghe, sebbene siano ufficialmente “bandite” in Iran, hanno un ruolo molto significativo nella politica dello stato e diversi chili di sostanze stupefacenti vengono fatte entrare dai servizi segreti ogni giorno. Dei 200 prigionieri della prigione di Mahabad 150 sono diventati tossicodipendenti, mentre gli ufficiali esercitano una pressione continua sui nuovi detenuti, specialmente sui più giovani, per rendere anche essi dipendenti dalle droghe. L’obiettivo è quello di distruggere i prigionieri politici nelle carceri iraniane. Una delle malattie più diffuse nelle prigioni è l’AIDS, sempre utilizzato come minaccia.
Per quanti anni e in quali prigioni ha scontato la sua pena?
Ho scontato cinque anni in cinque prigioni diverse, due mesi nella prigione di Urmiye, sei mesi a Serdest, un anno a Mahabad, due anni nella prigione Evin di Teheran e sedici mesi in una prigione nella città di Kerez. Anche quest’ultima è particolare poiché la pratica della tortura è comune e c’è una rigida sorveglianza. I prigionieri sono mandati in questa prigione in cui le guardie carcerarie sono addestrate da agenti speciali dei servizi segreti. Ci sono gruppi differenti di prigionieri le cui discussioni e dibattiti spesso si concludono con la morte o l’infortunio. Il governo non interferisce in tali conflitti anzi li promuove. Solo nella prigione Evin di Teheran recentemente ci sono stati dei cambiamenti formali dovuti alla momentanea attenzione dell’opinione pubblica internazionale.
Un altro importante problema nelle carceri di Mahabad, Evin e in altre prigioni, è che i detenuti che cadono vittime di malattia a causa delle condizioni in cui vivono o per altre circostanze sono lasciati al loro destino. Siamo testimoni della morte di molti prigionieri dovuta alla mancanza di cure mediche. Non c’è un’autorità competente a cui appellarsi. Quando un detenuto si ammala e si rivolge alla corte questa si rifiuta di accogliere le sue richieste affermando che non è suo dovere provvedere all’assistenza medica. La malattia di un prigioniero nel carcere di Evin si aggrava di giorno in giorno, finchè prima perde la vista e poi muore per non essere stato curato. Questo è il modo in cui vogliono far morire tutti i prigionieri politici.
Questa politica non mira soltanto a costringere i prigionieri ad arrendersi ma anche ad annientarli, infatti, molti prigionieri vengono mutilati sotto tortura, contagiati dall’AIDS o resi tossicodipendenti in modo che non possano mai più opporre resistenza allo stato. Anche le donne delle famiglie dei prigionieri vengono torturate e minacciate di essere stuprate davanti agli occhi dei loro familiari. I prigionieri politici sono costretti a denunciare le organizzazioni di cui fanno parte di fronte alle telecamere.
Le guardie carcerarie quando non sono soddisfatte dell’interrogatorio o quando considerano semplicemente il detenuto in maniera negativa, lo portano fuori dalla prigione, lo interrogano e torturano per poi infliggergli un ulteriore condanna e mandarlo nuovamente in carcere. Per esempio, il prigioniero Munsur Rapur fu condannato a cinque anni di reclusione in prigione dopo essere già stato processato. Nonostante alcuni ambienti della società siano ancora uno strumento della politica del governo a causa di diverse problematiche, la lotta per la libertà nelle prigioni iraniane si basa sulla resistenza della prigione di Amed (la prigione di Diyarbakir negli anni 80 fu teatro di una forte resistenza) contro la quale la politica delle carceri del sistema iraniano fallisce.
Molti compagni hanno resistito contro il sistema delle prigioni iraniane nonostante tutte le torture a cui sono stati sottoposti prima di essere condannati a morte. Şehit Soran, Ferzad Kemanger, Elî Heyderiyan, Şirin Elemhuli, Ferhat Wekili e molti altri sono tra quelli che non si sono arresi e per questo sono stati uccisi.
I prigionieri possono ricevere visite dei propri familiari e avvocati?
La legge iraniana consente ai familiari dei prigionieri di far loro visita una volta alla settimana o ogni due settimane, ma solitamente tali visite non avvengono perché i familiari vengono sottoposti a torture e a pratiche umilianti, come l’essere completamente spogliati e perquisiti in maniera disonorevole prima che venga loro concesso di attraversare un tunnel sotterraneo lungo 700 metri e incontrare i loro figli. Le conversazioni tra i detenuti e le loro famiglie avvengono attraverso un telefono dietro a un vetro che li separa e durano solo pochi minuti.
Le guardie carcerarie non risparmiano nessun tipo di umiliazione ai familiari dei detenuti che considerano “colpevoli” come i detenuti stessi. Inoltre le conversazioni tra i prigionieri e i loro familiari sono controllate con attenzione per impedire alle famiglie di informare i prigionieri su eventuali sviluppi della situazione al di fuori del carcere. Le lettere indirizzate ai prigionieri vengono consegnate solo dopo una pesante censura
Gli avvocati non hanno alcun ruolo nello stato iraniano, dove tutto è sotto il controllo dei servizi segreti. Ci sono validi avvocati che si occupano della difesa dei diritti umani ma non ci sono istituzioni o meccanismi che permettano loro di lavorare seriamente o di far ascoltare le proprie difese.
I prigionieri politici vengono minacciati costantemente di essere lasciati nelle mani dei gruppi di prigionieri appartenenti alla mafia, mentre in alcune prigioni vengono destinati a bracci speciali disegnati per distruggere i detenuti e che quindi non soddisfano nessun bisogno umano. Ai prigionieri politici, rinchiusi in celle strettissime assimilabili a delle scatole nere, vengono concesse solo due ore d’aria. Dozzine di persone hanno perso la vita per questa ragione in tempi recenti, come Hüseyni Dövmeci, Muhsin Ratpur e Mehdi Zali, che furono torturati e morirono per mancanza di cure.
D’altra parte, la strada che dalla prigione conduce al tribunale è essa stessa una tortura, i detenuti sono sottoposti a pratiche umilianti e a continue pressioni psicologiche.
Vuole aggiungere qualcosa a proposito di quanto lei e molti altri prigionieri avete subito nelle carceri iraniane?
Sulla base di quanto io e molti altri abbiamo subito posso affermare che c’è una grave violazione dei diritti umani nelle prigioni iraniane, il che ci pone in una situazione di allarme rosso. Tuttavia i prigionieri politici continuano a resistere. Nonostante i numerosi scioperi della fame messi in atto per protestare contro queste pratiche, la pressione a cui sono sottoposti diventa sempre più violenta e ne causa la morte perché le istituzioni internazionali non esercitano una pressione adeguata sul governo iraniano affinchè cessi tali abusi. Devo inoltre sottolineare che attualmente molti prigionieri politici sono a rischio di morte per l’assenza di cure.
Da qui, mi rivolgo alle istituzioni internazionali affinché ispezionino le carceri per porre fine alle esecuzioni ed ai trattamenti inumani e affinché la voce dei detenuti possa essere ascoltata.
ANF NEWS AGENCY

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