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giovedì 24 marzo 2016

Report finale

"Da una parte c’è la guerra, dall’altra una nuova concezione della vita e del mondo comincia", con queste parole con cui abbiamo iniziato i nostri report dal Kurdistan, concludiamo .Siamo tornati portando nel cuore e negli occhi  tante immagini, ricordi, sensazioni contrastanti: da una parte la grande forza e resistenza dei kurdi e delle kurde , il popolo più bello del mondo senza una patria, dall'altra la violenza e la repressione di uno stato che di democratico non ha proprio nulla.
La guerra, perchè di guerra si tratta: nella città vecchia di Amed, Sur, ad ogni 20/30 metri c'è un check-point con sacchi di sabbia,  teli blu di plastica per impedire la vista della  "bonifica" da parte dei militari nelle zone dove più si è consumata la violenza, in modo che nulla di ciò che è successo possa essere usato contro di loro; di sera poi, anche se il coprifuoco è virtualmente terminato a Sur, patrimonio dell'umanità, ci sono solo militari armati di tutto punto, blindati, carrarmati, come nel Cile di Pinochet o nell'Argentina di Videla. Per non parlare di Cizre, dove è impossibile andare per lo stesso motivo: i militari stanno "bonificando". In quale nazione, che si definisce democratica, un deputato, co-presidente di un partito al governo, mi riferisco a Demirtas, accompagnato da 60 osservatori internazionali, provenienti da ogni parte d'Europa, sarebbe costretto a tornare a casa  dai militari della sua stessa nazione? ma di esempi ne potremmo fare tanti altri..
Dall'altra parte un nuovo mondo comincia: il Congresso delle Donne Libere, l'Associazione Rojava, l'HDP,  le Madri della Pace, il DTK , per fare solo qualche esempio ,ci insegnano che si può, anzi si deve vincere resistendo, e loro lo fanno a costo della vita, della prigione, della tortura, della distruzione delle loro case e delle loro città.
Ultima brevissima considerazione: i ragazzi e le ragazze dell'HDP, che ci hanno accompagnato sempre, i nostri angeli custodi, sempre attenti a noi, sempre col sorriso, ma con una forza e determinazione straordinari , loro sono il futuro e da loro abbiamo molto da imparare.
Per parlare e confrontarci su tutto questo e raccontarvi del patto d'amicizia tra Fidenza e Silvan  vi invitiamo sabato 2 aprile all'Ex Macello di Fidenza, alle 21
Col Kurdistan nel cuore
Marco e Nelly

domenica 20 marzo 2016

Report da Batman

Oggi siamo stati a Batman, 90 km da Diyarbakir, per partecipare ad un Newroz non autorizzato dal governo.
Appena arrivati siamo stati divisi in due gruppi. Uno si è recato nella piazza del Newroz, l'altro ad attendere l'arrivo di Demirtas, co-presidente dell'Hdp. Nella piazza è stato impedito alla gente di radunarsi: appena le persone hanno provato ad avvicinarsi la polizia le ha allontanate con cariche,  idranti, lacrimogeni e proiettili (veri) sparati per fortuna in aria. La gente ha provato a ritrovarsi in altri luoghi vicino alla piazza ma anche in questi casi è stata caricata dalla polizia.
Nel frattempo noi attendevamo l'arrivo di Demirtas appena fuori città.  Davanti a noi, in un prato, alcuni ragazzi hanno acceso il fuoco (simbolo del Newroz) ma anche in questo caso è intervenuta la polizia con gli idranti. Ma i ragazzi kurdi non hanno desistito, hanno acceso di nuovo il fuoco e si sono messi a ballare e cantare per festeggiare il Newroz. Fino a quando la polizia non è intervenuta di nuovo.
Poi è arrivato Demirtas e si è formato un enorme e festante convoglio di auto per scortarlo nel centro di Batman. La polizia ha bloccato più volte la strada per ritardarne l'arrivo, ma alla fine siamo riusciti a raggiungere il centro. Ma non siamo arrivati alla piazza del Newroz, bloccata dai blindati: il pullman di Demirtas si è fermato nel mezzo di un viale a qualche centinaia di metri dalla piazza, con i blindati ed i tank della polizia da una parte e dall'altra.
Demirtas è salito sul tetto del pullman e ha pronunciato un breve discorso. Nel frattempo un ragazzo ci ha salutato dicendoci: "Welcome to Kurdistan".Appena terminato il discorso la polizia si è avvicinata e ha cominciato ad usare gli idranti, e noi siamo scappati.
Il Newroz è l'unica festa consentita ai kurdi.
Welcome to Kurdistan
Domani Newroz ad Amed
Col Kurdistan nel cuore
Marco e Nelly





 

sabato 19 marzo 2016

Report da Amed

Da una parte c’è la guerra, dall’altra una nuova concezione della vita e del mondo comincia. Così ci accoglie Mustafa Ocaklik, co-presidente della’associazione Rojava.
Nata nel 2014 dopo i fatti di Shengal, per dare un aiuto concreto a 30.000 Ezidi e a più di 10.000  sfollati del Rojava.  L’associazione si occupa di fornire aiuti economici che il Governo Turco non fornisce e soprattutto supporto medico e psicologico alle donne, ai bambini e a chiunque abbia bisogno.
I loro non sono campi profughi ma “common living”, i rifugiati non sono abbandonati a se stessi ma seguiti nelle loro necessità quotidiane.
Dall’inizio dei coprifuochi nelle varie città l’associazione cerca di garantire assistenza sanitaria a  chi ha bisogno perché gli ospedali non sono autorizzati a prestare l’adeguato soccorso, per gli interventi più semplici come per le operazioni più difficili.
A venti minuti da Amed andiamo al campo profughi degli Ezidi fuggiti nell’agosto del 2014 dopo la dura repressione di Daesh. Arrivati in circa 7000, oggi sono 1200 senza prospettiva. Sono assistiti dalla municipalità di Amed per quanto possibile con il sostegno di medici, infermieri e insegnanti volontari.
Ritornati ad Amed abbiamo incontrato Ayse Gokkan, responsabile dei rapporti diplomatici per il Congresso delle donne libere (Kja). Ci spiega che l’autonomia democratica passa innanzitutto per il riconoscimento della parità di genere, su tre livelli: famiglia, società e stato.
“Tutto è partito dalla lotta delle donne guerrigliere – spiega Ayse – il nostro simbolo è Sakine Canzis”. Tutte le organizzazioni femminili fanno capo alla Kja. Le parole d’ordine sono autonomia e autodifesa armata e non armata, a tutti i livelli da quello fisico a quello psicologico, e la più grande risorsa è la solidarietà tra le donne stesse perché non rimangano sole all’interno della famiglia, della società e della nazione. Kja ha stipulato un protocollo d’intesa con tutte le istituzioni e organizzazioni politiche a tutela dei diritti delle donne, stabilendo, in ognuna di esse, una co-leadership  uomo donna. Nelle municipalità curde per esempio ci sono i co-sindaci che, seppure non riconosciuti dalla legge turca, sono fortemente voluti e riconosciuti dalle donne e dal popolo curdo. Dal 2003 ad oggi, la presenza femminile nelle varie organizzazioni è salita dal 23% ad oltre il 50%.
In serata entriamo nel distretto di Sur che per oltre 110 giorni ha subito un pesante assedio che il Governo Turco fa passare per coprifuoco per ragioni di sicurezza. Attualmente circa la metà dei quartieri sono liberi, ma strettamente sorvegliati, ogni accesso è presidiato dalle forze di polizia. Impossibile scattare foto o riprendere con la telecamera i militari e i chek point che sono dislocati ogni 10 metri sulla strada principale, Gazi Caddesi e negli angoli più disparati dei vicoli. Sacchi di sabbia e teli di plastica nascondono i militari in divisa e in borghese che si muovono per le strade del distretto armati e muniti di ricetrasmittente, bloccando e perquisendo chiunque provi ad entrare a Sur. Tank e blindati ovunque, nel cuore della più grande città a  maggioranza curda del sud est turco. Sur è patrimonio dell’Unesco. Il danno non è solo alle persone, ma anche ai monumenti storici, architettonici, ai luoghi di culto.
Con Kurdistan nel cuore, Nelly e Marco

p.s. siamo entrati a Sur, non ci crederete, a bordo di una elegante e pulitissima Renault, in sei, appollaiati gli uni sugli altri, senza cinture di sicurezza. Eppure non siamo stati fermati al chek-point. Due amici della nostra stessa delegazione, invece, a piedi sono stati bloccati e cacciati senza complimenti solo perché portavano nello zaino il biglietto da visita della KJA che, tra l’altro, anche noi custodivamo gelosamente nel nostro bagaglio.





venerdì 18 marzo 2016

Report da Silvan

"Sono contenta che siate venuti da molto lontano, in questa terra piena di violenza. Con la vostra presenza ci date un grande aiuto per continuare a resistere". Sono le parole con cui ci accoglie Zuhal, co-sindaca di Silvan.
In effetti gia' qui la situazione si fa piu' complicata: lo scorso 5 Settembre i due co-sindaci di Silvan sono stati destituiti e messi in carcere, dal governo, con l'accusa di aver appoggiato il processo di autonomia democratica. 
Uno dei due e' riuscito a scappare e l'altra e' stata liberata proprio ieri.
La poltrona del sindaco quindi e' sempre vuota e Zuhal e' stata eletta dal consiglio municipale come sostituta.Zuhal e' una ragazza dı 35 anni, e' stata giornalista dell'agenzia indipendente Diha ad Istanbul. Per avere scritto un articolo sulla manifestazione dei lavorotari per il primo maggio, ha scontato due anni di carcere per "incitamento alla rivolta".
Ci racconta degli sforzi che l'amministrazione sta facendo nei confronti delle donne. Esiste un tavolo di donne che si occupano di salute, istruzione ed economia per le donne stesse. L'approccıo non e' individuale, nel senso dı dare soltanto un aiuto a ciascuna persona, ma collettivo al fine di rafforzare i legamıi e l'aiuto reciproco tra le donne di Silvan.Questo approccio 'collettivo' e' la chiave per abbattere i muri e le catene di una societa' ancora in parte 'feudale' come quella di Silvan, dove spose bambine e violenza domestica, sono ancora problemi da superare.
Prima di andare a visitare i quartieri della citta' sottoposti al coprifuoco, consegnamo a Zuhal il patto di amicizia che il nostro comune, di Fidenza, ha stipulato con Silvan e Kobane.Si tratta di una dichiarazione di solidarieta' e di condivisione dei valori di giustizia, pace e democrazia. La co-sindaca e' molto grata e felice di questo sostegno e si impegna a fare un consiglio comunale in cui contraccambiare questo gesto.Insieme poi ci impegnamo a tentare di approfondire questo legame di amicizia e solidarietà.
A questo punto ci spostiamo nella città vecchia. Il coprifuoco qui e' stato dichiarato 6 volte. 5 di queste per un periodo tra i 2 e i 4 giorni, la sesta volta per 13 giorni consecutivi.In questo periodo 700 uomini dei reparti speciali dell'esercito hanno invaso la citta'. 18 persone sono state uccise, tra loro anche donne e bambini. Quasi tutte queste morti sono avvenute mentre le persone cercavano di spostarsi da una casa ad un'altra per recuperare cibo o prestare soccorso.Non era possibile per i familiari recuperare i corpi dei morti, e quando tentavano di farlo venivano sistematicamente attaccati dalla polizia. 
La ragione ufficiale addotta per indire il coprifuoco e'  'eliminazione di attivita' ed organizzazioni terroristiche'.
Zuhal pensa invece che il vero obiettivo sia quello di intimorire le persone ed impedire cosi la partecipazione ad un processo volto all'autogoverno democratico in tutte le municipalità kurde.
Camminando per le vie di Sılvan si vedono case distrutte, pareti crivellate da centinaia di colpi di proiettile, case abbandonate, macerie in giro. 
Non so quanti proiettili siano stati sparati, migliaia e migliaia, un numero impressionante, nel bel mezzo di quartieri densamente abitati.
Ma per fortuna si vedono anche muri stuccati di fresco, finestre riparate con lo stesso nastro adesivo, porte nuove all'ingresso di tante case, 
Siamo stati anche intervistati da un giornalista di Diha e poi abbiamo pranzato ospiti della co-sindaca.
L'abbiamo infine salutata con la speranza di poter ricambiare e accoglierla nella nostra citta'.
Siamo quindi ritornati ad Amed ad eccoci qui a scrivere.
Con il Kurdistan nel cuore
Marco e Nelly
 




mercoledì 16 marzo 2016

Fidentini verso il Kurdistan

C'è qualcosa di irresistibile che  ci attira in Kurdistan , qualcosa che assomiglia a una enorme calamita, ma con un nome diverso: libertà, giustizia, pace, dignità sono i suoi nomi, quindi non si può non andare. Nonostante il coprifuoco, il genocidio in atto  o proprio per questo.. noi andiamo. Andiamo a dire ai nostri compagni e compagne kurdi/e che non sono soli,nonostante il mondo intero volti loro le spalle,  ci facciamo umili portavoce di tutti quelli che,vicino a noi, condividono queste riflessioni. Partiamo domani , abbiamo un programma denso di incontri e di eventi a cui assisteremo,  saremo i vostri occhi e i vostri cuori per una settimana.
Hasta la victoria
Nelly e Marco"
 

giovedì 26 marzo 2015

Newroz a Diyarbakir

Diyarbakir (Turchia), 24 marzo 2015, Nena News - “Biji Biji Kobane, Viva Viva Kobane”: questo lo slogan intonato a gran voce dalle oltre un milione di persone presenti il 21 marzo 2015 al Newroz di Diyarbakir (Amed in lingua curda), il saluto alla primavera, la più importante festività kurda.
Un momento di celebrazione vietato dal governo di Ankara fino all’anno 2000; ancora oggi seppur ormai legalizzato, viene spesso represso o osteggiato in varie forme. Quando si tenta di reprimere un popolo la prima cosa su cui si agisce è la sua felicità: in questo giorno dai colori sgargianti verde, giallo e rosso l’identità kurda si esprime al suo massimo livello, cosi la volontà di resistere e di andare avanti.
Nonostante la forte pioggia i discorsi si alternano a musiche e balli, gli applausi si mescolano al segno di vittoria fatto con la mano. “Questo è un Newroz di resistenza – inizia così Asia Abdullah, co-presidente del PYD, il Partito dell’unione Democratica del Rojava, qui appositamente da uno dei cantoni kurdi presenti in Siria – Nessun potere può indebolire il fuoco del Newroz” continua, riferendosi ai due sanguinosi attacchi terroristici avvenuti proprio il giorno prima al Newroz di Hesekê nel cantone Cizirê del Rojava, dove due autobombe hanno lasciato 20 morti e 70 feriti.
Secondo l’osservatorio per i diritti umani della Siria oltre ai due veicoli vi è stata una terza esplosione nel quartiere di Al-Mufti causata da un kamikaze dell’Isis. Le gang del califfato di  Al-Baghdadi avevano già minacciato i kurdi di trasformare in un bagno di sangue la loro festività principale.
“Biji Biji kobane,Viva Viva Kobane” viene scandito nuovamente in segno di resistenza. Infine, quando la lettera di Ocalan, il leader kurdo per antonomasia, giunge dal carcere Imrali dove è detenuto dallo stato turco fin dalla sua cattura avvenuta nel 1999, il boato fra della folla è immenso. Il messaggio viene letto emblematicamente sia in curdo che in turco e tra i vari punti recita come le “guerre di identità insensate e spietate” sono il risultato della “crisi neo-liberale causata dal capitalismo imperialista e dai suoi collaboratori a livello locale”.
Ribadisce inoltre la linea tenuta dal 2013, sempre annunciata durante un Newroz : “Riteniamo che sia necessario che il Pkk convochi un congresso straordinario per mettere fine a 40 anni di conflitto armato con la Repubblica di Turchia e per adeguarsi allo spirito di questa nuova era”.
La folla si perde all’orizzonte, le bandiere sfuggono alle moltitudini, il volto del loro leader, le effigi dei due principali gruppi combattenti in Siria YPG e YPJ, il simbolo dell’associazione per le donne e molti altri, non si contano davvero più. Nena New
*Osservatore internazionale, delegazione Italiana Newroz 2015 – Diyarbakir (Amed)
 http://nena-news.it/videofoto-un-milione-di-kurdi-festeggiano-il-newroz-e-la-lotta-di-liberazione/

sabato 21 marzo 2015

Notizie da Amed

Le visite della delegazione italiana si sono spostate verso Est nella provincia di BATMAN a 90 km ad Est di Diyarbakyr.
Chiamateli EZIDI, non YEZIDI !
Dopo un violento acquazzone arriviamo al Campo “Ugurku Village” di Besiri a nord di Batman, dove l’amministratore del campo ci accoglie nella tenda all’ingresso, presto affollata di ragazzi incuriositi.
E’ la seconda volta che visitiamo un campo di rifugiati EZIDI, dopo quello alle porte di Diyarbakyr.
Il campo ospita una comunità circa 1000 persone giunte qui a metà settembre, dopo un lungo viaggio che li ha portati da Shengal (e solo in parte da Mosul), passando la frontiera tra Iraq e Turchia il 26 Agosto 2014 presso Robosky. Hanno scelto Besiri perché nella zona sono già presenti 3 villaggi fondati dopo precedenti esodi che caratterizzano la storia di questo popolo perseguitato da centinaia di anni. Paradossalmente qui si sono sentiti subito accolti dalla comunità locale. Una persona del luogo di stesse origini, ha messo a disposizione il terreno su cui sorge la distesa di tende.
La Municipalità di Batman e i “compagni”, come li chiama, hanno poi fatto trovare loro tutto già predisposto: le tende, i servizi igienici, l’ambulatorio, la scuola, le cucine per ogni tenda, che permette loro una certa autonomia. Anche qui, come nell’altro campo di Diarbakir, vengono visitati settimanalmente da medici volontari e solo per le emergenze ricorrono all’ospedale. La discriminazione nei loro confronti è tale che molti medici turchi si rifiutano di visitarli o dar loro medicine. Il supporto sanitario quindi, nei casi più gravi passa per la rete di solidarietà organizzata dalla municipalità che da loro anche un certo sostegno economico. Denunciano che il Turco invia fondi solo per i profughi siriani e mentre le organizzazioni internazionali si sono attivate per aprire corridoi umanitari per mettere in salvo i cristiani, per loro si profilano lunghe attese. Anche nella condizione di rifugiati sono considerati di “secondo grado”.
Alcuni di loro sono riusciti ad ottenere agli uffici di Ankara, e a proprie spese, il tesserino di “extra comunitario”, che non ha nessun valore giuridico, permette loro di essere almeno riconosciuti in caso di fermo. Per il resto viene confermata la storia raccontataci nel Campo “Shengal” : Per ottenere lo status di rifugiato, le prefettura fissano appuntamenti a 3/7 anni. Nonostante la condizione di clandestinità e grazie alla solidarietà delle organizzazioni Kurde ( “del Partito”) si sentono paradossalmente a casa propria. Nessuno di loro tornerebbe a Shengal. “Impossibile vivere in una terra di arabi musulmani che hanno compiuto tante atrocità”. E’ qui che ritornano i racconti delle atrocità vissute nei secoli passati fino al regime di Saddam Hussein. All’epoca nessuno di loro, pur in possesso di un titolo di studio, poteva accedere ad alcuna carica amministrativa, politica, pur essendo ben 800.000 persone. Le proprie comunità erano abbandonate senza servizi ed assistenza e molte persone sono morte ben prima dell’attacco finale dell’ISIS.
Ci confermano che i primi attacchi avvennero dagli abitanti sunniti dei villaggi vicini a SHENGAL, che si sono uniti ai “barbari” al loro arrivo. Gli americani lasciarono al zona 5 anni prima, lasciandola in mano a gruppi che appartenevano alla forza militare sunnita di Saddam Hussein. Molti ufficiali del vecchio esercito iracheno sono infatti confluiti nelle file di Isis e la sola differenza fra prima e dopo è che ora le torture e le uccisioni e vengono divulgate in tv.
Nella zona di Shengal c’erano invece i Peshmerga, esercito federale curdo che, nonostante un buon armamento pesante ha abbandonato il territorio, lasciandoli di fatto soli. Anche prima della offensiva ISIS l’unico supporto proveniva dalla popolazione kurda, non certo dal Governo Regionale di Barzani. L’arrivo dell’ISIS li fa piombare nel dramma e fa iniziare la loro fuga verso le montagne. Ci parlano di almeno 1.500 bambini sono caduti in mano all’Isis che li addestra a diventare assassini, Donne stuprate a decine ogni giorno e vendute al mercato per 100 dollari, seguendo un’antichissima tradizione araba. In tutto sono scomparse oltre 7.000 persone delle quali nonostante siamo nell’epoca della alta tecnologia non si sa più nulla. Ci racconta anche di un incredibile episodio in cui alle donne, separate dai loro figli per giorni, sono stati dati da mangiare i loro bambini. Sembra una storia ai limiti dell’impossibile.
E’ stato solo l’aiuto delle forze combattenti KURDE del PKK e del ROJAVA (YPG-YPJ) che molti di loro sono stati tratti in salvo. L’intervento militare (mentre la comunità internazionale guardava basita n.d.r.) ha permesso l’apertura di un corridoio umanitario che ha salvato la vita ad almeno 200.000 persone. Mentre si preparano a vivere una estate sotto il sole cocente nelle tende del campo, cominciano a rivendicare una terra per il loro futuro. E’ l’unica richiesta forte che ci fanno: aprire dei corridoi umanitari per permettere loro di trovare una terra, ovunque sia, dove possano vivere in pace, con la loro cultura, la loro religione e la loro identità, quella degli Ezidi, e non Yezidi, che è il termine dispregiativo con cui venivano indicati dagli iracheni che li accostavano agli YEZIZI, gli assassini del nipote di Maometto…un torto alla loro religione basata sulla non violenza e sul rispetto degli altri.
INCONTRO ALLA DIGA DI HASANKAYEF CHE CANCELLERA’ 12.000 ANNI DI STORIA
La resistenza del popolo curdo non si ferma solo all’affermazione dei propri diritti e alla realizzazione di quel progetto lanciato dal leader Ocalan di Confederalismo Democratico che garantirebbe a tutti pari dignità, ma riguarda anche la salvaguardia dell’ecosistema e dell’ambiente dalle politiche neoliberiste.
Per questo abbiamo incontrato gli attivisti dei partiti HDP e BDP che si battono contro la costruzione della diga di Hasankayef, nella provincia di Batman, a circa 90 km dalla città di Diyarbakir.
Il Movimento è composto da contadini e da tutti gli abitanti che non vogliono essere deportati in un’altra zona del territorio di Hasankayef dove saranno costretti a pagare profumatamente le nuove case costruite.
Hasankayef è una città che si trova sul fiume Tigri con una storia di oltre 12.000 anni che dovrebbe essere parte del patrimonio dell’UNESCO (visto che soddisfa i 10 criteri stabiliti) e che con la costruzione della diga sarebbe completamente sommersa, cancellando la sua storia e la sua natura.
Ma la diga, che serve per alimentare le centrali idroelettriche, sommergerà non solo Hasankayef ma anche altri 170 villaggi, stravolgendo la vita di oltre 170.000 persone. Il progetto è ormai in fase di completamento (siamo all’85%) , si trova a 77 km dalle rovine dell’antica città eavrà un bacino enorme di oltre 400 km2.
Il primo progetto venne inizialmente sostenuto da banche svizzere, austriache, tedesche che a seguito di una forte campagna internazionale furono costrette a ritirare i loro finanziamenti. Oggi è in mano a Banche Turche ( ma c’è anche l’interessamento di Unicredit) ha un costo di 20 miliardi di dollari e l”esecuzione dei lavori è stata affidata ad aziende turche .
La Turchia ha in progetto di realizzare 1500 centrali idroelettriche; questi progetti faraonici servono al governo turco per garantirsi in futuro una risorsa fondamentale come l’acqua e costruire la sua egemonia sul tutto il Medioriente. Da tempo il movimento contro la diga propone al governo turco di puntare sulle energie rinnovabili abbandonando per sempre questi grandi opere che devastano territori ricchi di storia.
“Qui in Mesopotamia nacque la civiltà è per questo che tutto il mondo si dovrebbe opporre a tale progetto”.
ASCOLTA LA CORRISPONDENZA A RADIO ONDA ROSSA
http://www.ondarossa.info/newsredazione/alla-vigilia-del-newroz
BATMAN – INCONTRO CON ASSOCIAZIONE delle FAMIGLIE DEI MARTIRI
Incontriamo Sukru Baytar, co-presidente della sede di Batman, aperta nel 2007, che conta circa 20 volontari. La sede centrale dell’associazione, diffusa in tutto il paese, si trova a Amet (Diyarbakir).
L’associazione segue le famiglie di circa 1.200 “martiri”, intendendo tutti coloro che sono morti sostenendo la lotta de popolo curdo. Quindi militanti del PKK ma anche del MLKP – il partito marxista leninista della Turchia che si è unito alla lotta dei curdi -; combattenti delle YPG, YPJ, YJstar (Unità di difesa delle donne)
L’associazione si occupa prevalentemente del sostegno psicologico, supporto nella gestione delle relazioni, aiutando nella ricerca di un impiego, mentre per il supporto economico c’è l’impegno delle municipalità
Non si fidano del processo di pace in corso né del Governo turco del rest quest’ultimo pur non esercitando violenze direttamente su di loro è sempre stato ostile alle associazioni curde, cercando di screditarle agli occhi della popolazione, impedendo il regolare svolgimento delle loro attività (ad esempio ostacolando il normale svolgimento dei cortei funebri cercando in ogni modo di farle chiudere.
E’ per tale motivo che cercano di stare vicini alle famiglie, spesso strette nella morsa della povertà, per tenerle aggiornate e collegate a tutto il movimento.
Riguardo alle persone scomparse, sono in collegamento con le Madri della pace, anche se hanno ruoli diversi. Dei 1200 martiri, circa 200 sono persone scomparse nella zona di Batman, in città e nei villaggi vicino, anche se il numero esatto non si conosce. Tuttora nella zona, in particolare nei cantoni di Sason, Haskif, Kozlig e Kercewse, si stanno continuando a trovare fosse comuni con decine di corpi, che non vengono denunciate al Governo per timore che questo “archivi il caso” indicandoli come resti di animali. Ma intanto si stanno attrezzando ad effettuare test del DNA, per costruire una vera e propria banca-dati che permetterà in futuro di dare riconoscimento a questi crimini, che si stanno perpetuando dagli anni 80 e sono proseguiti orientativamente fino ai primi anni del 2000.
La delegazione Italiana a Diyarbakir/Amed

venerdì 21 marzo 2014

Newroz ed elezioni 2014

20 marzo: 3 incontri hanno caratterizzato la nostra seconda giornata.
Il primo con Serdar Celebi, vice presidente dell'IHD. Le violazioni dei Diritti Umani nei confronti della popolazione Kurda rimangono continue e pressanti; ci concentriamo sulle condizioni carcerarie: 600 sono i detenuti politici gravemente malati nell'area di Amed, di cui 202 gravissimi per i quali la permanenza in carcere li condannerebbe a morte sicura, ma le autorità preposte non prendono alcuna decisione. A loro sono anche negate le cure necessarie. Ultimamente ci sono state diverse denunce di detenzioni di minori nelle carceri per adulti: nessun provvedimento è stato preso. Da circa 7 mesi i detenuti politici vengono trasferiti in carceri lontanissime dal luogo in cui vivono le famiglie.
Il secondo incontro è stato con le madri della pace: ci accolgono con i loro veli bianchi, ci raccontano le loro storie di dolore con una grande dignità, di chi sa di aver scelto la pace e la giustizia e di averla insegnata ai propri figli.
Condividono gli stessi dolori, le stesse ingiustizie e per questo si sentono più forti ed in grado di continuare a chiedere verità e giustizia per i propri figli e pace per il Kurdistan.
L'ultimo incontro è con Vechi Aydogan e Fatma Esmer di Goc Der. L'argomento sono i villaggi, più di 4000, distrutti scientemente dai militari turchi con l'aiuto dei guardiani di villaggio, negli anni '90. 
Gli sfollati che hanno perso tutto e vivono anche oggi in condizioni di povertà nelle periferie delle città, non hanno mai smesso di chiedere giustizia. Si sono appellati ai tribunali turchi e a quello dell'Aia, invano. Non sperano più in nessuno se non in loro stessi. Chiedono di poter tornare nelle loro case e che le loto terre diano liberate dalle mine antiuomo. Una legge turca, antiterrorismo, colpevolizza addirittura gli abitanti stessi dei villaggi distrutti in quanto conniventi, secondo il governo, con i partigiani del PKK.

21 marzo
Azadì Ochalan, azadì Kurdistan: questo è il messaggio del Newroz più numeroso e festoso del Kurdistan. Certamente più di un milione di persone scandivano slogan, cantavano, ballavano, sventolavano bandiere di Apo e Rojhava. Erano presenti delegazioni dal Kurdistan Iracheno, Iraniano e dalla regione autonoma del Kurdistan siriano, dall'Europa e dalla Bolivia.
Il messaggio di Ochalan si può sintetizzare così: "sappiamo che la Turchia non ha fatto nulla per il processo di pace, certamente il cammino verso la pace è lungo e difficoltoso, forse occorre dare più tempo per attendere una risposta, comunque condividerò tutto ciò che i Kurdi, le Kurde e il PKK decideranno".
Il testo integrale verrà inviato e tradotto nel più breve tempo possibile; anche noi, seppur presenti, non abbiamo capito completamente la lettera di Apo perché mancava la traduzione in Inglese.

Ieri, con una legge emessa in poche ore, il governo turco ha chiuso Twitter violando il diritto di libertà di espressione e accesso all'informazione di tutta una nazione.

Per il gruppo Amed
Nelly e Caterina

mercoledì 19 marzo 2014

Prima giornata della delegazione ad Amed

La nostra prima giornata in Kurdistan è stata particolarmente intensa; dopo aver incontrato i giovani del MKM Dicle Firat e i cantastorie nella casa dei Deng Bej, che mantengono viva la cultura e le tradizioni Curde, siamo andati al parco Hewwsel, la Gezy Park di AMED.

Un gruppo di studenti presidia una immensa distesa di prati e boschi per impedire la costruzione di condomini, abitazioni e supermercati. Il presidio dura da 20 giorni col sostegno del BDP e dei movimenti ecologisti Kurdi. La presenza dei militari è concreta, sopra di noi infatti volava un elicottero militare e autoblindo presidiano gli accessi. 
Un altro incontro interessante è stato con DOHK, il movimento di liberazione delle donne che si battono per il rispetto dei diritti delle donne e contro la violenza di genere.
È una lotta particolarmente difficile perché devono scontrarsi col maschilismo delle forze dell'ordine, dei giudici, degli imam. Un'altra piaga è il matrimonio combinato: ragazze giovanissime, spesso minorenni, vengono vendute dalle famiglie a uomini ben più vecchi di loro; oppure vengono ufficiati dagli imam matrimoni tra minorenni.
Concludiamo la giornata con la visita della sede del BDP di Baglar, dove condividiamo il clima festoso dei membri del partito che si augurano di vincere le elezioni in tutte e 5 le municipalità.

Per il gruppo AMED
Caterina e Nelly

lunedì 11 luglio 2011

Libertà di esistere

E' disponibile il DVD "Libertà di esistere" , reportage di fotografia sociale sul Kurdistan turco, realizzato dall'Associazione "Le Giraffe".

sabato 12 marzo 2011

In attesa della partenza

Giovedì 17 marzo , per l'ottavo anno consecutivo partirà da Parma Fidenza e Fiorenzuola una delegazione di osservatori con meta il Kurdistan turco, la zona orientale della Turchia popolata da una maggioranza kurda, cui sono negati molti diritti fondamentali. Durante il viaggio che avrà come evento caratteristico la partecipazione al Newroz 2011, il capodanno kurdo festeggiato a cavallo del 21 marzo, documenteremo la nostra esperienza con racconti e immagini in diretta. Nel frattempo c'è l'occasione di leggere articoli e vedere immagini delle precedenti esperienze sulla pagina kurda del sito di Marco Cavallini, dove sono ospitati anche interessanti links per approfondire la questione kurda.