giovedì 30 aprile 2015

Raccolta fondi : Un ospedale per Kobane

In marzo 2015 siamo andati in Kurdistan e siamo tornati a casa con un’importante richiesta da parte del popolo curdo: “le istituzioni internazionali ci stanno lasciando soli, aiutateci a ricostruire Kobane!”.
Nel settantesimo della liberazione dell’Italia da parte dei partigiani,ci sembra doveroso sostenere le resistenze laddove ancora lottano in prima linea, rappresentando di fatto la linea di confine tra la civiltà e la barbarie.Oggi il centro del mondo è Kobane, dove la resistenza della regione autonoma del Rojava, difende la regione dagli attachi dello Stato Islamico.
LA SITUAZIONE
Kobane rappresenta un baluardo di civiltà, è stata la prima grande vittoria che ha fermato l’avanzata di Isis. È stata una battaglia di resistenza, portata avanti dal popolo curdo,strada per strada, fucili contro armi pesanti.
I curdi del Rojava si autogovernano da anni, portando avanti un’idea di società democratica, basata sull’uguaglianza di genere e sulla convivenza pacifica di tutte le etnie presenti nell’area. Un’esperienza assolutamente nuova per il Medio Oriente, da sempre dilaniato da poli di potere assolutisti e violenti.
Proprio per questa idea di mondo socialista, pacifico e non maschilista, Isis ha attaccato Kobane con estrema rabbia: nei quartieri in cui non riusciva ad entrare attaccava con le armi pesanti,con la volontà di abbattere gli edifici e renderli inabitabili.
Noi, come Occidente, abbiamo una doppia responsabilità per quanto successo: prima di tutto per i nostri interessi abbiamo sostenuto,nella storia, diversi potentati locali,portando nell’area armi e facendo nascere immensi interessi legati alla gestione delle risorse, ma soprattutto, non stiamo facendo niente né per il riconoscimento del Rojava né premendo sulla Turchia per aprire maggiormente le frontiere.
La ricostruzione di Kobane è molto problematica: il Rojava formalmente è in Siria,quindi eventuali aiuti ufficiali dovrebbero passare per Damasco, nelle mani di Assad,che al momento non riconosce l’autonomia dell’area curda. Il Rojava confina con Turchia a nord e Stato Islamico a sud, dunque la sua porta con il mondo è la Turchia,che tuttavia non facilita il passaggio alle frontiere sia ai rinforzi curdi, che ai civili, che agli aiuti umanitari.Questo atteggiamento ben si comprende se inquadrato nel contesto più ampio della questione curda, problema interno turco molto rilevante in quanto da 40 anni il popolo curdo rivendica la sua identità, anche tramite la lotta armata. 
QUI puoi leggere il nostro reportage di quella giornata sul confine turco siriano.
QUI puoi guardare alcune delle nostre fotografie fatte sul confine turco siriano e nei campi profughi di Suruc, in cui sono ospitati i civili scappati da Kobane.
L’APPELLO
L’appello dei curdi alla società civile occidentale è di mandare fondi per la ricostruzione di Kobane, attualmente la priorità in Rojava.
In particolare, è partito un progetto per l’adattamento di un edificio a presidio ospedaliero. Prima di tutto chirurgia per curare i traumi dei partigiani feriti (attualmente si dovrebbero curare in Turchia ma se provassero ad entrare sarebbero subito arrestati), successivamente altri reparti per curare le patologie comuni. Il progetto è avviato, servono solo i macchinari.
Purtroppo è sconsigliato l’invio di macchinari tramite le Asl perchè sarebbero bloccati in Turchia magari per anni.È dunque preferibile avere i fondi necessari in modo da potersi procurare autonomamente i macchinari per canali garantiti.
L’OBIETTIVO
Ci siamo informati con l’Ufficio Informazione Kurdistan Italia per capire quale potesse essere un obbiettivo concreto,ci è stato risposto che una mancanza importante è quella di energia elettrica. Isis nel tentativo di rendere inabitabile la città ha distrutto i servizi, dalle fogne alla rete elettrica. Il nostro obiettivo, con questi 3000 euro sarà quindi l’acquisto di un generatore.
COME VIENE GESTITA LA RACCOLTA FONDI
Tutti i movimenti votati alla solidarietà internazionale hanno identificato la Mezzaluna Rossa di Livorno come ente su cui far convogliare tutti gli aiuti economici.
La Mezzaluna Rossa Kurdistan ONLUS è un’associazione internazionale, presente da anni in Germania, nata da poco in Italia e gestita da curdi; sarà dunque sul loro conto corrente che verranno versati tutti fondi raccolti nelle campagne locali. Mezzaluna Rossa invierà il denaro alle municipalità dell’autonomia curda che lo convoglieranno all’Associazione Kobane, ente coordinatore della ricostruzione.
La Mezzaluna Rossa per trasparenza pubblicherà ogni mese l’elenco dei bonifici ricevuti, indicandone la fonte.
Collettivo The Road to Kobane

mercoledì 22 aprile 2015

Risoluzione del Comune di Piacenza per Ocalan e per il Rojava

Consiglio Comunale di Piacenza
Risoluzione:
Premesso che:
La guerra civile Siriana vede al suo interno diverse forze militari;
A tre anni dall’inizio della stessa il popolo Curdo ha definito una propria autonomia nel nord della Siria (Rojava);
Le milizie dell’ISIS hanno attaccato duramente il Rojava venendo però sconfitte dalla Resistenza Curda organizzata dalle milizie legate al PKK;
Considerato che:
La vittoria delle milizie legate al PKK a Kobane ha rappresentato un argine importante all’avanzata dell’ISIS;
L’autonomia del Rojava rappresenta un modello di autogoverno comunitario e parità di genere, fattore di grande importanza in un’area devastata dalla guerra e in cui i diritti di genere sono spesso calpestati;
Tutte le formazioni politiche italiane si sono dichiarate, pur con motivazioni diverse, nemiche di ISIS;
Il Consiglio Comunale invita il Sindaco e la Giunta:
Ad esprimere solidarietà alla Resistenza organizzata dalle emanazioni del PKK;
A chiedere al Governo italiano di riconoscere l’autonomia del Rojava e a promuoverne il riconoscimento in seno alle istituzioni europee;
A sollecitare presso il Ministero degli Esteri, la Presidenza della Repubblica e la Presidenza del Consiglio una presa di posizione in favore della liberazione del leader curdo Oca lan.
Carlo Pallavicini
Protocollata il 9/2/2015
Approvata all’unanimità il 20/4/2015

lunedì 13 aprile 2015

Le ragioni di una scelta partigiana

 Da Senigallia a Kobane
“Gli stolti chiamavano pace il semplice allontanarsi del fronte”.
(Non c’è nessun dopoguerra – Wu Ming, Yo Yo Mundi)
Una giornata di primavera. Un cielo limpido. Un respiro trattenuto tra Istanbul e Bologna. Un aeroporto. Il volto di Karim che appare tra la folla. Gli abbracci.
Sono passati tre mesi. In Rojava. A Kobane. Volontario nelle file delle Forze di Difesa del Popolo (YPG). A combattere Isis.
Tre mesi a difesa di un progetto politico laico, femminista, comunitarista ed ecologista chiamato “confederalismo democratico” o “democrazia senza stato”. La vita in ballo. Ancora una volta, socialismo o barbarie.
Tre mesi in guerra.
Guerra, qualcosa di estraneo a noi occidentali nati e vissuti da decenni in questa pace.
Guerra, una parola che abbiamo imparato a pronunciare con pudore.
Guerra, quello spazio che lambisce i confini d’Europa a sud, come a est. A sole poche ore di volo dalla “nostra” pace.
Karim ha attraversato questi spazi, quello d’occidente e d’oriente, quello della pace e della guerra. Così lontani, così vicini, così intersecati. Ed è tornato. Vivo.
Ora è il tempo del racconto. Condividere un’esperienza straordinaria, nel senso etimologico del termine, fuori dall’ordinario. Un racconto pubblico, che vuole divenire comune, perché ogni scelta partigiana è una scelta politica.
Ancora una volta, vogliamo che le prime parole siano le sue.

domenica 12 aprile 2015

Appello per le donne vittime di ISIS

30 marzo 2015 
Pubblichiamo un comunicato diffuso dall’illustratrice femminista Anarkikka,che ha partecipato al viaggio in Kurdistan di una delegazione di giuriste, intervenute per documentare le violazioni dei diritti umani delle donne nel contesto del conflitto con l’Isis. “Serve con urgenza una maggiore attenzione alle esigenze specifiche di donne e bambine sopravvissute al conflitto con Isis.Tutti i campi dovrebbero ricevere dei fondi per garantire assistenza primaria a donne e bambini, non solo quelli dove ci sono presidi internazionali”. 
Questa la priorità identificata dalla delegazione internazionale di donne giuriste – accompagnate da una psichiatra, una video-maker, una giornalista e una farmacista – che ha visitato per una settimana i centri che accolgono le popolazioni sfuggite all’Isis in Turchia, Kurdistan iracheno e Rojava. 
La delegazione è stata organizzata da Iadl (Associazione Internazionale avvocati democratici), in collaborazione con Aed-Edl (European Democratic Lawyers) e Eldh(European Association of Lawyers for Democracy and World Human Rights) al fine di verificare e documentare le violazioni dei diritti umani delle donne nel contesto del conflitto con Isis. Hanno preso parte alla delegazione attiviste ed esperte in diritti umani che fanno parte di diverse organizzazioni. 
Le delegate nel corso della visita hanno incontrato donne esponenti delle associazioni, delle istituzioni, vittime e testimoni dirette della violenza. La delegazione ha visitato nel Kurdistan iracheno, in Rojava eTurchia campi governativi e non governativi dove sono accolte donne provenienti dalle aree di Shengal e Kobane. Gli Stati hanno l’obbligo di garantire una uguale distribuzione dei fondi e degli aiuti internazionali, per assicurare il soddisfacimento delle condizioni di vita elementari delle persone accolte in tutti i campi, e di provvedere a garantire un numero adeguato di personale e servizi di supporto specifici per le esigenze femminili. 
E’ stato notato favorevolmente che là dove esistono luoghi di ascolto e di rappresentanza femminileall’interno dei campi, le donne hanno espresso una maggiore positività, nonostante le comuni difficoltà materiali. Le testimonianze raccolte hanno confermato la brutalità dei crimini commessi da Isis: il femminicidio, nelle forme già rese note dai media internazionali, fa parte integrante delle tattiche di annientamento delle popolazioni colpite. 
Gli esiti della ricerca saranno presentati in un rapporto che verrà presentato alle Nazioni Unite nel corso della 29ma sessione del Consiglio dei Diritti Umani di giugno a Ginevra, insieme ad una esposizione del lavoro grafico illustrato di Stefania Spanò (in arte Anarkikka), che ha preso parte alla delegazione.