Le visite della delegazione italiana si sono spostate verso Est nella provincia di BATMAN a 90 km ad Est di Diyarbakyr.
Chiamateli EZIDI, non YEZIDI !
Dopo un violento acquazzone arriviamo al Campo “Ugurku Village” di 
Besiri a nord di Batman, dove l’amministratore del campo ci accoglie 
nella tenda all’ingresso, presto affollata di ragazzi incuriositi.
E’ la seconda volta che visitiamo un campo di rifugiati EZIDI, dopo quello alle porte di Diyarbakyr.
Il campo ospita una comunità circa 1000 persone giunte qui a metà 
settembre, dopo un lungo viaggio che li ha portati da Shengal (e solo in
 parte da Mosul), passando la frontiera tra Iraq e Turchia il 26 Agosto 
2014 presso Robosky. Hanno scelto Besiri perché nella zona sono già 
presenti 3 villaggi fondati dopo precedenti esodi che caratterizzano la 
storia di questo popolo perseguitato da centinaia di anni. 
Paradossalmente qui si sono sentiti subito accolti dalla comunità 
locale. Una persona del luogo di stesse origini, ha messo a disposizione
 il terreno su cui sorge la distesa di tende.
La Municipalità di Batman e i “compagni”, come li chiama, hanno poi 
fatto trovare loro tutto già predisposto: le tende, i servizi igienici, 
l’ambulatorio, la scuola, le cucine per ogni tenda, che permette loro 
una certa autonomia. Anche qui, come nell’altro campo di Diarbakir, 
vengono visitati settimanalmente da medici volontari e solo per le 
emergenze ricorrono all’ospedale. La discriminazione nei loro confronti è
 tale che molti medici turchi si rifiutano di visitarli o dar loro 
medicine. Il supporto sanitario quindi, nei casi più gravi passa per la 
rete di solidarietà organizzata dalla municipalità che da loro anche un 
certo sostegno economico. Denunciano che il Turco invia fondi solo per i
 profughi siriani e mentre le organizzazioni internazionali si sono 
attivate per aprire corridoi umanitari per mettere in salvo i cristiani,
 per loro si profilano lunghe attese. Anche nella condizione di 
rifugiati sono considerati di “secondo grado”.
Alcuni di loro sono riusciti ad ottenere agli uffici di Ankara, e a 
proprie spese, il tesserino di “extra comunitario”, che non ha nessun 
valore giuridico, permette loro di essere almeno riconosciuti in caso di
 fermo. Per il resto viene confermata la storia raccontataci nel Campo 
“Shengal” : Per ottenere lo status di rifugiato, le prefettura fissano 
appuntamenti a 3/7 anni. Nonostante la condizione di clandestinità e 
grazie alla solidarietà delle organizzazioni Kurde ( “del Partito”) si 
sentono paradossalmente a casa propria. Nessuno di loro tornerebbe a 
Shengal. “Impossibile vivere in una terra di arabi musulmani che hanno 
compiuto tante atrocità”. E’ qui che ritornano i racconti delle atrocità
 vissute nei secoli passati fino al regime di Saddam Hussein. All’epoca 
nessuno di loro, pur in possesso di un titolo di studio, poteva accedere
 ad alcuna carica amministrativa, politica, pur essendo ben 800.000 
persone. Le proprie comunità erano abbandonate senza servizi ed 
assistenza e molte persone sono morte ben prima dell’attacco finale 
dell’ISIS.
Ci confermano che i primi attacchi avvennero dagli abitanti sunniti 
dei villaggi vicini a SHENGAL, che si sono uniti ai “barbari” al loro 
arrivo. Gli americani lasciarono al zona 5 anni prima, lasciandola in 
mano a gruppi che appartenevano alla forza militare sunnita di Saddam 
Hussein. Molti ufficiali del vecchio esercito iracheno sono infatti 
confluiti nelle file di Isis e la sola differenza fra prima e dopo è che
 ora le torture e le uccisioni e vengono divulgate in tv.
Nella zona di Shengal c’erano invece i Peshmerga, esercito federale 
curdo che, nonostante un buon armamento pesante ha abbandonato il  
territorio, lasciandoli di fatto soli. Anche prima della offensiva ISIS 
l’unico supporto proveniva dalla popolazione kurda, non certo dal 
Governo Regionale di Barzani. L’arrivo dell’ISIS li fa piombare nel 
dramma e fa iniziare la loro fuga verso le montagne. Ci parlano di 
almeno 1.500 bambini sono caduti in mano all’Isis che li addestra a 
diventare assassini, Donne stuprate a decine ogni giorno e vendute al 
mercato per 100 dollari, seguendo un’antichissima tradizione araba. In 
tutto sono scomparse oltre 7.000 persone delle quali nonostante siamo 
nell’epoca della alta tecnologia non si sa più nulla. Ci racconta anche 
di un incredibile episodio in cui alle donne, separate dai loro figli 
per giorni, sono stati dati da mangiare i loro bambini. Sembra una 
storia ai limiti dell’impossibile.
E’ stato solo l’aiuto delle forze combattenti KURDE del PKK e del 
ROJAVA (YPG-YPJ) che molti di loro sono stati tratti in salvo. 
L’intervento militare (mentre la comunità internazionale guardava basita
 n.d.r.) ha permesso l’apertura di un corridoio umanitario che ha 
salvato la vita ad almeno 200.000 persone.  Mentre si preparano a vivere
 una estate sotto il sole cocente nelle tende del campo, cominciano a 
rivendicare una terra per il loro futuro. E’ l’unica richiesta forte che
 ci fanno: aprire dei corridoi umanitari per permettere loro di trovare 
una terra, ovunque sia, dove possano vivere in pace, con la loro 
cultura, la loro religione e la loro identità, quella degli Ezidi, e non
 Yezidi, che è il  termine dispregiativo con cui venivano indicati dagli
 iracheni che li accostavano agli YEZIZI, gli assassini del nipote di 
Maometto…un torto alla loro religione basata sulla non violenza e sul 
rispetto degli altri.
INCONTRO ALLA DIGA DI HASANKAYEF CHE CANCELLERA’ 12.000 ANNI DI STORIA
La resistenza del popolo curdo non si ferma solo all’affermazione dei
 propri diritti e alla realizzazione  di quel progetto lanciato dal 
leader Ocalan di Confederalismo Democratico che garantirebbe a tutti 
pari dignità, ma riguarda anche la salvaguardia dell’ecosistema e 
dell’ambiente dalle politiche neoliberiste.
Per questo abbiamo incontrato gli attivisti dei partiti HDP e BDP che
 si battono contro la costruzione della diga di Hasankayef, nella 
provincia di Batman, a circa 90 km dalla città di Diyarbakir.
Il Movimento è composto da contadini e da tutti gli abitanti che non 
vogliono essere deportati in un’altra zona del territorio di Hasankayef 
dove saranno costretti a pagare profumatamente le nuove case costruite.
Hasankayef è una città che si trova sul fiume Tigri con una storia di
 oltre 12.000 anni che dovrebbe essere parte del patrimonio dell’UNESCO 
(visto che soddisfa i 10 criteri stabiliti) e che con la costruzione 
della diga sarebbe completamente sommersa, cancellando la sua storia e 
la sua natura.
Ma la diga, che serve per alimentare le centrali idroelettriche, 
sommergerà non solo Hasankayef ma anche altri 170 villaggi, stravolgendo
 la vita di oltre 170.000 persone. Il progetto è ormai in fase di 
completamento (siamo all’85%) , si trova a 77 km dalle rovine 
dell’antica città eavrà un bacino enorme  di oltre 400 km2.
Il primo progetto venne inizialmente sostenuto da banche svizzere, 
austriache, tedesche che a seguito di una forte campagna internazionale 
furono costrette a ritirare i loro finanziamenti. Oggi è in mano a 
Banche Turche ( ma c’è anche l’interessamento di Unicredit) ha un costo 
di 20 miliardi di dollari e l”esecuzione dei lavori è stata affidata ad 
aziende turche .
La Turchia ha in progetto di realizzare 1500 centrali idroelettriche;
 questi progetti faraonici servono al governo turco per garantirsi in 
futuro una risorsa fondamentale come l’acqua e costruire la sua egemonia
 sul tutto il Medioriente. Da tempo il movimento contro la diga propone 
al governo turco di puntare sulle energie rinnovabili abbandonando per 
sempre questi grandi opere che devastano territori ricchi di storia.
“Qui in Mesopotamia nacque la civiltà è per questo che tutto il mondo si dovrebbe opporre a tale progetto”.
ASCOLTA LA CORRISPONDENZA A RADIO ONDA ROSSA
http://www.ondarossa.info/newsredazione/alla-vigilia-del-newroz
BATMAN –  INCONTRO CON ASSOCIAZIONE delle FAMIGLIE  DEI MARTIRI
Incontriamo Sukru Baytar, co-presidente della sede di Batman, aperta 
nel 2007, che conta circa 20 volontari. La sede centrale 
dell’associazione, diffusa in tutto il paese, si trova a Amet 
(Diyarbakir).
L’associazione segue le famiglie di circa 1.200 “martiri”, intendendo
 tutti coloro che sono morti sostenendo la lotta de popolo curdo. Quindi
 militanti del PKK ma anche del MLKP – il partito marxista leninista 
della Turchia che si è unito alla lotta dei curdi -; combattenti delle 
YPG, YPJ, YJstar (Unità di difesa delle donne)
L’associazione si occupa prevalentemente del sostegno psicologico, 
supporto nella gestione delle relazioni, aiutando nella ricerca di un 
impiego, mentre per il supporto economico c’è l’impegno delle 
municipalità
Non si fidano del processo di pace in corso né del Governo turco del 
rest quest’ultimo pur non esercitando violenze direttamente su di loro è
 sempre stato ostile alle associazioni curde, cercando di screditarle 
agli occhi della popolazione, impedendo il regolare svolgimento delle 
loro attività (ad esempio ostacolando il normale svolgimento dei cortei 
funebri cercando in ogni modo di farle chiudere.
E’ per tale motivo che cercano di stare vicini alle famiglie, spesso 
strette nella morsa della povertà, per tenerle aggiornate e collegate a 
tutto il movimento.
Riguardo alle persone scomparse, sono in collegamento con le Madri 
della pace, anche se hanno ruoli diversi. Dei 1200 martiri, circa 200 
sono persone scomparse nella zona di Batman, in città e nei villaggi 
vicino, anche se il numero esatto non si conosce. Tuttora nella zona, in
 particolare nei cantoni di Sason, Haskif, Kozlig e Kercewse, si stanno 
continuando a trovare fosse comuni con decine di corpi, che non vengono 
denunciate al Governo per timore che questo “archivi il caso” 
indicandoli come resti di animali. Ma intanto si stanno attrezzando ad 
effettuare test del DNA, per costruire una vera e propria banca-dati che
 permetterà in futuro di dare riconoscimento a questi crimini, che si 
stanno perpetuando dagli anni 80 e sono proseguiti orientativamente fino
 ai primi anni del 2000.
La delegazione Italiana a Diyarbakir/Amed