venerdì 1 aprile 2011

Lettera aperta al popolo kurdo della Mesopotamia

Per la quinta volta, quest’anno, sono venuto a festeggiare il Newroz insieme a voi.
Ho in me il ricordo di fantastici incontri con la vostra umanità: a Shirnak, a Urfa, a Batman.
Porto un ricordo di questi luoghi come di qualcosa di incantato, un tuffo in posti antichi, carichi di storia di un passato che è stato culla della civiltà occidentale, e quindi radice anche del mio passato.
Ho trovato presso di voi quel senso di accoglienza che l’occidente, tecnologicamente avanzato, proiettato verso un progresso sempre più straordinario (che si illude di essere infinito), ha irrimediabilmente perso.
Mentre quest’anno ero con voi, in Europa (e quindi anche in Italia) si consumava (e si consuma tuttora) il più colossale crimine contro la solidarietà e l’accoglienza di quella parte di umanità che il progresso occidentale vuole emarginare e conservare come sacche di miseria per lo sfruttamento della loro manodopera e delle loro risorse naturali.
Sono venuto senza portare nulla con me, e mi avete accolto, grati per la solidarietà personale che vi ho portato, dandomi il calore della vostra accoglienza.
Non ho nulla da insegnarvi, molto ho imparato da voi.
E le pur brevi esperienze di vita in Kurdistan mi hanno insegnato molto: sono ritornato con più saggezza nei confronti della vita e più senso critico nei confronti delle illusioni che l’occidente offre.
Il popolo Kurdo è un popolo che soffre, da anni, che ricerca insistentemente il riconoscimento della dignità che è dovuta ad ogni popolo, ad ogni uomo.
Non esistono diritti dei Kurdi: esistono i diritti di ogni uomo sulla terra, diritto ad essere rispettato, diritto ad esprimersi secondo le proprie usanze, diritto ad essere orgogliosi delle proprie radici, diritto di vedere crescere i propri figli in un clima di serenità e giustizia, secondo le proprie abitudini e credenze derivate dai propri padri.
Diritto ad immaginare e progettare il proprio futuro.
Quest’anno ad Hakkary e Yusekova, ho partecipato al vostro Newroz: perché si tratta di un unico Newroz, celebrato e festeggiato in più luoghi, ma unico come unico è lo spirito del popolo kurdo, dovunque si trovi ad abitare, come unico è il fuoco che accendete in ogni Newroz.
Quest’anno ho visto il fuoco del Newroz, ma anche il fuoco della rabbia dei giovani: so che spesso l’esplosione della rabbia serve a chi opprime per ribaltare le situazioni.
Chi difende il proprio diritto all’esistenza diventa terrorista, chi opprime i popoli diventa il difensore della civiltà.
Ma io non posso non dichiarare tutto il mio amore, la mia solidarietà, la mia stima per quei giovani arrabbiati, perché sono oppressi, perché è tolto loro il diritto di sognare, perché è negato loro la gioventù, il futuro.
In quei fuochi sulle strade non ho più visto solamente i giovani kurdi ma i giovani di tutto il mondo, i giovani allontanati dalla vita a causa dell’egoismo di animi vecchi e decrepiti che sperano, col potere e coi soldi, di allungare anche di un solo giorno la loro miserevole vita.
Negli occhi dei giovani (appena visibili, nei loro visi mascherati) ho letto la fierezza di chi difende la propria terra e la propria cultura , di chi chiede pace e solidarietà per tutti.
So che pagheranno cara l’espressione della loro rabbia (come i giovani palestinesi) e questo mi rattrista e mi fa sentire debitore nei loro confronti: stanno combattendo anche per me.
Per le strade di Hakkari e Yusekova ho respirato, di nuovo, l’acre odore dei gas lacrimogeni e sperimentato la violenza degli idranti della polizia asservita al potere.
Ma ho visto che la voglia del riscatto, dell’indignazione che diventa rabbia e scoppia, esiste ancora, come in Palestina, in Egitto, in Tunisia, come in tutto il mondo abitato dai giovani.
Ho girato per le strade dei vostri paesi e città, sono stato nelle vostre piazze, sono stato spesso invitato a bere il çay con voi.
Mi sono seduto sui gradini a parlare e scherzare coi vostri giovani.
Ho visto i vostri bambini: sono splendidi, conservo nella mente la vista di giovani padri e madri che alzano al cielo i loro cuccioli, con amore e orgoglio.
Avete dei bambini splendidi: è per loro che combattete: non potrete non vincere!
Potrò mai dimenticare il Popolo kurdo?
Alberto Marzucchi, uomo se insieme agli uomini
Parma, 30 Marzo 2011

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