giovedì 10 gennaio 2013

Tre attiviste kurde assassinate a Parigi: vogliamo verità e giustizia!

Sakine Cansiz, co-fondatrice del PKK (Partito dei Lavoratori del Kurdistan), 55 anni, Fidan Doğan, 32 anni, rappresentante del KNK (Congresso Nazionale Curdo, Kurdistan National Congress) a Parigi e Leyla Söylemez, giovane attivista del movimento, sono state assassinate tra le 14.00 e le 15.00 del 9 gennaio (secondo quanto dichiarato dalle autorità francesi) all'interno dell´Ufficio di Informazione del Kurdistan a Parigi. Tre donne, tre generazioni diverse, accomunate dalla volontà di trovare la pace e la dignità per il loro popolo, il popolo kurdo, e dall'impegno attivo per raggiungere tale obiettivo.
Le autorità francesi hanno per ora dichiarato che il triplice assassinio è stato messa a punto da “professionisti”.
Così come a Parigi e in altre città europee, anche i kurdi rifugiati in Italia manifesteranno per testimoniare il loro rispetto a queste tre donne che hanno sacrificato la loro vita per la pace e i diritti del loro popolo e per chiedere alle autorità francesi di fare piena luce su quanto accaduto, fatto che avviene proprio quando da numerose fonti viene confermata la ripresa dei contatti per l'avvio di un negoziato tra il governo turco e il leader kurdo Abdullah Őcalan detenuto in isolamento sull'isola di Imrali dal 1999.


La comunità kurda in Italia vi invita a partecipare

sabato 12 gennaio dalle 10.00 alle 14.00
 in contemporanea con la manifestazione di Parigi

e
lunedì 14 gennaio dalle 10.00 alle 14.00

di fronte all'ambasciata francese a Roma
piazza Farnese – angolo via dei Baullari


Info e contatti: info@uikionlus.com

giovedì 20 dicembre 2012

Roboski, un anno dopo: il mio nome è Hüsnü Encü

Il mio nome é  Hüsnü Encü

Non sono una statistica,

sono un “essere umano”!

E ho anche una storia…

Il mio nome é Hüsnü Encü.

Era una specie di mito essere sulla via del “contrabbando”.

Eravamo come eroi rimasti al margine di un mito. I nostri asini vagavano quasi sempre su stretti sentieri, che sembravano estendersi fino al cielo per estirpare il fuoco degli stenti…

Enormi ombre comparivano nel cielo nei giorni di forte neve. Non so cosa dire; “uno dei 34 è caduto”, o “è proprio il mio corpo che fa male?”

Non so come raccontarti la mia storia. Dovrei dire che il “contrabbando” é concretamente la lotta per il pane in questa terra dove gli stenti sono la norma? O dovrei dire quant´è difficile aspettare otto anni per un figlio? Dovrei raccontarti di mio figlio che é rimasto orfano ancor prima di venire al mondo e prima di soddisfare il mio desiderio di essere padre? Il mio nome é Hüsnü Encü, sono nato nel 1981. Sono il quarto di 11 figli di una famiglia. Sono colui che è stato ucciso insieme a suo fratello. Sono colui che è caduto a terra col desiderio di un figlio.

Sono colui che ha lasciato sua moglie in una grande angoscia.

Sono colui che é  stato assassinato senza aver avuto abbastanza dalla vita.

Nonostante il rischio di infastidirvi, ho molto da dire;

Chiedo giustizia,
se le bombe che mi hanno ucciso, non hanno ucciso la giustizia a loro volta…

Non hanno tutti diritto ad avere giustizia?

o,

Dovrei chiedere scusa allo stato per aver sprecato quelle grosse e costose bombe per uccidermi,

Dovrei ringraziare lo Stato Maggiore per non aver mancato il bersaglio e per avermi ucciso!?

Roboski, un anno dopo: Il mio nome e´ Bilal Encü

La piattaforma "Giustizia per Roboski" (http://roboskiicinadalet.wordpress.com/english/) ha pubblicato le storie di 34 persone, abitanti dei villaggi di Roboski e Gülyazı (Kurdistan settentrionale), assassinate dalle bombe dell´esercito turco il 28 Dicembre 2011. Le storie sono state scritte in base ad informazioni reali, ottenute dai parenti e conoscenti delle vittime, ed inviate al Presidente, al Primo Ministro, al Ministro della Giustizia ed a quello degli Affari Interni in Turchia.
A distanza di un anno, lo stato turco non ha portato ancora nessuno dei colpevoli in tribunale e le famiglie delle vittime continuano ad essere maltrattate per aver scelto di non rimanere in silenzio.
A partire da oggi, con preghiera di massima diffusione, pubblicheremo ogni giorno la traduzione di una storia per non dimenticare nessuna delle vittime di questo genocidio. 

Il mio nome é Bilal Encü.

Ero una delle 34 persone in quella notte nera come la pece.

Stringendo le redini dei nostri asini, con tanti sogni in mente, stavamo camminando dritti verso il cuore dell´oscurità.

Non sono una statistica, sono un “essere umano”! E ho anche una storia

Il mio nome é Bilal Encü;
ero il maggiore di sette fratelli, il tesoro dei miei genitori e la speranza della famiglia
ero l´occhio di un padre cieco. Mio padre non aveva bisogno di un bastone per camminare perché io ero vicino a lui

Adoravo leggere ma non mi piaceva molto la scuola. L´unica ragione per cui ci andavo era la speranza di diventare medico e di trovare una luce per gli occhi ciechi di mio padre

Farsi piacere il calcio é una necessità nel villaggio di Roboski, dove non c´è nessun altro sport che puoi praticare. Giocavamo nella stessa squadra del mio amico Celal. La nostra unità nel gioco portava sempre ad una vittoria…

Adoravo anche annaffiare gli arbusti che avevo piantato nel giardino di casa nostra…Non avevano bisogno di acqua fin quando non arrivavo io. Un vento rinfrescante mi colpiva la faccia quando mi sorprendeva con loro…
Raccontavo loro dei miei sogni, della mia angoscia per la cecità di mio padre, dei miei progetti di lasciare Roboski ed iniziare l´università in un altro posto, delle mie intenzioni di diventare medico e così via…

Ero una delle 34 persone in quella notte nera come la pece.

Stringendo le redini dei nostri asini, con tanti sogni in mente, stavamo camminando dritti verso il cuore dell´oscurità.

Adem e Hamza ci stavano andando per il denaro di cui avevano bisogno per il matrimonio dei loro figli, Hüsnü per il cibo per suo figlio che sarebbe nato otto anni dopo il suo matrimonio e io per la speranza di essere la luce per gli occhi ciechi di mio padre…

Nel percorso, trasportavo gli stenti in una delle bisacce del mio asino, e la speranza nell´altra. Il fardello era veramente pesante… Il mio ritorno a casa veniva atteso ogni volta dai miei genitori con grande preoccupazione; mio padre pregava per me e mia madre aspettava di fronte alla finestra, il suo viso appoggiato al vetro finché ritornavo…

Non sono tornato quella notte! Ho sentito una voce lacerare la notte! I miei occhi erano inchiodati al cielo! Ho visto le lacrime di una madre scorrere giù di fronte alla finestra, un padre che ha corso per miglia, e bassi arbusti…

Né io né la mia speranza esistiamo adesso!

Adem, Hamza, Hüsnü non esistono adesso; tutti sono stati ridotti a pezzi quella notte, insieme ai loro sogni; bombe amare sono state fatte cadere su Roboski…

Io sono Bilal Encü, ho 16 anni. Sono la speranza di una famiglia, la triste fine di una vita difficile…

Non mi hanno lasciato dire ‘Se solo non fossi morto tra poco’, questo dovrebbe essere scritto sulla mia lapide…

Nonostante il rischio di infastidirvi, ho molto da dire;

Chiedo giustizia,
se le bombe che mi hanno ucciso, non hanno ucciso la giustizia a loro volta…

Non hanno tutti diritto ad avere giustizia?

o,

Dovrei chiedere scusa allo stato per aver sprecato quelle grosse e costose bombe per uccidermi,

Dovrei ringraziare lo Stato Maggiore per non aver mancato il bersaglio e per avermi ucciso!?

domenica 9 dicembre 2012

Turchia, l'impero della paura!

Più di 1.000 persone, per lo più kurdi, sono stati arrestati nel corso del mese di novembre. Tra questi, più di 230 bambini e circa 300 studenti e alunni. "L'ambiente creato è l'impero della paura. Criminalizzando l'intera società, le autorità creano nuove paure" denuncia l'Associazione dei Diritti Umani (IHD). 
Dal 2009, le autorità turche si sono impegnate in una caccia alle streghe contro i kurdi e tutti gli altri avversari che sostengono la causa kurda. La Turchia ha battuto ogni record negli ultimi anni per quanto riguarda gli arresti per motivi politici, che non hanno mai raggiunto un tale livello dopo la creazione della Repubblica Turca. "Il più grande crimine commesso da queste persone è esprimere le proprie opinioni o fare opposizione alle autorità per difendere le loro idee. 
Pensare, parlare ora sono considerati più pericolosi della fantomatica struttura illegale", ha dichiarato ad ActuKurde, Raci Bilici segretario della sezione IHD di Diyarbakir, la capitale del Kurdistan turco. Almeno 1.039 persone sono state arrestate nel corso del mese di novembre 2012, si tratta di un record. La maggior parte di queste sono state arrestate durante le incursioni di polizia contro il principale partito curdo il BDP, le organizzazioni della società civile, gli uffici comunali, e durante le manifestazioni a sostegno dei prigionieri in sciopero della fame.
 Fonte: AktuKurde

martedì 27 novembre 2012

Turchia: gravi violazioni dei diritti sindacali

25 sindacalisti turchi, aderenti all’EGITIM Sen-Kesk, sindacato affiliato all’IE, tra i quali la segretaria per l’eguaglianza di genere Gulcin Isbert, sono stati condannati al carcere da un tribunale turco per attività che altrove sarebbero considerate legittime attività sindacali.
Per queste ragioni, Domenico Pantaleo Segretario generale della FLC CGIL ha mandato una lettera al primo Ministro turco Erdogan e all’ambasciatore turco a Roma Hakkı Akil nella quale chiede al governo turco di provvedere affinché siano annullate queste sentenze che costituiscono un affronto alla democrazia e una violazione dei diritti umani e sindacali.

domenica 18 novembre 2012

I prigionieri politici kurdi cessano lo sciopero della fame

18 Novembre 2012
In un comunicato scritto per conto dei detenuti appartenenti al Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) e al Partito per la Liberazione delle Donne del Kurdistan (PAJK), Deniz Kaya ha annunciato oggi che essi metteranno fine alla loro protesta in risposta all’appello del leader del PKK Abdullah Öcalan.
Il leader kurdo Öcalan ha inviato il messaggio tramite suo fratello Mehmet Öcalan, incontrato ieri sull’isola di Imralı.
La co-presidente del Partito per la Pace e la Democrazia (BDP) Gültan Kışanak, i deputati Sabahat Tuncel, Sırrı Süreyya Önder e la co-presidente del Congresso della Società Democratica (DTK) Aysel Tuğluk si sono perciò recati urgentemente presso le due carceri di Diyarbakır per trasmettere l’appello di Öcalan.
La Kışanak ha annunciato oggi che 447 detenuti all’interno del carcere di tipo D di Diyarbakır hanno cessato lo sciopero della fame durante le prime ore della mattinata e che anche i detenuti all’interno del carcere di tipo E annunceranno la loro decisione oggi.   
I detenuti che hanno messo fine alla loro protesta stanno ricevendo cure in carcere mentre coloro che necessitano di ulteriori trattamenti medici verranno trasportati all’ospedale regionale di ricerca, sotto la supervisione della Camera dei Medici di Diyarbakır.
Anche altri diciotto detenuti, che hanno cessato la loro protesta all’interno del carcere chiuso di tipo E di Siirt, sono stati trasportati all’ospedale statale di Siirt.  

ANF / NEWS DESK

News sullo sciopero della fame

Lettera dal deputato del BDP incarcerato Sarıyıldız
Il deputato in carcere del Partito per la Pace e la Democrazia (BDP) Faysal Sarıyıldız ha scritto in merito allo sciopero della fame dei detenuti kurdi ed ha invitato al sostegno degli scioperanti all’interno di una lettera inviata al suo partito.   
Caro lettore, uno o più d’uno delle nostre migliaia di compagni in carcere potrebbe star attraversando la soglia critica mentre stai leggendo questa lettera.
Stiamo imparando dall’esperienza cosa significa per un corpo svanire, diventare sempre più esile. I nostri compagni non si aspettano niente dal sistema fascista, poiché sanno molto bene cosa significa essere lasciati in balia della sua pietà. Vorremmo che il nostro popolo agisse tenendo questo in mente.
Le avventure di vita di dieci dei nostri compagni nella nostra sezione forniscono un’idea molto precisa della struttura sociologica del movimento kurdo e dello sciopero della fame, intrapreso da giovani arrestati dopo essere entrati nella guerriglia dalle università, dai villaggi e dalle città e portato avanti anche da membri del Comitato Esecutivo Centrale del BDP, membri di consigli cittadini, da altre persone arrestate a causa del loro lavoro o a causa delle istituzioni a cui appartengono, dagli arrestati durante le manifestazioni e da molti altri provenienti da tutte le sezioni della società kurda. Nella sua essenza, questo sciopero della fame è condotto da persone che vivono in ciò che chiamiamo nazione democratica […]  
Oggi [12 Novembre], i miei compagni sono entrati nel 62o giorno di sciopero della fame mentre io mi appresto a cominciare il 30o. Alcune persone della nostra sezione, Dijwar, Mahir ed il dott. Cihan, non riescono più ad inghiottire liquidi. Un compagno sta cercando di farli bere dicendo: “Un rivoluzionario dovrebbe mantenere la sua ferma volontà e dignità fino all’ultimo momento, anche fino alla morte”.

I Kurdi scendono in strada per lo sciopero della fame di massa
I Kurdi stanno scendendo in strada oggi in sostegno al Partito per la Pace e la Democrazia (BDP), che ha annunciato tre giorni fa che migliaia di persone nel paese avrebbero intrapreso scioperi della fame di 48 ore il 17 e 18 Novembre sotto la guida del partito, per esprimere solidarietà ai detenuti in sciopero della fame ed alle richieste da loro evidenziate. 
Alle persone che sono scese in strada oggi nella principale città kurda Diyarbakır è stato proibito di raggiungere la zona del parco Orman, in cui era stato programmato lo svolgimento di uno sciopero della fame di due giorni. Centinaia di persone perciò hanno dato inizio ad un presidio di fronte all’edificio del BDP, per protestare contro l’ostacolamento da parte della polizia e contro il divieto emesso dal Governatore nei confronti dello sciopero della fame di massa, considerato “illegale”.
Il Governatore ha anche ordinato il sequestro dei volantini d’invito alla protesta distribuiti in città. In seguito al divieto, la zona del parco Orman è stata bloccata da numerose squadre di polizia, supportate da centinaia d’altre provenienti da città vicine. 
Le autorità di polizia hanno dichiarato che il Governatore ha vietato qualsiasi incontro o manifestazione.
Centinaia di persone si sono radunate anche nelle province di Şırnak, Istanbul, Ankara, Adana, Mersin, Konya e molte altre, in sostegno alla “resistenza di massa” a cui il BDP ha fatto appello per affrontare lo sciopero della fame in corso nelle carceri.
La polizia ha attaccato il corteo che si stava svolgendo nel distretto di Yüksekova ad Hakkari: il luogo si è tramutato in un campo di battaglia poichè centinaia di persone sono state pesantemente attaccate con panzer e gas lacrimogeni mentre si dirigevano verso il parco Musa Anter, in cui era programmato lo svolgimento dello sciopero della fame.  In seguito all’incidente, la folla è comunque riuscita a raggiungere il parco dove però è stata nuovamente attaccata poco dopo aver cominciato la protesta. Secondo quanto riportato, gli scontri continuano tuttora in alcune zone.

Detenuto in sciopero della fame ricoverato a Diyarbakır
Ümit Aslan, prigioniero politico in sciopero della fame dal 4 Novembre, è stato ricoverato ieri notte intorno alle 3.00 circa ora locale a causa di un’emorragia gastrica.  
Aslan, 32 anni, in sciopero della fame all’interno del carcere di tipo D di Diyarbakır è stato trasferito all’Ospedale dell’Università di Dicle, dopo essere stato sottoposto a cure mediche urgenti presso l’Ospedale di Formazione e Ricerca. Secondo quanto riportato, Aslan è al momento sotto osservazione; due anni fa aveva subito un trapianto di fegato.  
Lo sciopero della fame, a cui aderiscono diecimila prigionieri kurdi, è entrato nel 67° giorno.

ANF NEWS AGENCY

sabato 17 novembre 2012

La parlamentare Leyla Zana in sciopero della fame

15 Novembre 2012
Il co-presidente del Congresso della Società Democratica (DTK) Ahmet Türk ha tenuto mercoledì una conferenza stampa per annunciare che la deputata indipendente di Diyarbakır Leyla Zana ha cominciato uno sciopero della fame irreversibile e a tempo indeterminato all’interno del suo ufficio presso il Parlamento ad Ankara.
Durante la conferenza stampa, a cui hanno partecipato anche i deputati del Partito per la Pace e la Democrazia (BDP) İbrahim Bilici ed Altan Tan, Ahmet Türk ha dichiarato che la Zana ha cominciato la protesta nel suo ufficio per dare un segnale all’opinione pubblica; l’obiettivo è quello di aprire la strada ad un clima di dialogo. Ha notato che è stata rispettata la determinazione della Zana nel prendere parte allo sciopero, nonostante i problemi di salute che affronta attualmente.
In risposta agli insulti ed alle minacce contro i detenuti in sciopero della fame da parte del Primo Ministro turco Recep Tayyip Erdoğan, Türk ha affermato: “Oltre alle principali richieste evidenziate, lo sciopero della fame chiede anche l’eliminazione della grave violenza nel paese e l’istituzione di un clima per la politica democratica e per una soluzione democratica alla questione kurda. Ad ogni modo, è il linguaggio utilizzato nell’arena politica che fa scaturire la protesta, invece che porle fine o contribuire ad una soluzione. I modi provocatori del Primo Ministro in particolare ci fanno smettere di sperare ogni giorno che passa”
Türk ha concluso sottolineando: “Il popolo kurdo non esiterà mai a pagare qualsiasi prezzo per dar voce alle sue richieste democratiche e per chiederne la soddisfazione, come ha fatto fino ad ora”.

ANF NEWS AGENCY

Turchia, il primo ministro invoca la pena di morte

“Attualmente molta gente, nei sondaggi, dichiara che la pena di morte dovrebbe essere ripristinata. I familiari delle persone uccise vivono nel dolore, mentre altri si sollazzano alle feste mangiando kebab”. Parole pronunciate durante il congresso annuale del Partito per la giustizia e lo sviluppo, forse destinate a galvanizzare una “audience” interna. Di fatto, tuttavia, il 3 novembre il primo ministro turco Recep Tayyip Erdoğan (nella foto) ha nuovamente introdotto il tema della pena di morte nell’agenda politica del paese.
Anche perché ci è tornato sopra, a freddo, otto giorni dopo, sostenendo che “il potere di perdonare spetta alle famiglie colpite, non a noi” e lanciando questa domanda: “La pena di morte è stata abolita in Europa. Ma è stata abolita negli Usa, in Giappone e in Cina? No. E allora vuol dire che in alcuni casi la pena di morte è legittima”.
Il contesto nel quale si torna a parlare della pena di morte in Turchia è quello della protesta di massa dei detenuti curdi, che rifiutano il cibo in alcuni casi anche da più di due mesi. I quasi 700 prigionieri in sciopero della fame, cui si sono recentemente uniti anche cinque parlamentari e il sindaco di Diyarbakir, chiedono la fine dell’isolamento cui è sottoposto l’ex leader del Partito dei lavoratori del Kurdistan, Abdullah Őcalan – dal 1999 in cella nel carcere di Imrali, un’isola del mar di Marmara – e del divieto di autorizzare colloqui tra il detenuto e il suo avvocato. Chiedono inoltre di poter usare senza restrizioni la loro madrelingua, nella sfera pubblica, nel corso dei processi e nel campo dell’istruzione. Erdoğan li ha definiti ricattatori e mercanti di morte.
Amnesty International si è detta preoccupata per le notizie secondo le quali, nelle settimane passate, i prigionieri in sciopero della fame nelle carceri di Silivri e Sakran sono stati posti in isolamento mentre in quella di Tekirdag le guardie carcerarie hanno sottoposto a maltrattamenti chi stava prendendo parte alla protesta.
Le autorità penitenziarie avrebbero inoltre, in alcuni casi, limitato l’accesso ad acqua, zucchero, sale, vitamine e altre sostanze che vengono aggiunte all’acqua assunta dai prigionieri in sciopero della fame. Secondo gli standard internazionali sui diritti umani, lo sciopero della fame è una protesta pacifica e le autorità della Turchia hanno il dovere di rispettare il diritto alla libertà d’espressione dei prigionieri, compreso il diritto a protestare in tale forma.
Il ricorso allo sciopero della fame non è una novità nella recente storia della Turchia e i precedenti ci dicono che chi lo porta avanti è disposto a proseguire fino alle estreme conseguenze.
Il collegamento tra la situazione di Őcalan, lo sciopero della fame in corso e la pena di morte è stato esplicitato proprio dallo stesso Erdoğan, con una bella punzecchiata verso l’Unione europea:
“Nei confronti di questo capo del terrorismo era stata emessa la pena di morte, dato che aveva causato la morte di decine di migliaia di persone. Ma questo paese ha abolito la pena di morte a causa di pressioni da luoghi che conosciamo bene. Ora è in carcere a Imrali proprio perché abbiamo abolito la pena di morte”. Gli ha fatto immediatamente eco il Partito del movimento nazionalista, il cui parlamentare Zuhal Topçu, uno dei principali consiglieri del leader Devlet Bahçeli, ha dichiarato:
“Noi vogliamo soprattutto l’esecuzione del terrorista Őcalan. Siamo arrivati a questo punto” – riferendosi alle rivendicazioni dei detenuti che rifiutano il cibo – “a causa delle concessioni che abbiamo fatto ogni volta. Se oggi lo sciopero della fame è al centro dell’attenzione è per via di tutte le concessioni fatte in passato”. La pena di morte in Turchia è stata definitivamente abolita nel 2004, quando una maggioranza risicata approvò la legge 5218 del 14 luglio. Due anni prima era stata abolita per i reati in tempo di pace, ben 29, previsti dal codice penale del 1926. L’ultima esecuzione ha avuto luogo nel 1984.
C’è chi sostiene che Erdoğan abbia sollevato il tema della pena di morte per raccogliere consensi in vista della campagna per le elezioni presidenziali del 2014. Un editoriale del prestigioso Hurriyet lo ha ammonito a non creare “eroi”, ricordandogli che la pena di morte contro il terrorismo politico non serve a niente. Il rappresentante turco presso l’Unione europea si è affrettato a precisare che “non c’è niente di concreto in vista del ripristino della pena di morte. È stata solo una dichiarazione del primo ministro”.
“Solo”?

di Riccardo Noury per Amnesty

martedì 13 novembre 2012

Presidio a Genova di solidarietà allo sciopero della fame dei prigionieri kurdi

Domani 14/11/2012 a Genova in Piazza De Ferrari alle ore 18, in concomitanza con la 456^ ora in silenzio contro la guerra, si terrà un presidio di solidarietà nei confronti dei detenuti kurdi in sciopero della fame nelle carceri turche.
Sono ormai migliaia i detenuti che si sono uniti ai primi 700 che hanno iniziato da 62 giorni questa protesta. Molti di loro sono ormai in condizioni gravissime. Quali sono le loro richieste?
Che la loro lingua madre sia riconosciuta ufficialmente e che la possano usare a scuola e nei tribunali.
Che il loro leader Abdullah Ocalan, da anni recluso in isolamento, possa ricevere le visite dei familiari e degli avvocati e possa essere interlocutore del dialogo di riconciliazione col Governo Turco.
Che siano liberate le migliaia di prigionieri politici rinchiusi nelle carceri turche. Tra loro vi sono deputati, amministratori locali, professori, giornalisti, studenti e persino bambini a cui non è riservato un trattamento differenziato rispetto agli adulti. Molte tra loro le donne che partecipano attivamente e in prima fila alla vita sociale e politica kurda.
La risposta del governo turco è per ora sprezzante: il Primo Ministro Erdogan dice che lo sciopero della fame è solo una montatura e che tutti mangiano di nascosto.
Putroppo è la solita risposta:
nel 1983 l'allora Primo ministro disse "stanno mangiando di nascosto" - 4 morti
nel 1996 Sevket Kazan, ministro degli Esteri: "Hanno rubato e nascosto cibo che mangiano di notte" - 12 morti
nel 2000 Sadettin Tantan, ministro degli interni: "Sono tutti in perfetta saluta e mangiano di nascosto" - 122 morti
Il conflitto tra la grande minoranza kurda (solo in Turchia 20 milioni di persone) e il Governo turco ha causato in 30 anni più di 40.000 vittime.
Tutto con pochissimo o nessun risalto sui nostri mezzi di informazione.
I Governi della "democratica" Europa, premio Nobel per la Pace (?!?!?), preferiscono chiudere gli occhi e la bocca e fare affari col Governo turco.
Per noi è un dolore troppo grande sapere che tanti giovani stanno sacrificando la loro vita per chiedere diritti e libertà.
Per questo chiediamo che il Governo Italiano ed il Parlamento Europeo facciano qualcosa.
E chiediamo comunque a tutti i detenuti di sospendere lo sciopero prima che sia troppo tardi.
In segno di solidarietà è iniziato uno sciopero della fame a staffetta (un giorno senza cibi solidi - solo acqua) a cui partecipiamo.
Siete tutti invitati a partecipare diffondendo il più possibile l'appello.
Grazie Paolo (domani in sciopero della fame per 24 ore) 
Associazione Senza Paura 

martedì 6 novembre 2012

Raddoppiate le azioni in supporto dello sciopero della fame

6 Novembre 2012
Scioperi della fame simbolici e cortei sono stati organizzati in tutta la Turchia in occasione del 55o giorno di protesta dei prigionieri politici kurdi nelle carceri turche.
Lunedì 5 Novembre, diecimila detenuti appartenenti al Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK), al Partito per la Liberazione delle Donne del Kurdistan (PAJK) ed all´Unione delle Comunità Kurde (KCK) all´interno di 72 carceri hanno aderito allo sciopero della fame a tempo indeterminato e irreversibile, cominciato da circa 70 persone in 7 carceri il 12 Settembre e che si è diffuso nelle settimane seguenti a 39 carceri coinvolgendo oltre 600 scioperanti. Attualmente solo i detenuti anziani, malati e minorenni del PKK, del PAJK e del KCK non sono coinvolti nella protesta.
Una conferenza stampa è stata organizzata lunedì nell´ufficio della Federazione delle Associazioni di Solidarietà ed Aiuto Legale per le Famiglie dei Detenuti (TUHAD-FED), nella principale città kurda Diyarbakır. Replicando al Primo Ministro Erdoğan, che ha descritto la protesta nelle carceri uno show politico, la Presidente TUHAD-FED Zübeyde Teker ha osservato che la dichiarazione del Primo Ministro cancella la possibilità di discutere le richieste inoltrate dai detenuti in sciopero della fame. La Teker ha anche richiamato l´attenzione sulla brutale violenza della polizia contro le manifestazioni di solidarietà ai prigionieri, sottolineando che lo stato ed il governo saranno responsabili di qualsiasi conseguenza.
Un´altra conferenza stampa è stata organizzata dall´associazione di Solidarietà ai Parenti dei Detenuti (TUHAD-DER) di fronte al carcere chiuso di tipo E di Diyarbakır. La conferenza stampa, che ha criticato il silenzio sullo sciopero della fame, si è chiusa con un presidio.
Alcune altre manifestazioni in sostegno ai detenuti in sciopero della fame sono elencate di seguito:
Lice: un gruppo di sindacalisti, inclusi membri di Eğitim-Sen, hanno tenuto una conferenza stampa ed hanno invitato il Presidente Abdullah Gül a mostrare sensibilità verso lo sciopero della fame. 
Batman: Centinaia di persone si sono radunate di fronte al carcere di tipo M di Batman in sostegno al presidio in corso da cinque giorni. Un gruppo di cinquanta persone ha raccolto il testimone dello sciopero della fame alternato all´interno del parco Azadi. I manifestanti hanno ricevuto la visita di una delegazione francese composta da senatori e sindaci.
Siirt: Una conferenza stampa è stata organizzata di fronte al carcere di Siirt ed ha visto la partecipazione di centinaia di persone, incluso il sindaco Selim Sadak. E´ seguito un presidio ed un corteo durante il quale le donne che partecipavano all´iniziativa sono state attaccate dalla polizia. 
Adana: Tre membri del Partito Socialista degli Oppressi (ESP) hanno dato inizio ad uno sciopero della fame di due giorni all´interno del parco İnonü, dove centinaia di persone hanno partecipato alla conferenza stampa ed il presidente di distretto dell´ESP di Adana  Sabahattin Pişkinbaş ha invitato il governo AKP a soddisfare le richieste dei detenuti in protesta.
Mersin: L´Associazione Democratica Alevita ha tenuto una conferenza stampa sullo sciopero della fame ed ha invitato al dialogo per una soluzione alla questione kurda.
Mardin: Centinaia di persone, inclusi membri dell´organizzazione di distretto di Mardin del Partito per la Pace e la Democrazia (BDP) e dell´Iniziativa Madri della Pace, hanno tenuto un presidio di fronte al carcere chiuso di tipo T di Mardin. Dopo il presidio, il gruppo ha dato inizio ad una veglia presso la Casa della Resistenza. 
Gli amministratori del BDP del distretto di Kızıltepe, nei pressi di Mardin, si sono recati presso i negozianti ed hanno chiesto di sostenere gli scioperanti. 
Il terzo gruppo ha raccolto il testimone nella veglia del distretto di Midyat.
Alcune donne hanno organizzato un presidio al Parco della Pace del distretto di Nusaybin in solidarietà agli scioperanti.
Muş: Un corteo è stato organizzato nel distretto di Malazgirt per protestare contro il silenzio del governo sullo sciopero della fame.
Dersim: Quindici persone hanno dato inizio ad uno sciopero della fame all´interno dell´edificio del BDP, in seguito all´irruzione della polizia nella “Tenda della Resistenza” nel centro cittadino.
Gli scioperi della fame alternati di solidarietà continuano con nuovi gruppi di persone nelle province di Antep, Van, Ağrı, Erzurum ed Iğdır.

ANF NEWS AGENCY

domenica 4 novembre 2012

I kurdi fermano le attività nel “giorno di resistenza di massa”

Manifestazioni e cortei si terranno oggi in tutte le città kurde e quelle composte da popolazione kurda in occasione del 49° giorno di sciopero della fame dei prigionieri politici kurdi. Il Partito per la Pace e la Democrazia (BDP) ha dichiarato il 30 Ottobre “giornata della resistenza” ed ha invitato tutta la popolazione kurda a fermare le attività nel paese e a partecipare alle azioni in sostegno ai detenuti in sciopero della fame.
AMED/DİYARBAKIR: Le attività si sono fermate nella principale città kurda di Diyarbakır, dove quasi tutti i negozianti hanno abbassato le serrande, i mezzi di trasporto non sono in servizio, gli impiegati municipali non sono al lavoro e gli studenti hanno boicottato le scuole. Cortei di massa sono attesi in città nel pomeriggio, quando è previsto che anche il BDP tenga il suo incontro settimanale di fronte al carcere di tipo E di Diyarbakır, in cui membri del partito stanno effettuando uno sciopero della fame da 49 giorni. Nonostante il governatore di Diyarbakır abbia negato il permesso per l’incontro in quel luogo, i co-presidenti del BDP hanno dichiarato di essere determinati ad effettuarlo di fronte al carcere. Mentre migliaia di persone si sono già radunate per il corteo che raggiungerà il carcere, le forze di polizia hanno massicciamente circondato il luogo con veicoli TOMA (antisommossa) ed hanno bloccato tutte le vie d’accesso. La folla radunatasi nel distretto di Bağlar è stata pesantemente attaccata perchè voleva proseguire con il corteo verso il carcere.
ŞIRNAK: Migliaia di persone sono state attaccate dalla polizia nel momento in cui hanno iniziato un corteo, in risposta all’invito del BDP per una “resistenza di massa” in occasione del 49o giorno di sciopero della fame dei prigionieri politici kurdi. La città si è tramutata in un campo di battaglia: la folla non ha interrotto il corteo nonostante il brutale attacco della polizia, effettuato con intensi lanci di gas lacrimogeni. Gli scontri si sono diffusi in tutti i quartieri della città. 
 HAKKARİ: Decine di migliaia di persone hanno dato inizio ad un corteo nel distretto di Yüksekova ad Hakkari. Al corteo seguirà una conferenza stampa. 
VAN: Migliaia di persone, condotte dall’organizzazione provinciale del BDP di Van, hanno effettuato un corteo diretto verso il carcere di tipo F, in cui il sindaco Bekir Kaya, l’ex-presidente provinciale del BDP Cüneyt Caniş, il sindaco di Edremit Abdulkerim Sayan ed altri quindici rappresentanti politici aderiscono allo sciopero della fame. La città è testimone della più grande protesta finora: anche qui i negozi sono chiusi, i trasporti sono bloccati e gli studenti hanno boicottato la scuola. 
ISTANBUL: Numerose persone si sono radunate ad Okmeydanı; la polizia ha circondato la zona con panzer e veicoli antisommossa. Alla manifestazione partecipano anche la parlamentare di Istanbul del BDP Sebahat Tuncel e i co-presidenti provinciali del BDP Asiye Kolçak ed Ali Rıza Bilgili. 
 MARDİN: Centinaia di persone nel distretto di Nusaybin a Mardin sono state attaccate dalla polizia mentre erano in corteo verso piazza Newroz. Un manifestante di nome Burhan Bilgiç è stato gravemente ferito ad un occhio da un candelotto di gas lacrimogeno. Gli scontri tra i manifestanti e la polizia continuano. 
KIZILTEPE: La polizia ha attaccato la tenda allestita per lo sciopero della fame all’interno del parco Mehmet Sincar nelle prime ore della mattinata. La folla è stata attaccata con bombe di gas lacrimogeno e la tenda è stata perquisita. 
MERSİN:I negozi sono chiusi in tutti i distretti densamente popolati da kurdi nella provincia meridionale di Mersin; anche gli studenti hanno boicottato le scuole in sostegno alla “resistenza di massa”. Nel pomeriggio sono attesi cortei in molti quartieri. I manifestanti deporranno una corona di fronte all’edificio dell’AKP.
CUKUROVA: Anche la popolazione kurda della regione di Cukurova sta sostenendo la “resistenza di massa” con conferenze stampa, cortei e presidi. Manifestazioni di massa sono attese nel pomeriggio ad Adana, Ceyhan, Dörtyol, Tarsus ed İskenderun. 
ANF NEWS AGENCY

Berivan e Battal

"Nascere kurda è stato un peso enorme sulle mie spalle e su quelle della mia famiglia”, inizia Berivan, ventinove anni, mentre sediamo per la nostra intervista all’interno di un caldo cafè a 50 metri da St Martin in the Fields, all’angolo di Trafalgar Square a Londra, dove un gruppo di kurdi sta effettuando uno sciopero della fame di tre giorni in solidarietà con la storica azione di massa che sta avvenendo in Turchia.

Lo sciopero della fame in Turchia sta entrando nel quarantacinquesimo giorno mentre Berivan ha appena terminato il suo primo giorno e sembra già aver freddo ed essere affaticata, ma assolutamente determinata.

Suo fratello Battal sta terminando il decimo giorno dello sciopero della fame di massa a tempo indeterminato in una cella del carcere di Izmir, in parte la ragione per cui Berivan ha aderito alla protesta in solidarietà di Londra.

"I problemi sono cominciati nel momento in cui sono nata”, continua Berivan, afferrando la sua bottiglia di plastica di acqua zuccherata.

Mi sento improvvisamente in colpa per averla condotta in un cafè per l’intervista ma almeno c’è un momentaneo tepore, a differenza dell’esterno, dove i pungenti venti del nord sferzano i freddi scalini di calcestruzzo della chiesa. 

"Il mio nome è Berivan ma a scuola e in presenza degli ufficiali dello stato turco ho dovuto far finta di chiamarmi Ufuk”.
“Sono in sciopero della fame a causa delle innumerevoli ingiustizie e discriminazioni che i Kurdi affrontano in ogni singolo ambito di vita in Turchia. Quando ho lasciato la scuola sono andata all’università, ma come può una persona concentrarsi quando il suo popolo subisce ingiustizie così grandi, è impossibile!” 

"Mio fratello Battal frequentava l’università a Smirne e durante le campagne di disobbedienza civile, appena prima delle elezioni in Turchia del 2011, voleva chiedere al rappresentante locale del BDP se fosse stato possibile allestire una ‘Tenda per la Democrazia’ in solidarietà all’interno della sua università”

"La polizia aveva intercettato il telefono e stava ascoltando la conversazione. Quella sera hanno fatto irruzione in casa sua e l’hanno arrestato ed accusato di essere un membro di un’organizzazione ‘terroristica’. Gli hanno detto che erano in possesso di prove riguardanti il fatto che stava organizzando l’invio di tende a Qandil per i guerriglieri del PKK!”.

“Riesci ad immaginarlo? Adesso è in carcere a causa di quella chiamata in cui voleva chiedere al BDP di allestire una tenda all’interno della sua università!”.

"Queste sono le persone comuni che riempiono le carceri della Turchia a causa dei cosiddetti processi KCK” “Etichettano come ‘terrorista’ chiunque faccia ordinarie attività in favore dei diritti dei kurdi”.

"Ha chiesto di parlare in kurdo durante il suo cosiddetto ‘processo’ e non l’hanno ancora condannato nè processato!”

Quando chiedo a Berivan quali sono le condizioni in carcere di suo fratello minore, comincia per la prima volta durante l’intervista a rigirarsi le dita e la sua bocca trema.

Mi pento immediatamente di averle fatto questa domanda. Dopo qualche istante si riprende e mi guarda negli occhi. 

"Mia madre non lo sa….” Lacrime cominciano ad apparire nei suoi occhi ma si riprende di nuovo e continua.

Il nostro traduttore, anche lui in sciopero della fame, si piega in avanti e spiega velocemente che la madre di Berivan non sa che Battal partecipa allo sciopero della fame; Berivan e la sua famiglia pensano che se lo sapesse, la sua salute potrebbe essere compromessa e probabilmente morirebbe lei stessa.

"Non riceviamo più lettere, le autorità penitenziarie le hanno bloccate”, si ferma di nuovo per riprendersi. 

"Sai, mio fratello adora i film, nelle mie lettere gli scrivevo resoconti dettagliati e recensioni ma adesso…” soffoca. Io soffoco. Il traduttore soffoca. Dopo una lunga pausa, dice: “Adesso sto semplicemente calcolando quante altre lettere posso spedirgli….”.

Più tardi, dopo essersi ripresa, aver di nuovo rigirato le dita ed aver bevuto un sorso di acqua zuccherata, diventa provocatoria!

"Sostengo l’azione di mio fratello e se ce ne fosse bisogno farei lo stesso! Mi darei fuoco domani se ciò cambiasse la situazione del mio popolo!”

Le domando se c’è qualcos’altro che vuole aggiungere, si alza e mi guarda dritto negli occhi! 

"So solo una cosa. Un giorno il mondo dovrà rispondere dei suoi crimini contro i kurdi! Nessuna potenza sulla terra potrà ostacolare il progresso della Marcia kurda per la Libertà. Coloro che lo faranno se ne pentiranno amaramente!”. 

ANF NEWS AGENCY
dal blog http://hevallo.blogspot.com/

sabato 3 novembre 2012

Curdi - ribelli siriani: il nuovo fronte di guerra

La tensione tra ribelli e curdi rimane alta dopo i morti di Aleppo. Dopo decenni di diritti negati i curdi si rendono conto di essere diventati un fattore negli equilibri regionali 

 Roma, 02 novembre 2012 
Potrebbe diventare, o forse è già il nuovo fronte della guerra civile in Siria. Allo scontro tra esercito governativo e ribelli, in prevalenza sunniti, rischia di aggiungersi il faccia a faccia armato tra i ribelli e i curdi, se non addirittura tra curdi e curdi. I morti e feriti di una settimana fa nel quartiere di Ashrafieh ad Aleppo hanno mostrato, forse, solo il primo sanguinoso capitolo del nuovo libro della crisi siriana. E i mezzi d'informazione locali continuano a scriverne. 
La ricostruzione dell'accaduto rimane parziale. I miliziani del battaglione ribelle «Salahedin» (del quale fanno parte anche curdi siriani nemici giurati di Bashar Assad e jihadisti dell'unità al Nusra), approfittando del cessate il fuoco (durato solo poche ore) negoziato dall'inviato dell'Onu Lakhdar Brahimi, avrebbero cercato di prendere il controllo di nuove posizioni in modo da circondare due basi dei servizi di sicurezza. Un'avanzata che però ha infranto un accordo raggiunto con il Partito dell'unione democratica (Pyd, legato al Partito dei lavoratori del Kurdistan, Pkk, che combatte in Turchia) che prevede che l'Esercito libero siriano, la milizia ribelle, rimanga fuori dalle aree curde. 
Le conseguenze sono state pesanti: 30 morti e decine di feriti tra i combattenti dell'una e dell'altra parte, seguiti, ha riferito il quotidiano The Daily Star, da almeno 200 sequestri di persona compiuti dai ribelli a danno di curdi rilasciati solo dopo ore di negoziati molto tesi (un civile curdo sarebbe stato torturato a morte dai suoi carcerieri). Gli scontri di Aleppo, che hanno evidenziato anche la rivalità esistente tra le stesse fazioni curde (dentro e fuori la Siria), difficilmente rimarranno un fatto isolato. Una diffidenza sempre più simile al rancore segna i rapporti tra gran parte dell'Esercito sicialo libero (Esl) e il Pyd. 
Mentre il filo occidentale Consiglio nazionale curdo (Cnc) accusa il Pyd (che rappresenta la maggioranza dei curdi siriani) di essersi alleato con il regime di Bashar Assad. «E' un'accusa falsa», protesta Zuhat Kobani, un portavoce del Pyd: «Il regime per noi è una linea rossa. Nelle carceri siriane c'erano 1,055 detenuti curdi prima dell'inizio della rivolta contro Assad. Noi però vogliamo una rivoluzione pacifica e rifiutiamo combattimenti nei nostri centri abitati». Avvalora la spiegazione di Kobani anche M.I., una esperta della questione curda in Siria che, per ragioni di sicurezza, ha chiesto di rimanere anonima. «I curdi non sono a favore di Assad - afferma - perché sono stati sempre discriminati dal regime. 
Trecentomila erano senza cittadinanza e nelle città curde ci sono state manifestazioni antiregime sin dall'inizio delle proteste». In questi mesi però sono emersi aspetti complessi della rivolta. «I curdi - aggiunge M.I. - non si fidano più dell'opposizione siriana dominata dai Fratelli Musulmani e sponsorizzata dalla Turchia che, è noto, non offre alcuna garanzia i diritti dei curdi». I curdi, conclude l'esperta, «hanno colto l'occasione per realizzare di fatto forme di autonomia e vogliono evitare che ci siano combattimenti e violenze nelle loro aree. Per questa ragione molti abitanti di Aleppo hanno trovano rifugio proprio nei quartieri curdi e nella regione di Hassakeh, dove sono ospitati oltre 200mila sfollati». 
Per il curdo iracheno Abdul-Baqi Yousef, membro del partito Yakiti e del Cnc, invece si tratterebbe di una «cospirazione a danno della rivoluzione». «Consegnando al Pyd il controllo delle aree curde, il regime è riuscito a provocare divisioni e scontri nello schieramento anti-Assad», dice Yousef in riferimento al ritiro dell'esercito regolare da Qamishli, Amouda, Dirbasiyeh, al-Malkia e altre zone della Siria popolate dai curdi. I miliziani dell'Esl vanno meno per il sottile e accusano i dirigenti del Pyd di «essere scagnozzi del regime, armati e pagati per tenere a bada i rivoluzionari». 
Lunedì scorso i ribelli hanno attaccato, sotto il comando di Abu Ibrahim, i villaggi curdi della provincia di Qastal Jendo, a nord di Aleppo, anche allo scopo di aprire una delle vie del traffico di armi - soggetta al controllo dei posti di blocco curdi. Il Pkk, ben armato e che dallo scorso luglio è all'offensiva in Turchia, ha reagito minacciando di «difendere i curdi siriani da qualsiasi minaccia araba». Sullo sfondo si gioca la partita tra il regime siriano e la Turchia, che appoggia apertamente i ribelli anti-regime. 
Nel nord del paese Bashar Assad ha lasciato spazio ai curdi - 40% della popolazione nel nord-est della Siria - per poter concentrare gli sforzi militari su Aleppo e Damasco e per mandare un segnale di avvertimento d Ankara. Dopo decenni di discriminazioni sotto i rispettivi regimi, i curdi si rendono conto di essere diventati un fattore importante negli equilibri strategici regionali, sia che il regime di Assad sopravviva sia che i ribelli arrivino al potere. 
In ogni caso i curdi, in particolare quelli siriani, non accetteranno di rimanere oppressi. 

di Michele Giorgio - NenaNews

Turchia, critiche le condizioni dei detenuti curdi in sciopero della fame

Circa 700 prigionieri politici curdi rifiutano il cibo in decine di carceri sparse per il paese. Per il premier islamista Erdogan è tutto uno «show» .
Roma, 02 novembre 2012
Tra una decina di giorni potrebbero cominciare a morire i 683 detenuti politici curdi che da 52 giorni attuano lo sciopero della fame in 66 carceri sparse per la Turchia. A lanciare l'allarme è la principale associazione medica turca ma per il premier islamista Tayyip Erdogan «è tutto uno show». «Dopo 40 giorni (di sciopero della fame) cominciano ad emergere nell'organismo i primi gravi danni, dopo 60 si può arrivare alla morte», ha avvertito il dottor Ozdemir Aktan, capo dell'Associazione medica turca che rappresenta l'80% della categoria. 
Per Erdogan invece le condizioni dei detenuti curdi sono buone, soltanto uno di essi sarebbe in uno stato critico e verrebbe monitorato costantemente dai medici. «In realtà non è in corso alcuno sciopero della fame, i prigionieri sono manipolati dai "mercanti della morte"», sostiene il premier turco. Diversa sembra essere la posizione del presidente turco Abdallah Gul che in un'intervista al quotidiano Milliyet ha detto che la questione curda e lo sciopero della fame richiedono attenzione. 
 I prigionieri in sciopero della fame - molti dei quali appartengono al partito politico legale a maggioranza kurda, il BDP (sindaci, amministratori locali etc), accusati di avere legami con il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (Pkk, illegale e considerato "terrorista" da Ankara) - chiedono il miglioramento delle condizioni di vita in carcere, in particolare per il loro leader Abdallah Ocalan, in prigione su di un'isola a sud di Istanbul. La protesta segue l'intensificarsi, dallo scorso luglio, dei combattimenti tra i guerriglieri del Pkk e l'esercito turco nel sud-est del paese. In Turchia nel 2000, durante uno sciopero della fame proclamato dai prigionieri politici di sinistra contro la pratica dell'isolamento, morirono 122 detenuti, 30 dei quali uccisi dalle guardie carcerarie durante una sommossa.

fonte : Nena News