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domenica 30 ottobre 2016
giovedì 24 marzo 2016
Report finale
"Da una parte c’è la guerra, dall’altra una nuova concezione
della vita e del mondo comincia", con queste parole con cui
abbiamo iniziato i nostri report dal Kurdistan, concludiamo .Siamo
tornati portando nel cuore e negli occhi tante immagini, ricordi,
sensazioni contrastanti: da una parte la grande forza e resistenza
dei kurdi e delle kurde , il popolo più bello del mondo senza una
patria, dall'altra la violenza e la repressione di uno stato che
di democratico non ha proprio nulla.
La guerra, perchè di guerra si tratta: nella città vecchia di
Amed, Sur, ad ogni 20/30 metri c'è un check-point con sacchi di
sabbia, teli blu di plastica per impedire la vista della "bonifica" da parte dei militari nelle zone dove più si è consumata
la violenza, in modo che nulla di ciò che è successo possa essere
usato contro di loro; di sera poi, anche se il coprifuoco è
virtualmente terminato a Sur, patrimonio dell'umanità, ci sono
solo militari armati di tutto punto, blindati, carrarmati, come
nel Cile di Pinochet o nell'Argentina di Videla. Per non parlare
di Cizre, dove è impossibile andare per lo stesso motivo: i
militari stanno "bonificando". In quale nazione, che si definisce
democratica, un deputato, co-presidente di un partito al governo,
mi riferisco a Demirtas, accompagnato da 60 osservatori
internazionali, provenienti da ogni parte d'Europa, sarebbe
costretto a tornare a casa dai militari della sua stessa nazione? ma di esempi ne potremmo fare tanti altri..
Dall'altra parte un nuovo mondo comincia: il Congresso delle
Donne Libere, l'Associazione Rojava, l'HDP, le Madri della Pace,
il DTK , per fare solo qualche esempio ,ci insegnano che si può,
anzi si deve vincere resistendo, e loro lo fanno a costo della
vita, della prigione, della tortura, della distruzione delle loro
case e delle loro città.
Ultima brevissima considerazione: i ragazzi e le ragazze
dell'HDP, che ci hanno accompagnato sempre, i nostri angeli
custodi, sempre attenti a noi, sempre col sorriso, ma con una
forza e determinazione straordinari , loro sono il futuro e da
loro abbiamo molto da imparare.
Per parlare e confrontarci su tutto questo e raccontarvi del
patto d'amicizia tra Fidenza e Silvan vi invitiamo sabato 2
aprile all'Ex Macello di Fidenza, alle 21
Col Kurdistan nel cuore
Marco e Nelly
Marco e Nelly
domenica 20 marzo 2016
Report da Batman
Oggi siamo stati a Batman, 90 km da Diyarbakir, per partecipare ad un Newroz non autorizzato dal governo.
Appena arrivati siamo stati divisi in due gruppi. Uno si è recato nella piazza del Newroz, l'altro ad attendere l'arrivo di Demirtas, co-presidente dell'Hdp. Nella piazza è stato impedito alla gente di radunarsi: appena le persone hanno provato ad avvicinarsi la polizia le ha allontanate con cariche, idranti, lacrimogeni e proiettili (veri) sparati per fortuna in aria. La gente ha provato a ritrovarsi in altri luoghi vicino alla piazza ma anche in questi casi è stata caricata dalla polizia.
Nel frattempo noi attendevamo l'arrivo di Demirtas appena fuori città. Davanti a noi, in un prato, alcuni ragazzi hanno acceso il fuoco (simbolo del Newroz) ma anche in questo caso è intervenuta la polizia con gli idranti. Ma i ragazzi kurdi non hanno desistito, hanno acceso di nuovo il fuoco e si sono messi a ballare e cantare per festeggiare il Newroz. Fino a quando la polizia non è intervenuta di nuovo.
Poi è arrivato Demirtas e si è formato un enorme e festante convoglio di auto per scortarlo nel centro di Batman. La polizia ha bloccato più volte la strada per ritardarne l'arrivo, ma alla fine siamo riusciti a raggiungere il centro. Ma non siamo arrivati alla piazza del Newroz, bloccata dai blindati: il pullman di Demirtas si è fermato nel mezzo di un viale a qualche centinaia di metri dalla piazza, con i blindati ed i tank della polizia da una parte e dall'altra.
Demirtas è salito sul tetto del pullman e ha pronunciato un breve discorso. Nel frattempo un ragazzo ci ha salutato dicendoci: "Welcome to Kurdistan".Appena terminato il discorso la polizia si è avvicinata e ha cominciato ad usare gli idranti, e noi siamo scappati.
Il Newroz è l'unica festa consentita ai kurdi.
Welcome to Kurdistan
Appena arrivati siamo stati divisi in due gruppi. Uno si è recato nella piazza del Newroz, l'altro ad attendere l'arrivo di Demirtas, co-presidente dell'Hdp. Nella piazza è stato impedito alla gente di radunarsi: appena le persone hanno provato ad avvicinarsi la polizia le ha allontanate con cariche, idranti, lacrimogeni e proiettili (veri) sparati per fortuna in aria. La gente ha provato a ritrovarsi in altri luoghi vicino alla piazza ma anche in questi casi è stata caricata dalla polizia.
Nel frattempo noi attendevamo l'arrivo di Demirtas appena fuori città. Davanti a noi, in un prato, alcuni ragazzi hanno acceso il fuoco (simbolo del Newroz) ma anche in questo caso è intervenuta la polizia con gli idranti. Ma i ragazzi kurdi non hanno desistito, hanno acceso di nuovo il fuoco e si sono messi a ballare e cantare per festeggiare il Newroz. Fino a quando la polizia non è intervenuta di nuovo.
Poi è arrivato Demirtas e si è formato un enorme e festante convoglio di auto per scortarlo nel centro di Batman. La polizia ha bloccato più volte la strada per ritardarne l'arrivo, ma alla fine siamo riusciti a raggiungere il centro. Ma non siamo arrivati alla piazza del Newroz, bloccata dai blindati: il pullman di Demirtas si è fermato nel mezzo di un viale a qualche centinaia di metri dalla piazza, con i blindati ed i tank della polizia da una parte e dall'altra.
Demirtas è salito sul tetto del pullman e ha pronunciato un breve discorso. Nel frattempo un ragazzo ci ha salutato dicendoci: "Welcome to Kurdistan".Appena terminato il discorso la polizia si è avvicinata e ha cominciato ad usare gli idranti, e noi siamo scappati.
Il Newroz è l'unica festa consentita ai kurdi.
Welcome to Kurdistan
Domani Newroz ad Amed
Col Kurdistan nel cuore
Marco e Nelly
Marco e Nelly
sabato 19 marzo 2016
Report da Amed
Da una parte c’è la guerra, dall’altra una nuova concezione della vita e
del mondo comincia. Così ci accoglie Mustafa Ocaklik, co-presidente
della’associazione Rojava.
Nata nel 2014 dopo i fatti di Shengal, per dare un aiuto concreto a 30.000 Ezidi e a più di 10.000 sfollati del Rojava. L’associazione si occupa di fornire aiuti economici che il Governo Turco non fornisce e soprattutto supporto medico e psicologico alle donne, ai bambini e a chiunque abbia bisogno.
I loro non sono campi profughi ma “common living”, i rifugiati non sono abbandonati a se stessi ma seguiti nelle loro necessità quotidiane.
Dall’inizio dei coprifuochi nelle varie città l’associazione cerca di garantire assistenza sanitaria a chi ha bisogno perché gli ospedali non sono autorizzati a prestare l’adeguato soccorso, per gli interventi più semplici come per le operazioni più difficili.
A venti minuti da Amed andiamo al campo profughi degli Ezidi fuggiti nell’agosto del 2014 dopo la dura repressione di Daesh. Arrivati in circa 7000, oggi sono 1200 senza prospettiva. Sono assistiti dalla municipalità di Amed per quanto possibile con il sostegno di medici, infermieri e insegnanti volontari.
Ritornati ad Amed abbiamo incontrato Ayse Gokkan, responsabile dei rapporti diplomatici per il Congresso delle donne libere (Kja). Ci spiega che l’autonomia democratica passa innanzitutto per il riconoscimento della parità di genere, su tre livelli: famiglia, società e stato.
“Tutto è partito dalla lotta delle donne guerrigliere – spiega Ayse – il nostro simbolo è Sakine Canzis”. Tutte le organizzazioni femminili fanno capo alla Kja. Le parole d’ordine sono autonomia e autodifesa armata e non armata, a tutti i livelli da quello fisico a quello psicologico, e la più grande risorsa è la solidarietà tra le donne stesse perché non rimangano sole all’interno della famiglia, della società e della nazione. Kja ha stipulato un protocollo d’intesa con tutte le istituzioni e organizzazioni politiche a tutela dei diritti delle donne, stabilendo, in ognuna di esse, una co-leadership uomo donna. Nelle municipalità curde per esempio ci sono i co-sindaci che, seppure non riconosciuti dalla legge turca, sono fortemente voluti e riconosciuti dalle donne e dal popolo curdo. Dal 2003 ad oggi, la presenza femminile nelle varie organizzazioni è salita dal 23% ad oltre il 50%.
In serata entriamo nel distretto di Sur che per oltre 110 giorni ha subito un pesante assedio che il Governo Turco fa passare per coprifuoco per ragioni di sicurezza. Attualmente circa la metà dei quartieri sono liberi, ma strettamente sorvegliati, ogni accesso è presidiato dalle forze di polizia. Impossibile scattare foto o riprendere con la telecamera i militari e i chek point che sono dislocati ogni 10 metri sulla strada principale, Gazi Caddesi e negli angoli più disparati dei vicoli. Sacchi di sabbia e teli di plastica nascondono i militari in divisa e in borghese che si muovono per le strade del distretto armati e muniti di ricetrasmittente, bloccando e perquisendo chiunque provi ad entrare a Sur. Tank e blindati ovunque, nel cuore della più grande città a maggioranza curda del sud est turco. Sur è patrimonio dell’Unesco. Il danno non è solo alle persone, ma anche ai monumenti storici, architettonici, ai luoghi di culto.
Con Kurdistan nel cuore, Nelly e Marco
p.s. siamo entrati a Sur, non ci crederete, a bordo di una elegante e pulitissima Renault, in sei, appollaiati gli uni sugli altri, senza cinture di sicurezza. Eppure non siamo stati fermati al chek-point. Due amici della nostra stessa delegazione, invece, a piedi sono stati bloccati e cacciati senza complimenti solo perché portavano nello zaino il biglietto da visita della KJA che, tra l’altro, anche noi custodivamo gelosamente nel nostro bagaglio.
Nata nel 2014 dopo i fatti di Shengal, per dare un aiuto concreto a 30.000 Ezidi e a più di 10.000 sfollati del Rojava. L’associazione si occupa di fornire aiuti economici che il Governo Turco non fornisce e soprattutto supporto medico e psicologico alle donne, ai bambini e a chiunque abbia bisogno.
I loro non sono campi profughi ma “common living”, i rifugiati non sono abbandonati a se stessi ma seguiti nelle loro necessità quotidiane.
Dall’inizio dei coprifuochi nelle varie città l’associazione cerca di garantire assistenza sanitaria a chi ha bisogno perché gli ospedali non sono autorizzati a prestare l’adeguato soccorso, per gli interventi più semplici come per le operazioni più difficili.
A venti minuti da Amed andiamo al campo profughi degli Ezidi fuggiti nell’agosto del 2014 dopo la dura repressione di Daesh. Arrivati in circa 7000, oggi sono 1200 senza prospettiva. Sono assistiti dalla municipalità di Amed per quanto possibile con il sostegno di medici, infermieri e insegnanti volontari.
Ritornati ad Amed abbiamo incontrato Ayse Gokkan, responsabile dei rapporti diplomatici per il Congresso delle donne libere (Kja). Ci spiega che l’autonomia democratica passa innanzitutto per il riconoscimento della parità di genere, su tre livelli: famiglia, società e stato.
“Tutto è partito dalla lotta delle donne guerrigliere – spiega Ayse – il nostro simbolo è Sakine Canzis”. Tutte le organizzazioni femminili fanno capo alla Kja. Le parole d’ordine sono autonomia e autodifesa armata e non armata, a tutti i livelli da quello fisico a quello psicologico, e la più grande risorsa è la solidarietà tra le donne stesse perché non rimangano sole all’interno della famiglia, della società e della nazione. Kja ha stipulato un protocollo d’intesa con tutte le istituzioni e organizzazioni politiche a tutela dei diritti delle donne, stabilendo, in ognuna di esse, una co-leadership uomo donna. Nelle municipalità curde per esempio ci sono i co-sindaci che, seppure non riconosciuti dalla legge turca, sono fortemente voluti e riconosciuti dalle donne e dal popolo curdo. Dal 2003 ad oggi, la presenza femminile nelle varie organizzazioni è salita dal 23% ad oltre il 50%.
In serata entriamo nel distretto di Sur che per oltre 110 giorni ha subito un pesante assedio che il Governo Turco fa passare per coprifuoco per ragioni di sicurezza. Attualmente circa la metà dei quartieri sono liberi, ma strettamente sorvegliati, ogni accesso è presidiato dalle forze di polizia. Impossibile scattare foto o riprendere con la telecamera i militari e i chek point che sono dislocati ogni 10 metri sulla strada principale, Gazi Caddesi e negli angoli più disparati dei vicoli. Sacchi di sabbia e teli di plastica nascondono i militari in divisa e in borghese che si muovono per le strade del distretto armati e muniti di ricetrasmittente, bloccando e perquisendo chiunque provi ad entrare a Sur. Tank e blindati ovunque, nel cuore della più grande città a maggioranza curda del sud est turco. Sur è patrimonio dell’Unesco. Il danno non è solo alle persone, ma anche ai monumenti storici, architettonici, ai luoghi di culto.
Con Kurdistan nel cuore, Nelly e Marco
p.s. siamo entrati a Sur, non ci crederete, a bordo di una elegante e pulitissima Renault, in sei, appollaiati gli uni sugli altri, senza cinture di sicurezza. Eppure non siamo stati fermati al chek-point. Due amici della nostra stessa delegazione, invece, a piedi sono stati bloccati e cacciati senza complimenti solo perché portavano nello zaino il biglietto da visita della KJA che, tra l’altro, anche noi custodivamo gelosamente nel nostro bagaglio.
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venerdì 18 marzo 2016
Report da Silvan
"Sono contenta che siate venuti da molto lontano, in questa terra piena
di violenza. Con la vostra presenza ci date un grande aiuto per
continuare a resistere". Sono le parole con cui ci accoglie Zuhal, co-sindaca di Silvan.
In
effetti gia' qui la situazione si fa piu' complicata: lo scorso 5
Settembre i due co-sindaci di Silvan sono stati destituiti e messi in
carcere, dal governo, con l'accusa di aver appoggiato il processo di
autonomia democratica.
Uno dei due e' riuscito a scappare e l'altra e' stata liberata proprio ieri.
La poltrona del sindaco quindi e' sempre vuota e Zuhal e' stata eletta dal consiglio municipale come sostituta.Zuhal
e' una ragazza dı 35 anni, e' stata giornalista dell'agenzia
indipendente Diha ad Istanbul. Per avere scritto un articolo sulla
manifestazione dei lavorotari per il primo maggio, ha scontato due anni
di carcere per "incitamento alla rivolta".
Ci racconta degli sforzi che l'amministrazione sta facendo nei confronti delle donne. Esiste un tavolo di donne che si occupano di salute, istruzione ed economia per le donne stesse. L'approccıo
non e' individuale, nel senso dı dare soltanto un aiuto a ciascuna
persona, ma collettivo al fine di rafforzare i legamıi e l'aiuto
reciproco tra le donne di Silvan.Questo approccio
'collettivo' e' la chiave per abbattere i muri e le catene di una
societa' ancora in parte 'feudale' come quella di Silvan, dove spose
bambine e violenza domestica, sono ancora problemi da superare.
Prima
di andare a visitare i quartieri della citta' sottoposti al coprifuoco,
consegnamo a Zuhal il patto di amicizia che il nostro comune, di
Fidenza, ha stipulato con Silvan e Kobane.Si tratta di una dichiarazione di solidarieta' e di condivisione dei valori di giustizia, pace e democrazia. La
co-sindaca e' molto grata e felice di questo sostegno e si impegna a
fare un consiglio comunale in cui contraccambiare questo gesto.Insieme poi ci impegnamo a tentare di approfondire questo legame di amicizia e solidarietà.
A questo punto ci spostiamo nella città vecchia. Il
coprifuoco qui e' stato dichiarato 6 volte. 5 di queste per un periodo
tra i 2 e i 4 giorni, la sesta volta per 13 giorni consecutivi.In questo periodo 700 uomini dei reparti speciali dell'esercito hanno invaso la citta'. 18
persone sono state uccise, tra loro anche donne e bambini. Quasi tutte
queste morti sono avvenute mentre le persone cercavano di spostarsi da
una casa ad un'altra per recuperare cibo o prestare soccorso.Non
era possibile per i familiari recuperare i corpi dei morti, e quando
tentavano di farlo venivano sistematicamente attaccati dalla polizia.
La ragione ufficiale addotta per indire il coprifuoco e' 'eliminazione di attivita' ed organizzazioni terroristiche'.
Zuhal
pensa invece che il vero obiettivo sia quello di intimorire le persone
ed impedire cosi la partecipazione ad un processo volto all'autogoverno
democratico in tutte le municipalità kurde.
Camminando
per le vie di Sılvan si vedono case distrutte, pareti crivellate da
centinaia di colpi di proiettile, case abbandonate, macerie in giro.
Non
so quanti proiettili siano stati sparati, migliaia e migliaia, un
numero impressionante, nel bel mezzo di quartieri densamente abitati.
Ma
per fortuna si vedono anche muri stuccati di fresco, finestre riparate
con lo stesso nastro adesivo, porte nuove all'ingresso di tante case,
Siamo stati anche intervistati da un giornalista di Diha e poi abbiamo pranzato ospiti della co-sindaca.
L'abbiamo infine salutata con la speranza di poter ricambiare e accoglierla nella nostra citta'.
Siamo quindi ritornati ad Amed ad eccoci qui a scrivere.
Con il Kurdistan nel cuore
Marco e Nelly
mercoledì 16 marzo 2016
Fidentini verso il Kurdistan
C'è qualcosa di irresistibile che ci attira in Kurdistan , qualcosa che assomiglia a una enorme calamita, ma con un nome diverso: libertà, giustizia, pace, dignità sono i suoi nomi, quindi non si può non andare. Nonostante il coprifuoco, il genocidio in atto o proprio per questo.. noi andiamo. Andiamo a dire ai nostri compagni e compagne kurdi/e che non sono soli,nonostante il mondo intero volti loro le spalle, ci facciamo umili portavoce di tutti quelli che,vicino a noi, condividono queste riflessioni. Partiamo domani , abbiamo un programma denso di incontri e di eventi a cui assisteremo, saremo i vostri occhi e i vostri cuori per una settimana.
Hasta la victoria
Nelly e Marco"Hasta la victoria
martedì 15 marzo 2016
giovedì 26 marzo 2015
Newroz a Diyarbakir
Diyarbakir (Turchia), 24 marzo 2015, Nena News -
“Biji Biji Kobane, Viva Viva Kobane”: questo lo slogan intonato a gran
voce dalle oltre un milione di persone presenti il 21 marzo 2015 al
Newroz di Diyarbakir (Amed in lingua curda), il saluto alla primavera, la più importante festività kurda.
Un momento di celebrazione vietato dal governo di Ankara fino
all’anno 2000; ancora oggi seppur ormai legalizzato, viene spesso
represso o osteggiato in varie forme. Quando si tenta di reprimere un
popolo la prima cosa su cui si agisce è la sua felicità: in questo
giorno dai colori sgargianti verde, giallo e rosso l’identità kurda si
esprime al suo massimo livello, cosi la volontà di resistere e di andare
avanti.
Nonostante la forte pioggia i discorsi si alternano a musiche e
balli, gli applausi si mescolano al segno di vittoria fatto con la mano.
“Questo è un Newroz di resistenza – inizia così Asia Abdullah,
co-presidente del PYD, il Partito dell’unione Democratica del Rojava,
qui appositamente da uno dei cantoni kurdi presenti in Siria – Nessun
potere può indebolire il fuoco del Newroz” continua, riferendosi ai
due sanguinosi attacchi terroristici avvenuti proprio il giorno prima al
Newroz di Hesekê nel cantone Cizirê del Rojava, dove due autobombe
hanno lasciato 20 morti e 70 feriti.
Secondo l’osservatorio per i diritti umani della Siria oltre ai due
veicoli vi è stata una terza esplosione nel quartiere di Al-Mufti
causata da un kamikaze dell’Isis. Le gang del califfato di Al-Baghdadi
avevano già minacciato i kurdi di trasformare in un bagno di sangue la
loro festività principale.
“Biji Biji kobane,Viva Viva Kobane” viene scandito nuovamente in
segno di resistenza. Infine, quando la lettera di Ocalan, il leader
kurdo per antonomasia, giunge dal carcere Imrali dove è detenuto dallo
stato turco fin dalla sua cattura avvenuta nel 1999, il boato fra della
folla è immenso. Il messaggio viene letto emblematicamente sia in curdo
che in turco e tra i vari punti recita come le “guerre di
identità insensate e spietate” sono il risultato della “crisi
neo-liberale causata dal capitalismo imperialista e dai suoi
collaboratori a livello locale”.
Ribadisce inoltre la linea tenuta dal 2013, sempre annunciata durante un Newroz : “Riteniamo
che sia necessario che il Pkk convochi un congresso straordinario per
mettere fine a 40 anni di conflitto armato con la Repubblica di Turchia e per adeguarsi allo spirito di questa nuova era”.
La folla si perde all’orizzonte, le bandiere sfuggono alle
moltitudini, il volto del loro leader, le effigi dei due principali
gruppi combattenti in Siria YPG e YPJ, il simbolo dell’associazione per
le donne e molti altri, non si contano davvero più. Nena New
*Osservatore internazionale, delegazione Italiana Newroz 2015 – Diyarbakir (Amed)
http://nena-news.it/videofoto-un-milione-di-kurdi-festeggiano-il-newroz-e-la-lotta-di-liberazione/
http://nena-news.it/videofoto-un-milione-di-kurdi-festeggiano-il-newroz-e-la-lotta-di-liberazione/
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domenica 22 marzo 2015
sabato 21 marzo 2015
Notizie da Amed
Le visite della delegazione italiana si sono spostate verso Est nella provincia di BATMAN a 90 km ad Est di Diyarbakyr.
Chiamateli EZIDI, non YEZIDI !
Dopo un violento acquazzone arriviamo al Campo “Ugurku Village” di
Besiri a nord di Batman, dove l’amministratore del campo ci accoglie
nella tenda all’ingresso, presto affollata di ragazzi incuriositi.
E’ la seconda volta che visitiamo un campo di rifugiati EZIDI, dopo quello alle porte di Diyarbakyr.
Il campo ospita una comunità circa 1000 persone giunte qui a metà
settembre, dopo un lungo viaggio che li ha portati da Shengal (e solo in
parte da Mosul), passando la frontiera tra Iraq e Turchia il 26 Agosto
2014 presso Robosky. Hanno scelto Besiri perché nella zona sono già
presenti 3 villaggi fondati dopo precedenti esodi che caratterizzano la
storia di questo popolo perseguitato da centinaia di anni.
Paradossalmente qui si sono sentiti subito accolti dalla comunità
locale. Una persona del luogo di stesse origini, ha messo a disposizione
il terreno su cui sorge la distesa di tende.
La Municipalità di Batman e i “compagni”, come li chiama, hanno poi
fatto trovare loro tutto già predisposto: le tende, i servizi igienici,
l’ambulatorio, la scuola, le cucine per ogni tenda, che permette loro
una certa autonomia. Anche qui, come nell’altro campo di Diarbakir,
vengono visitati settimanalmente da medici volontari e solo per le
emergenze ricorrono all’ospedale. La discriminazione nei loro confronti è
tale che molti medici turchi si rifiutano di visitarli o dar loro
medicine. Il supporto sanitario quindi, nei casi più gravi passa per la
rete di solidarietà organizzata dalla municipalità che da loro anche un
certo sostegno economico. Denunciano che il Turco invia fondi solo per i
profughi siriani e mentre le organizzazioni internazionali si sono
attivate per aprire corridoi umanitari per mettere in salvo i cristiani,
per loro si profilano lunghe attese. Anche nella condizione di
rifugiati sono considerati di “secondo grado”.
Alcuni di loro sono riusciti ad ottenere agli uffici di Ankara, e a
proprie spese, il tesserino di “extra comunitario”, che non ha nessun
valore giuridico, permette loro di essere almeno riconosciuti in caso di
fermo. Per il resto viene confermata la storia raccontataci nel Campo
“Shengal” : Per ottenere lo status di rifugiato, le prefettura fissano
appuntamenti a 3/7 anni. Nonostante la condizione di clandestinità e
grazie alla solidarietà delle organizzazioni Kurde ( “del Partito”) si
sentono paradossalmente a casa propria. Nessuno di loro tornerebbe a
Shengal. “Impossibile vivere in una terra di arabi musulmani che hanno
compiuto tante atrocità”. E’ qui che ritornano i racconti delle atrocità
vissute nei secoli passati fino al regime di Saddam Hussein. All’epoca
nessuno di loro, pur in possesso di un titolo di studio, poteva accedere
ad alcuna carica amministrativa, politica, pur essendo ben 800.000
persone. Le proprie comunità erano abbandonate senza servizi ed
assistenza e molte persone sono morte ben prima dell’attacco finale
dell’ISIS.
Ci confermano che i primi attacchi avvennero dagli abitanti sunniti
dei villaggi vicini a SHENGAL, che si sono uniti ai “barbari” al loro
arrivo. Gli americani lasciarono al zona 5 anni prima, lasciandola in
mano a gruppi che appartenevano alla forza militare sunnita di Saddam
Hussein. Molti ufficiali del vecchio esercito iracheno sono infatti
confluiti nelle file di Isis e la sola differenza fra prima e dopo è che
ora le torture e le uccisioni e vengono divulgate in tv.
Nella zona di Shengal c’erano invece i Peshmerga, esercito federale
curdo che, nonostante un buon armamento pesante ha abbandonato il
territorio, lasciandoli di fatto soli. Anche prima della offensiva ISIS
l’unico supporto proveniva dalla popolazione kurda, non certo dal
Governo Regionale di Barzani. L’arrivo dell’ISIS li fa piombare nel
dramma e fa iniziare la loro fuga verso le montagne. Ci parlano di
almeno 1.500 bambini sono caduti in mano all’Isis che li addestra a
diventare assassini, Donne stuprate a decine ogni giorno e vendute al
mercato per 100 dollari, seguendo un’antichissima tradizione araba. In
tutto sono scomparse oltre 7.000 persone delle quali nonostante siamo
nell’epoca della alta tecnologia non si sa più nulla. Ci racconta anche
di un incredibile episodio in cui alle donne, separate dai loro figli
per giorni, sono stati dati da mangiare i loro bambini. Sembra una
storia ai limiti dell’impossibile.
E’ stato solo l’aiuto delle forze combattenti KURDE del PKK e del
ROJAVA (YPG-YPJ) che molti di loro sono stati tratti in salvo.
L’intervento militare (mentre la comunità internazionale guardava basita
n.d.r.) ha permesso l’apertura di un corridoio umanitario che ha
salvato la vita ad almeno 200.000 persone. Mentre si preparano a vivere
una estate sotto il sole cocente nelle tende del campo, cominciano a
rivendicare una terra per il loro futuro. E’ l’unica richiesta forte che
ci fanno: aprire dei corridoi umanitari per permettere loro di trovare
una terra, ovunque sia, dove possano vivere in pace, con la loro
cultura, la loro religione e la loro identità, quella degli Ezidi, e non
Yezidi, che è il termine dispregiativo con cui venivano indicati dagli
iracheni che li accostavano agli YEZIZI, gli assassini del nipote di
Maometto…un torto alla loro religione basata sulla non violenza e sul
rispetto degli altri.
INCONTRO ALLA DIGA DI HASANKAYEF CHE CANCELLERA’ 12.000 ANNI DI STORIA
La resistenza del popolo curdo non si ferma solo all’affermazione dei
propri diritti e alla realizzazione di quel progetto lanciato dal
leader Ocalan di Confederalismo Democratico che garantirebbe a tutti
pari dignità, ma riguarda anche la salvaguardia dell’ecosistema e
dell’ambiente dalle politiche neoliberiste.
Per questo abbiamo incontrato gli attivisti dei partiti HDP e BDP che
si battono contro la costruzione della diga di Hasankayef, nella
provincia di Batman, a circa 90 km dalla città di Diyarbakir.
Il Movimento è composto da contadini e da tutti gli abitanti che non
vogliono essere deportati in un’altra zona del territorio di Hasankayef
dove saranno costretti a pagare profumatamente le nuove case costruite.
Hasankayef è una città che si trova sul fiume Tigri con una storia di
oltre 12.000 anni che dovrebbe essere parte del patrimonio dell’UNESCO
(visto che soddisfa i 10 criteri stabiliti) e che con la costruzione
della diga sarebbe completamente sommersa, cancellando la sua storia e
la sua natura.
Ma la diga, che serve per alimentare le centrali idroelettriche,
sommergerà non solo Hasankayef ma anche altri 170 villaggi, stravolgendo
la vita di oltre 170.000 persone. Il progetto è ormai in fase di
completamento (siamo all’85%) , si trova a 77 km dalle rovine
dell’antica città eavrà un bacino enorme di oltre 400 km2.
Il primo progetto venne inizialmente sostenuto da banche svizzere,
austriache, tedesche che a seguito di una forte campagna internazionale
furono costrette a ritirare i loro finanziamenti. Oggi è in mano a
Banche Turche ( ma c’è anche l’interessamento di Unicredit) ha un costo
di 20 miliardi di dollari e l”esecuzione dei lavori è stata affidata ad
aziende turche .
La Turchia ha in progetto di realizzare 1500 centrali idroelettriche;
questi progetti faraonici servono al governo turco per garantirsi in
futuro una risorsa fondamentale come l’acqua e costruire la sua egemonia
sul tutto il Medioriente. Da tempo il movimento contro la diga propone
al governo turco di puntare sulle energie rinnovabili abbandonando per
sempre questi grandi opere che devastano territori ricchi di storia.
“Qui in Mesopotamia nacque la civiltà è per questo che tutto il mondo si dovrebbe opporre a tale progetto”.
ASCOLTA LA CORRISPONDENZA A RADIO ONDA ROSSA
http://www.ondarossa.info/newsredazione/alla-vigilia-del-newroz
BATMAN – INCONTRO CON ASSOCIAZIONE delle FAMIGLIE DEI MARTIRI
Incontriamo Sukru Baytar, co-presidente della sede di Batman, aperta
nel 2007, che conta circa 20 volontari. La sede centrale
dell’associazione, diffusa in tutto il paese, si trova a Amet
(Diyarbakir).
L’associazione segue le famiglie di circa 1.200 “martiri”, intendendo
tutti coloro che sono morti sostenendo la lotta de popolo curdo. Quindi
militanti del PKK ma anche del MLKP – il partito marxista leninista
della Turchia che si è unito alla lotta dei curdi -; combattenti delle
YPG, YPJ, YJstar (Unità di difesa delle donne)
L’associazione si occupa prevalentemente del sostegno psicologico,
supporto nella gestione delle relazioni, aiutando nella ricerca di un
impiego, mentre per il supporto economico c’è l’impegno delle
municipalità
Non si fidano del processo di pace in corso né del Governo turco del
rest quest’ultimo pur non esercitando violenze direttamente su di loro è
sempre stato ostile alle associazioni curde, cercando di screditarle
agli occhi della popolazione, impedendo il regolare svolgimento delle
loro attività (ad esempio ostacolando il normale svolgimento dei cortei
funebri cercando in ogni modo di farle chiudere.
E’ per tale motivo che cercano di stare vicini alle famiglie, spesso
strette nella morsa della povertà, per tenerle aggiornate e collegate a
tutto il movimento.
Riguardo alle persone scomparse, sono in collegamento con le Madri
della pace, anche se hanno ruoli diversi. Dei 1200 martiri, circa 200
sono persone scomparse nella zona di Batman, in città e nei villaggi
vicino, anche se il numero esatto non si conosce. Tuttora nella zona, in
particolare nei cantoni di Sason, Haskif, Kozlig e Kercewse, si stanno
continuando a trovare fosse comuni con decine di corpi, che non vengono
denunciate al Governo per timore che questo “archivi il caso”
indicandoli come resti di animali. Ma intanto si stanno attrezzando ad
effettuare test del DNA, per costruire una vera e propria banca-dati che
permetterà in futuro di dare riconoscimento a questi crimini, che si
stanno perpetuando dagli anni 80 e sono proseguiti orientativamente fino
ai primi anni del 2000.
La delegazione Italiana a Diyarbakir/Amed
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mercoledì 18 marzo 2015
venerdì 13 marzo 2015
venerdì 21 marzo 2014
Newroz ed elezioni 2014
20 marzo: 3 incontri hanno caratterizzato la nostra seconda giornata.
Il
primo con Serdar Celebi, vice presidente dell'IHD. Le violazioni dei
Diritti Umani nei confronti della popolazione Kurda rimangono continue e
pressanti; ci concentriamo sulle condizioni carcerarie: 600 sono i
detenuti politici gravemente malati nell'area di Amed, di cui 202
gravissimi per i quali la permanenza in carcere li condannerebbe a morte
sicura, ma le autorità preposte non prendono alcuna decisione. A loro
sono anche negate le cure necessarie. Ultimamente ci sono state diverse
denunce di detenzioni di minori nelle carceri per adulti: nessun
provvedimento è stato preso. Da circa 7 mesi i detenuti politici vengono
trasferiti in carceri lontanissime dal luogo in cui vivono le famiglie.
Il
secondo incontro è stato con le madri della pace: ci accolgono con i
loro veli bianchi, ci raccontano le loro storie di dolore con una grande
dignità, di chi sa di aver scelto la pace e la giustizia e di averla
insegnata ai propri figli.
Condividono gli stessi dolori, le
stesse ingiustizie e per questo si sentono più forti ed in grado di
continuare a chiedere verità e giustizia per i propri figli e pace per
il Kurdistan.
L'ultimo incontro è con Vechi Aydogan e Fatma
Esmer di Goc Der. L'argomento sono i villaggi, più di 4000, distrutti
scientemente dai militari turchi con l'aiuto dei guardiani di villaggio,
negli anni '90.
Gli sfollati che hanno perso tutto e vivono
anche oggi in condizioni di povertà nelle periferie delle città, non
hanno mai smesso di chiedere giustizia. Si sono appellati ai tribunali
turchi e a quello dell'Aia, invano. Non sperano più in nessuno se non in
loro stessi. Chiedono di poter tornare nelle loro case e che le loto
terre diano liberate dalle mine antiuomo. Una legge turca,
antiterrorismo, colpevolizza addirittura gli abitanti stessi dei
villaggi distrutti in quanto conniventi, secondo il governo, con i
partigiani del PKK.
21 marzo
Azadì
Ochalan, azadì Kurdistan: questo è il messaggio del Newroz più numeroso e
festoso del Kurdistan. Certamente più di un milione di persone
scandivano slogan, cantavano, ballavano, sventolavano bandiere di Apo e
Rojhava. Erano presenti delegazioni dal Kurdistan Iracheno, Iraniano e
dalla regione autonoma del Kurdistan siriano, dall'Europa e dalla
Bolivia.
Il messaggio di Ochalan si può sintetizzare così:
"sappiamo che la Turchia non ha fatto nulla per il processo di pace,
certamente il cammino verso la pace è lungo e difficoltoso, forse
occorre dare più tempo per attendere una risposta, comunque condividerò
tutto ciò che i Kurdi, le Kurde e il PKK decideranno".
Il
testo integrale verrà inviato e tradotto nel più breve tempo possibile;
anche noi, seppur presenti, non abbiamo capito completamente la lettera
di Apo perché mancava la traduzione in Inglese.
Ieri,
con una legge emessa in poche ore, il governo turco ha chiuso Twitter
violando il diritto di libertà di espressione e accesso all'informazione
di tutta una nazione.
Per il gruppo Amed
Nelly e Caterina
mercoledì 19 marzo 2014
Prima giornata della delegazione ad Amed
La nostra prima giornata in Kurdistan è stata particolarmente intensa; dopo aver incontrato i giovani del MKM Dicle Firat e i cantastorie nella casa dei Deng Bej, che mantengono viva la cultura e le tradizioni Curde, siamo andati al parco Hewwsel, la Gezy Park di AMED.
Un gruppo di studenti presidia una immensa distesa di
prati e boschi per impedire la costruzione di condomini, abitazioni e
supermercati.
Il presidio dura da 20 giorni col sostegno del BDP e dei
movimenti ecologisti Kurdi. La presenza dei militari è concreta, sopra
di noi infatti volava un elicottero militare e autoblindo presidiano
gli accessi.
Un altro incontro interessante è stato con DOHK,
il movimento di liberazione delle donne che si battono per il rispetto
dei diritti delle donne e contro la violenza di genere.
È una
lotta particolarmente difficile perché devono scontrarsi col maschilismo
delle forze dell'ordine, dei giudici, degli imam. Un'altra piaga è il
matrimonio combinato: ragazze giovanissime, spesso minorenni, vengono
vendute dalle famiglie a uomini ben più vecchi di loro; oppure vengono
ufficiati dagli imam matrimoni tra minorenni.
Concludiamo la
giornata con la visita della sede del BDP di Baglar, dove condividiamo
il clima festoso dei membri del partito che si augurano di vincere le
elezioni in tutte e 5 le municipalità.
Per il gruppo AMED
Caterina e Nelly
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lunedì 11 luglio 2011
Libertà di esistere

sabato 12 marzo 2011
In attesa della partenza
Giovedì 17 marzo , per l'ottavo anno consecutivo partirà da Parma Fidenza e Fiorenzuola una delegazione di osservatori con meta il Kurdistan turco, la zona orientale della Turchia popolata da una maggioranza kurda, cui sono negati molti diritti fondamentali. Durante il viaggio che avrà come evento caratteristico la partecipazione al Newroz 2011, il capodanno kurdo festeggiato a cavallo del 21 marzo, documenteremo la nostra esperienza con racconti e immagini in diretta. Nel frattempo c'è l'occasione di leggere articoli e vedere immagini delle precedenti esperienze sulla pagina kurda del sito di Marco Cavallini, dove sono ospitati anche interessanti links per approfondire la questione kurda.
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