La piattaforma "Giustizia per Roboski" (http://roboskiicinadalet.wordpress.com/english/) ha
pubblicato le storie di 34 persone, abitanti dei villaggi di Roboski e Gülyazı (Kurdistan settentrionale), assassinate dalle
bombe dell´esercito turco il 28 Dicembre 2011. Le storie sono state scritte in
base ad informazioni reali, ottenute dai parenti e conoscenti delle vittime, ed
inviate al Presidente, al Primo Ministro, al Ministro della Giustizia ed a
quello degli Affari Interni in Turchia.
A distanza di un anno, lo stato turco non ha portato ancora nessuno dei colpevoli in tribunale e le famiglie delle vittime continuano ad essere maltrattate per aver scelto di non rimanere in silenzio.
A partire da oggi, con preghiera di massima diffusione, pubblicheremo ogni giorno la traduzione di una storia per non dimenticare nessuna delle vittime di questo genocidio.
A distanza di un anno, lo stato turco non ha portato ancora nessuno dei colpevoli in tribunale e le famiglie delle vittime continuano ad essere maltrattate per aver scelto di non rimanere in silenzio.
A partire da oggi, con preghiera di massima diffusione, pubblicheremo ogni giorno la traduzione di una storia per non dimenticare nessuna delle vittime di questo genocidio.
Il mio nome é Bilal Encü.
Ero una delle 34 persone in quella notte nera come la pece.
Stringendo le redini dei nostri asini, con tanti sogni in mente, stavamo camminando dritti verso il cuore dell´oscurità.
Non sono una statistica, sono un “essere umano”! E ho anche una storia
Il mio nome é Bilal Encü;
ero il maggiore di sette fratelli, il tesoro dei miei genitori e la speranza della famiglia
ero l´occhio di un padre cieco. Mio padre non aveva bisogno di un bastone per camminare perché io ero vicino a lui
Adoravo leggere ma non mi piaceva molto la scuola. L´unica ragione per cui ci andavo era la speranza di diventare medico e di trovare una luce per gli occhi ciechi di mio padre
Farsi piacere il calcio é una necessità nel villaggio di Roboski, dove non c´è nessun altro sport che puoi praticare. Giocavamo nella stessa squadra del mio amico Celal. La nostra unità nel gioco portava sempre ad una vittoria…
Adoravo anche annaffiare gli arbusti che avevo piantato nel giardino di casa nostra…Non avevano bisogno di acqua fin quando non arrivavo io. Un vento rinfrescante mi colpiva la faccia quando mi sorprendeva con loro…
Raccontavo loro dei miei sogni, della mia angoscia per la cecità di mio padre, dei miei progetti di lasciare Roboski ed iniziare l´università in un altro posto, delle mie intenzioni di diventare medico e così via…
Ero una delle 34 persone in quella notte nera come la pece.
Stringendo le redini dei nostri asini, con tanti sogni in mente, stavamo camminando dritti verso il cuore dell´oscurità.
Adem e Hamza ci stavano andando per il denaro di cui avevano bisogno per il matrimonio dei loro figli, Hüsnü per il cibo per suo figlio che sarebbe nato otto anni dopo il suo matrimonio e io per la speranza di essere la luce per gli occhi ciechi di mio padre…
Nel percorso, trasportavo gli stenti in una delle bisacce del mio asino, e la speranza nell´altra. Il fardello era veramente pesante… Il mio ritorno a casa veniva atteso ogni volta dai miei genitori con grande preoccupazione; mio padre pregava per me e mia madre aspettava di fronte alla finestra, il suo viso appoggiato al vetro finché ritornavo…
Non sono tornato quella notte! Ho sentito una voce lacerare la notte! I miei occhi erano inchiodati al cielo! Ho visto le lacrime di una madre scorrere giù di fronte alla finestra, un padre che ha corso per miglia, e bassi arbusti…
Né io né la mia speranza esistiamo adesso!
Adem, Hamza, Hüsnü non esistono adesso; tutti sono stati ridotti a pezzi quella notte, insieme ai loro sogni; bombe amare sono state fatte cadere su Roboski…
Io sono Bilal Encü, ho 16 anni. Sono la speranza di una famiglia, la triste fine di una vita difficile…
Non mi hanno lasciato dire ‘Se solo non fossi morto tra poco’, questo dovrebbe essere scritto sulla mia lapide…
Nonostante il rischio di infastidirvi, ho molto da dire;
Chiedo giustizia,
se le bombe che mi hanno ucciso, non hanno ucciso la giustizia a loro volta…
Non hanno tutti diritto ad avere giustizia?
o,
Dovrei chiedere scusa allo stato per aver sprecato quelle grosse e costose bombe per uccidermi,
Dovrei ringraziare lo Stato Maggiore per non aver mancato il bersaglio e per avermi ucciso!?
Ero una delle 34 persone in quella notte nera come la pece.
Stringendo le redini dei nostri asini, con tanti sogni in mente, stavamo camminando dritti verso il cuore dell´oscurità.
Non sono una statistica, sono un “essere umano”! E ho anche una storia
Il mio nome é Bilal Encü;
ero il maggiore di sette fratelli, il tesoro dei miei genitori e la speranza della famiglia
ero l´occhio di un padre cieco. Mio padre non aveva bisogno di un bastone per camminare perché io ero vicino a lui
Adoravo leggere ma non mi piaceva molto la scuola. L´unica ragione per cui ci andavo era la speranza di diventare medico e di trovare una luce per gli occhi ciechi di mio padre
Farsi piacere il calcio é una necessità nel villaggio di Roboski, dove non c´è nessun altro sport che puoi praticare. Giocavamo nella stessa squadra del mio amico Celal. La nostra unità nel gioco portava sempre ad una vittoria…
Adoravo anche annaffiare gli arbusti che avevo piantato nel giardino di casa nostra…Non avevano bisogno di acqua fin quando non arrivavo io. Un vento rinfrescante mi colpiva la faccia quando mi sorprendeva con loro…
Raccontavo loro dei miei sogni, della mia angoscia per la cecità di mio padre, dei miei progetti di lasciare Roboski ed iniziare l´università in un altro posto, delle mie intenzioni di diventare medico e così via…
Ero una delle 34 persone in quella notte nera come la pece.
Stringendo le redini dei nostri asini, con tanti sogni in mente, stavamo camminando dritti verso il cuore dell´oscurità.
Adem e Hamza ci stavano andando per il denaro di cui avevano bisogno per il matrimonio dei loro figli, Hüsnü per il cibo per suo figlio che sarebbe nato otto anni dopo il suo matrimonio e io per la speranza di essere la luce per gli occhi ciechi di mio padre…
Nel percorso, trasportavo gli stenti in una delle bisacce del mio asino, e la speranza nell´altra. Il fardello era veramente pesante… Il mio ritorno a casa veniva atteso ogni volta dai miei genitori con grande preoccupazione; mio padre pregava per me e mia madre aspettava di fronte alla finestra, il suo viso appoggiato al vetro finché ritornavo…
Non sono tornato quella notte! Ho sentito una voce lacerare la notte! I miei occhi erano inchiodati al cielo! Ho visto le lacrime di una madre scorrere giù di fronte alla finestra, un padre che ha corso per miglia, e bassi arbusti…
Né io né la mia speranza esistiamo adesso!
Adem, Hamza, Hüsnü non esistono adesso; tutti sono stati ridotti a pezzi quella notte, insieme ai loro sogni; bombe amare sono state fatte cadere su Roboski…
Io sono Bilal Encü, ho 16 anni. Sono la speranza di una famiglia, la triste fine di una vita difficile…
Non mi hanno lasciato dire ‘Se solo non fossi morto tra poco’, questo dovrebbe essere scritto sulla mia lapide…
Nonostante il rischio di infastidirvi, ho molto da dire;
Chiedo giustizia,
se le bombe che mi hanno ucciso, non hanno ucciso la giustizia a loro volta…
Non hanno tutti diritto ad avere giustizia?
o,
Dovrei chiedere scusa allo stato per aver sprecato quelle grosse e costose bombe per uccidermi,
Dovrei ringraziare lo Stato Maggiore per non aver mancato il bersaglio e per avermi ucciso!?
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