giovedì 24 marzo 2016

Report finale

"Da una parte c’è la guerra, dall’altra una nuova concezione della vita e del mondo comincia", con queste parole con cui abbiamo iniziato i nostri report dal Kurdistan, concludiamo .Siamo tornati portando nel cuore e negli occhi  tante immagini, ricordi, sensazioni contrastanti: da una parte la grande forza e resistenza dei kurdi e delle kurde , il popolo più bello del mondo senza una patria, dall'altra la violenza e la repressione di uno stato che di democratico non ha proprio nulla.
La guerra, perchè di guerra si tratta: nella città vecchia di Amed, Sur, ad ogni 20/30 metri c'è un check-point con sacchi di sabbia,  teli blu di plastica per impedire la vista della  "bonifica" da parte dei militari nelle zone dove più si è consumata la violenza, in modo che nulla di ciò che è successo possa essere usato contro di loro; di sera poi, anche se il coprifuoco è virtualmente terminato a Sur, patrimonio dell'umanità, ci sono solo militari armati di tutto punto, blindati, carrarmati, come nel Cile di Pinochet o nell'Argentina di Videla. Per non parlare di Cizre, dove è impossibile andare per lo stesso motivo: i militari stanno "bonificando". In quale nazione, che si definisce democratica, un deputato, co-presidente di un partito al governo, mi riferisco a Demirtas, accompagnato da 60 osservatori internazionali, provenienti da ogni parte d'Europa, sarebbe costretto a tornare a casa  dai militari della sua stessa nazione? ma di esempi ne potremmo fare tanti altri..
Dall'altra parte un nuovo mondo comincia: il Congresso delle Donne Libere, l'Associazione Rojava, l'HDP,  le Madri della Pace, il DTK , per fare solo qualche esempio ,ci insegnano che si può, anzi si deve vincere resistendo, e loro lo fanno a costo della vita, della prigione, della tortura, della distruzione delle loro case e delle loro città.
Ultima brevissima considerazione: i ragazzi e le ragazze dell'HDP, che ci hanno accompagnato sempre, i nostri angeli custodi, sempre attenti a noi, sempre col sorriso, ma con una forza e determinazione straordinari , loro sono il futuro e da loro abbiamo molto da imparare.
Per parlare e confrontarci su tutto questo e raccontarvi del patto d'amicizia tra Fidenza e Silvan  vi invitiamo sabato 2 aprile all'Ex Macello di Fidenza, alle 21
Col Kurdistan nel cuore
Marco e Nelly

martedì 22 marzo 2016

Verso Cizre : il report

Oggi dovevamo andare a Cizre a festeggiare il Newroz. Accorreva gente da tutto il kurdistan.
Ma non è stato possibile.
La polizia turca ha bloccato tutte le strade di accesso a molti km di distanza, 40 circa. In questo modo non è stato possibile raggiungere Cizre neanche a piedi.
Al posto di blocco dove siamo stati bloccati noi c'era un cordone di militari armati, tank, mezzi blindati e soldati coi mitra appostati sulle colline.
Con noi c'erano anche Selahattin Demirtas e Figen Yuksekdag, i due co presidenti dell'hdp. Abbiamo protestato, ci siamo messi in prima linea di fronte ai soldati. I vertici dell'HDP hanno provato a trattare ma senza successo. Lo stato turco è questo, uno stato ben lontano dall'essere democratico e che ha militarizzato l'intera regione del kurdistan.
A Cizre, negli ultimi mesi, sono morte centinaia di persone, tra le quali molte donne e bambini, uccise dalle forze speciali dell'esercito turco.
Ci sono arrivate anche le notizie degli attentati di Bruxelles.
Siamo in Turchia, che sappiamo bene essere responsabile di avere supportato e armato Daesh: visti da qui tutti questi avvenimenti sembrano tragicamente legati.
Col Kurdistan nel cuore
Marco e Nelly








lunedì 21 marzo 2016

Report da Amed : il Newroz

Finalmente il Newroz, una festa di pace, di gioia, danze e musica ma anche di rivendicazioni dei propri diritti, come dice il titolo di quest'anno: "vinceremo resistendo".
Il Newroz di Amed, infatti, è stata una grande festa di popolo che, per fortuna, non è stata rovinata dall'intervento della polizia.
Un numero enorme di persone si è ritrovato nel parco dedicato proprio al Newroz. Sul palco si sono alternati musicisti e politici dell'HDP.
La gente sventolava migliaia di bandiere,  ballava, cantava.
Ai lati dello spiazzo centrale, le famiglie facevano picnic sull'erba e i bambini giocavano.
Ovunque i colori del kurdistan, giallo rosso e verde e dagli altoparlanti le canzoni tradizionali e di lotta del popolo kurdo.
Si respirava allegria e felicità!
Ma anche rabbia e tristezza quando sono state ricordate le vittime di Sur e di tutti i coprifuoco.
NEWROZ PEROZ BE (buon newroz)
È un augurio prima di tutto per i nostri amici kurdi, ma anche per tutti noi!!!
Col kurdistan nel cuore
Marco e Nelly








domenica 20 marzo 2016

Report da Batman

Oggi siamo stati a Batman, 90 km da Diyarbakir, per partecipare ad un Newroz non autorizzato dal governo.
Appena arrivati siamo stati divisi in due gruppi. Uno si è recato nella piazza del Newroz, l'altro ad attendere l'arrivo di Demirtas, co-presidente dell'Hdp. Nella piazza è stato impedito alla gente di radunarsi: appena le persone hanno provato ad avvicinarsi la polizia le ha allontanate con cariche,  idranti, lacrimogeni e proiettili (veri) sparati per fortuna in aria. La gente ha provato a ritrovarsi in altri luoghi vicino alla piazza ma anche in questi casi è stata caricata dalla polizia.
Nel frattempo noi attendevamo l'arrivo di Demirtas appena fuori città.  Davanti a noi, in un prato, alcuni ragazzi hanno acceso il fuoco (simbolo del Newroz) ma anche in questo caso è intervenuta la polizia con gli idranti. Ma i ragazzi kurdi non hanno desistito, hanno acceso di nuovo il fuoco e si sono messi a ballare e cantare per festeggiare il Newroz. Fino a quando la polizia non è intervenuta di nuovo.
Poi è arrivato Demirtas e si è formato un enorme e festante convoglio di auto per scortarlo nel centro di Batman. La polizia ha bloccato più volte la strada per ritardarne l'arrivo, ma alla fine siamo riusciti a raggiungere il centro. Ma non siamo arrivati alla piazza del Newroz, bloccata dai blindati: il pullman di Demirtas si è fermato nel mezzo di un viale a qualche centinaia di metri dalla piazza, con i blindati ed i tank della polizia da una parte e dall'altra.
Demirtas è salito sul tetto del pullman e ha pronunciato un breve discorso. Nel frattempo un ragazzo ci ha salutato dicendoci: "Welcome to Kurdistan".Appena terminato il discorso la polizia si è avvicinata e ha cominciato ad usare gli idranti, e noi siamo scappati.
Il Newroz è l'unica festa consentita ai kurdi.
Welcome to Kurdistan
Domani Newroz ad Amed
Col Kurdistan nel cuore
Marco e Nelly





 

Newroz a Parma

http://www.marcocavallini.it/newrozpr.html
Report fotografico del capodanno kurdo festeggiato a Parma.

sabato 19 marzo 2016

Report da Amed

Da una parte c’è la guerra, dall’altra una nuova concezione della vita e del mondo comincia. Così ci accoglie Mustafa Ocaklik, co-presidente della’associazione Rojava.
Nata nel 2014 dopo i fatti di Shengal, per dare un aiuto concreto a 30.000 Ezidi e a più di 10.000  sfollati del Rojava.  L’associazione si occupa di fornire aiuti economici che il Governo Turco non fornisce e soprattutto supporto medico e psicologico alle donne, ai bambini e a chiunque abbia bisogno.
I loro non sono campi profughi ma “common living”, i rifugiati non sono abbandonati a se stessi ma seguiti nelle loro necessità quotidiane.
Dall’inizio dei coprifuochi nelle varie città l’associazione cerca di garantire assistenza sanitaria a  chi ha bisogno perché gli ospedali non sono autorizzati a prestare l’adeguato soccorso, per gli interventi più semplici come per le operazioni più difficili.
A venti minuti da Amed andiamo al campo profughi degli Ezidi fuggiti nell’agosto del 2014 dopo la dura repressione di Daesh. Arrivati in circa 7000, oggi sono 1200 senza prospettiva. Sono assistiti dalla municipalità di Amed per quanto possibile con il sostegno di medici, infermieri e insegnanti volontari.
Ritornati ad Amed abbiamo incontrato Ayse Gokkan, responsabile dei rapporti diplomatici per il Congresso delle donne libere (Kja). Ci spiega che l’autonomia democratica passa innanzitutto per il riconoscimento della parità di genere, su tre livelli: famiglia, società e stato.
“Tutto è partito dalla lotta delle donne guerrigliere – spiega Ayse – il nostro simbolo è Sakine Canzis”. Tutte le organizzazioni femminili fanno capo alla Kja. Le parole d’ordine sono autonomia e autodifesa armata e non armata, a tutti i livelli da quello fisico a quello psicologico, e la più grande risorsa è la solidarietà tra le donne stesse perché non rimangano sole all’interno della famiglia, della società e della nazione. Kja ha stipulato un protocollo d’intesa con tutte le istituzioni e organizzazioni politiche a tutela dei diritti delle donne, stabilendo, in ognuna di esse, una co-leadership  uomo donna. Nelle municipalità curde per esempio ci sono i co-sindaci che, seppure non riconosciuti dalla legge turca, sono fortemente voluti e riconosciuti dalle donne e dal popolo curdo. Dal 2003 ad oggi, la presenza femminile nelle varie organizzazioni è salita dal 23% ad oltre il 50%.
In serata entriamo nel distretto di Sur che per oltre 110 giorni ha subito un pesante assedio che il Governo Turco fa passare per coprifuoco per ragioni di sicurezza. Attualmente circa la metà dei quartieri sono liberi, ma strettamente sorvegliati, ogni accesso è presidiato dalle forze di polizia. Impossibile scattare foto o riprendere con la telecamera i militari e i chek point che sono dislocati ogni 10 metri sulla strada principale, Gazi Caddesi e negli angoli più disparati dei vicoli. Sacchi di sabbia e teli di plastica nascondono i militari in divisa e in borghese che si muovono per le strade del distretto armati e muniti di ricetrasmittente, bloccando e perquisendo chiunque provi ad entrare a Sur. Tank e blindati ovunque, nel cuore della più grande città a  maggioranza curda del sud est turco. Sur è patrimonio dell’Unesco. Il danno non è solo alle persone, ma anche ai monumenti storici, architettonici, ai luoghi di culto.
Con Kurdistan nel cuore, Nelly e Marco

p.s. siamo entrati a Sur, non ci crederete, a bordo di una elegante e pulitissima Renault, in sei, appollaiati gli uni sugli altri, senza cinture di sicurezza. Eppure non siamo stati fermati al chek-point. Due amici della nostra stessa delegazione, invece, a piedi sono stati bloccati e cacciati senza complimenti solo perché portavano nello zaino il biglietto da visita della KJA che, tra l’altro, anche noi custodivamo gelosamente nel nostro bagaglio.





venerdì 18 marzo 2016

Report da Silvan

"Sono contenta che siate venuti da molto lontano, in questa terra piena di violenza. Con la vostra presenza ci date un grande aiuto per continuare a resistere". Sono le parole con cui ci accoglie Zuhal, co-sindaca di Silvan.
In effetti gia' qui la situazione si fa piu' complicata: lo scorso 5 Settembre i due co-sindaci di Silvan sono stati destituiti e messi in carcere, dal governo, con l'accusa di aver appoggiato il processo di autonomia democratica. 
Uno dei due e' riuscito a scappare e l'altra e' stata liberata proprio ieri.
La poltrona del sindaco quindi e' sempre vuota e Zuhal e' stata eletta dal consiglio municipale come sostituta.Zuhal e' una ragazza dı 35 anni, e' stata giornalista dell'agenzia indipendente Diha ad Istanbul. Per avere scritto un articolo sulla manifestazione dei lavorotari per il primo maggio, ha scontato due anni di carcere per "incitamento alla rivolta".
Ci racconta degli sforzi che l'amministrazione sta facendo nei confronti delle donne. Esiste un tavolo di donne che si occupano di salute, istruzione ed economia per le donne stesse. L'approccıo non e' individuale, nel senso dı dare soltanto un aiuto a ciascuna persona, ma collettivo al fine di rafforzare i legamıi e l'aiuto reciproco tra le donne di Silvan.Questo approccio 'collettivo' e' la chiave per abbattere i muri e le catene di una societa' ancora in parte 'feudale' come quella di Silvan, dove spose bambine e violenza domestica, sono ancora problemi da superare.
Prima di andare a visitare i quartieri della citta' sottoposti al coprifuoco, consegnamo a Zuhal il patto di amicizia che il nostro comune, di Fidenza, ha stipulato con Silvan e Kobane.Si tratta di una dichiarazione di solidarieta' e di condivisione dei valori di giustizia, pace e democrazia. La co-sindaca e' molto grata e felice di questo sostegno e si impegna a fare un consiglio comunale in cui contraccambiare questo gesto.Insieme poi ci impegnamo a tentare di approfondire questo legame di amicizia e solidarietà.
A questo punto ci spostiamo nella città vecchia. Il coprifuoco qui e' stato dichiarato 6 volte. 5 di queste per un periodo tra i 2 e i 4 giorni, la sesta volta per 13 giorni consecutivi.In questo periodo 700 uomini dei reparti speciali dell'esercito hanno invaso la citta'. 18 persone sono state uccise, tra loro anche donne e bambini. Quasi tutte queste morti sono avvenute mentre le persone cercavano di spostarsi da una casa ad un'altra per recuperare cibo o prestare soccorso.Non era possibile per i familiari recuperare i corpi dei morti, e quando tentavano di farlo venivano sistematicamente attaccati dalla polizia. 
La ragione ufficiale addotta per indire il coprifuoco e'  'eliminazione di attivita' ed organizzazioni terroristiche'.
Zuhal pensa invece che il vero obiettivo sia quello di intimorire le persone ed impedire cosi la partecipazione ad un processo volto all'autogoverno democratico in tutte le municipalità kurde.
Camminando per le vie di Sılvan si vedono case distrutte, pareti crivellate da centinaia di colpi di proiettile, case abbandonate, macerie in giro. 
Non so quanti proiettili siano stati sparati, migliaia e migliaia, un numero impressionante, nel bel mezzo di quartieri densamente abitati.
Ma per fortuna si vedono anche muri stuccati di fresco, finestre riparate con lo stesso nastro adesivo, porte nuove all'ingresso di tante case, 
Siamo stati anche intervistati da un giornalista di Diha e poi abbiamo pranzato ospiti della co-sindaca.
L'abbiamo infine salutata con la speranza di poter ricambiare e accoglierla nella nostra citta'.
Siamo quindi ritornati ad Amed ad eccoci qui a scrivere.
Con il Kurdistan nel cuore
Marco e Nelly
 




mercoledì 16 marzo 2016

Fidentini verso il Kurdistan

C'è qualcosa di irresistibile che  ci attira in Kurdistan , qualcosa che assomiglia a una enorme calamita, ma con un nome diverso: libertà, giustizia, pace, dignità sono i suoi nomi, quindi non si può non andare. Nonostante il coprifuoco, il genocidio in atto  o proprio per questo.. noi andiamo. Andiamo a dire ai nostri compagni e compagne kurdi/e che non sono soli,nonostante il mondo intero volti loro le spalle,  ci facciamo umili portavoce di tutti quelli che,vicino a noi, condividono queste riflessioni. Partiamo domani , abbiamo un programma denso di incontri e di eventi a cui assisteremo,  saremo i vostri occhi e i vostri cuori per una settimana.
Hasta la victoria
Nelly e Marco"
 

sabato 6 febbraio 2016

W Amedspor

Il dipartimento anti-terrorismo della polizia di Diyarbakir, dopo la vittoria in coppa per 2-1 contro il Bursaspor e la conquista degli ottavi di finale, ha effettuato un raid nelle strutture dell'Amedspor.
La polizia ha fatto irruzione negli uffici del club a Seyrantepe, distretto di Diyarbakir, portando via con se tutti i computer presenti nei locali. La motivazione è che l'account twitter della società avrebbe twittato una frase "a favore di attività terroristiche".
L'avvocato e portavoce del club Soran Mizrak ha dichiarato che il tweet è partito da un account gestito da qualche tifoso e non dal profilo ufficiale della società: "Il nostro account ufficiale è @Amedspor021 e non accettiamo di essere trattati in questa maniera per un qualcosa che non abbiamo commesso. Come può essere quel tweet una valida motivazione per il raid che abbiamo subito? Sarebbe bastato controllare l'indirizzo IP. Fare un raid mentre i nostri giocatori stanno pranzando non è un semplice controllo, è intimidazione. Siamo perseguitati da multe, il nostro stadio cade a pezzi e siamo oggetto della macchina del fango da parte dei media. Questa è una campagna per distruggerci."
Il tweet incriminato è partito dall'account @AmedsporSKe dedicava la vittoria in coppa ai "combattenti che stanno resistendo a Cizre e Sur e a tutta la gente del Kurdistan." Il tweet in seguito è stato rimosso.
Un'investigazione è partita anche dalla Federcalcio turca contro il calciatore dell'Amedspor Deniz Naki, che ha twittato dedicando la vittoria alle persone uccise durante il coprifuoco di 24 ore nella regione.
Inoltre sono stati emessi più di 30 arresti per altrettanti tifosi dell'Amedspor che nella partita contro l'Istanbul Basaksehirspor hanno intonato il coro "Basta all'uccisione dei bambini, anche loro devono guardare il calcio".
Il club è stato inoltre multato di 25,000 lire turche per aver esposto lo striscione "Insistiamo per la pace".

mercoledì 23 dicembre 2015

Un progetto di solidarietà attiva: Bimbi di Kobane

SOSTIENI A DISTANZA GLI ORFANI DI CHI COMBATTE L'ISIS
Tre associazioni curde lanciano un progetto di sostegno a distanza dei 174 bambini rimasti orfani durante l'assedio di Kobane. 30 euro al mese per garantire loro una vita dignitosa e una possibilità di futuro. Tutte le info su www.bimbidikobane.com
Kobane non è solo una città. Kobane è un simbolo di libertà e determinazione. Kobane è la speranza concreta che in un Medio Oriente stretto tra ISIS e guerra sia possibile costruire un futuro di pace, convivenza e uguaglianza. Nel luglio 2014 i miliziani del cosiddetto Stato Islamico hanno attaccato Kobane con l’obiettivo di conquistare e sottomettere la città. Morte e distruzione hanno invaso le case, i campi e le costruzioni del Rojava, la regione autonoma del Nord della Siria dove da tre anni si sperimenta un progetto di democrazia radicale. 
Dopo lunghi mesi di assedio, però, le Unità di Autodifesa del Popolo femminili (YPJ) e maschili (YPG) hanno respinto l’attacco jiahdista, mettendo in fuga le truppe dell’ISIS. Il 26 gennaio 2015 Kobane è stata finalmente liberata! 
L’assedio di Kobane si è lasciato dietro una scia di oltre 2.000 morti e di più di 400.000 sfollati. Di questi, oltre 250.000 sono già rientrati. Il territorio di Kobane, però, è ancora devastato. Oggi, la nuova grande sfida è la ricostruzione della città. Dei suoi edifici, ma anche dei rapporti sociali che la animavano, di condizioni di vita dignitose e delle possibilità di avere un futuro. 
A Kobane, 174 bambini hanno perso i genitori, morti in prima linea combattendo l’ISIS. La comunità locale sta già progettando la costruzione di un centro polifunzionale dove accogliere e accudire in forma collettiva questi orfani, garantendo loro un tetto, la possibilità di studiare e le cure mediche necessarie. Questo progetto, però, ha costi alti e tempi molto lunghi. Nel frattempo, questi bambini hanno bisogno dell’aiuto di tutti noi. 
Il sostegno a distanza è uno strumento per aiutare concretamente chi ha sofferto la guerra e la perdita dei genitori. Ed è anche un modo per esprimere una solidarietà attiva alla resistenza di Kobane e al progetto di autonomia democratica che i suoi cittadini stanno mettendo in pratica. Il sostegno a distanza ha l’obiettivo di garantire una vita degna ai bimbi di Kobane e di dare loro la speranza di un futuro sereno, entrando nelle case come amici e costruttori di pace, per superare le barriere dell’indifferenza e gettare le basi di una nuova società solidale. 
L’impegno richiesto è il versamento di 30 euro mensili per ciascun bambino. 
Le associazioni promotrici – dall’Italia: UIKI Onlus (Ufficio di Informazione del Kurdistan in Italia); dal Rojava: SARA: Associazione Contro la Violenza sulle Donne; da Kobane: Associazione dei Familiari dei Martiri – si rendono garanti del progetto, favorendo i contatti diretti tra chi aiuta e chi è aiutato. "Bimbi di Kobane" si inserisce nell'ambito dei progetti per la ricostruzione della città definiti dal Kobane Reconstruct Board (more info: www.helpkobane.com). 
Per maggiori informazioni. 

domenica 6 dicembre 2015

Sotto assedio

Sotto assedio: il Kurdistan turco tra bombe, censure e resistenza curda.
I coprifuoco imposti dal governo turco nelle città curde come Silvan, Nusaybin, Cizre; le bombe e i missili sulle città; le storie degli abitanti impossibilitati a uscire dai quartieri anche per 12 giorni consecutivi, con scuole e ospedali chiusi; le sparatorie quotidiane a Diyarbakir tra esercito turco e resistenza curda in cui rimangono uccisi decine di civili. 
Cosa sta accadendo nel Kurdistan turco? 
Stefania Battistini insieme a Ivan Grozny 'Compasso' ha cercato di raccontare come vive la popolazione civile in queste città sotto assedio. Di dare spazio a quello che viene censurato in Turchia: a Silvan, al giornalista di Ozugur Gun Tv la polizia ha puntato la pistola alla testa mentre cercava di fare il suo lavoro; a Istanbul rischiano l’ergastolo, accusati di spionaggio, il direttore del quotidiano di opposizione “Cumhuriyet”, Can Dündar e il suo caporedattore Gül per aver pubblicato un’inchiesta su un passaggio di armi dalla Turchia alla Siria con la scorta dei servizi segreti turchi. 
Un modo per dare spazio al loro appello all’Europa: “sulla libertà di stampa e sulla violazione dei diritti umani in Turchia, non chiudete gli occhi”. Il reportage di Tv7 :