21 Marzo 2013
Un Newroz storico
Come prima impressione, vorremmo rimarcare l'ottima gestione del BDP (Partito della
democrazia e della pace, filo kurdo) dell'evento cui hanno partecipato più di un milione
di persone.
Siamo stati accompagnati all'enorme spianata dove si svolge il Newroz con un autobus
dell'organizzazione, ci sono stati consegnati i pass nominali pre-compilati ed abbiamo
potuto accedere alla tribuna degli ospiti e delle autorità, insieme ad altre delegazioni
internazionali.
Il servizio di traduzione simultanea ci ha permesso di seguire i vari
interventi che si sono succeduti in alternanza a musica dal vivo. L'apice è giunto alla
lettura del messaggio del presidente Ocalan da parte di due parlamentari del BDP (Sirri
Suheya, Pelin Buldan) prima in kurdo e poi in turco. In una piazza silenziosa e attenta
abbiamo seguito il momento storico con grande emozione.
Dopo i saluti e auguri iniziali, il Presidente ha dettato le parole chiave di quello che
può essere l'inizio di un cambiamento epocale: "Abbiamo pagato prezzi pesanti ma ora è il
momento di lasciare le armi e di alzare la dialettica. Non si tratta di abbandonare la
lotta, è una nuova lotta. E' un nuovo modello, sistema, un nuovo ordine, una nuova lotta
fatta di opinioni, ideologia, esperienza democratica".
Il messaggio di pace che viene offerto è: ritiro dei guerriglieri fuori dai confini
turchi, nel kurdistan iracheno e completo abbandono della lotta armata.
Come è stato sottolineato da diversi deputati, questa offerta di pace non può avere corso
se non ci saranno reali contropartite da parte del governo Turco in maniera chiara,
importante, responsabile.
Il capo militare del PKK Karaylan ha già confermato che sarà recepito l'invito del
Presidente di ritirarsi, in attesa di indicazioni che si spera nasceranno da questo nuovo
processo di pace.
Solo i prossimi mesi ci faranno capire la volontà turca di ottenere un pace duratura e
definitiva, coerentemente alla richiesta principale espressa dallo slogan di questo Newroz
2013: "Ocalan libero, status per i kurdi".
Il giorno precedente al Newroz abbiamo visitato la sede di Urfa dell'associazione ISAN
HAKLANI DERNEGI, che lavora nell'ambito della difesa dei diritti umani dal 1986. Il
presidente dell'IHD di Urfa (7 mesi di carcere sulle spalle) ci ha illustrato la
situazione generale rispetto alle violazioni dei diritti umani e sulla situazione
carceraria in Turchia e nella zona di Urfa.
Negli ultimi 3 anni sono 100.000 le persone
inquisite in Turchia per sospetta vicinanza al PKK (processo KCK), 10.000 di queste sono
ancora in carcere. Dal 1994 sono 7.500 gli scomparsi di cui 300 ad Urfa. Numerose fosse
comuni sono state trovate anche in questa zona ma l'identificazione viene eseguita dalle
autorità che ostacolano l'accertamento dell'identità.
Attualmente ci sono 250 persone di Urfa in prigione di cui 50 donne.
L'anno scorso 30 detenuti si son dati fuoco per protesta nel carcere di Urfa e sono morti
in quanto non vi è stato alcun intervento da parte dei secondini che son rimasti a
guardare.
In generale le proteste collettive non hanno sortito alcun effetto.
Le carceri sono sovraffollate: in celle che possono ospitare dalle 4 alle 6 persone
vengono stipati fino a 20 detenuti. Un ulteriore problema è l'accesso alle cure mediche
che vengono erogate in maniera tardiva ed inadeguata, anche in casi di estrema urgenza.
Il presidente dell'IHD ci ha inoltre spiegato che il governo esercita il suo controllo
anche sull'università, favorendo gli studenti che fanno attività politica gradita, e
ostacolando in diversi modi coloro che esprimono dissenso. Giungono a fare pressioni alle
famiglie con figli attivisti: telefonano persino a casa delle famiglie.
Un altro problema nella zona è la questione femminile: in un contesto fortemente
patriarcale sono ancora molti i delitti d'onore tollerati e frequenti i matrimoni
combinati anche con minorenni.
Nella zona la disoccupazione inoltre raggiunge il 40%.
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