domenica 28 ottobre 2012

Intervista a un prigioniero in sciopero della fame

23 Ottobre 2012
Pubblichiamo un'intervista con un detenuto chiamato Önder, in sciopero della fame da 42 giorni. L'intervista è stata condotta da un gruppo di prigionieri e poi inviata a DIHA (Dicle News Agency).
*Puoi dirci di più su te? Quando e perchè sei stato incarcerato e cosa diresti riguardo il motivo della tua partecipazione a quest’azione?
-Sono nato nel distretto di Başkale a Van, nel 1981. Sono stato arrestato nel febbraio 2010 e messo in prigione ad Amed in seguito ad un'operazione politica contro i kurdi a causa della mia partecipazione ad un movimento giovanile prima del mio arresto. L'approccio politico che ha causato il mio arresto è continuato durante il processo. Mi è stato negato il diritto di auto-difesa in lingua madre durante il processo, conclusosi con la mia condanna a 24 anni di carcere. Oggi il problema kurdo ha raggiunto l'apice e decine di persone stanno morendo ogni giorno. Questa situazione ha raggiunto un punto di non ritorno. Credo che tutti dovrebbero fare qualcosa per raggiungere una soluzione, quindi anch’io voglio fare qualcosa. So già che far sentire la mia voce in carcere mi costerà la vita, ma vedo anche che è diventata una tortura guardare i nostri compagni morire ogni giorno, come il mio compagno di banco del liceo e la mia coinquilina dell'università. Per questo motivo ho deciso di aderire allo sciopero della fame fino a quando le nostre due richieste non saranno accettate.
*Ti sei unito allo sciopero della fame il 12 Settembre. Hai già dichiarato lo scopo della vostra azione, ma potresti ancora una volta evidenziare il vostro obiettivo e le vostre richieste?
-Abbiamo iniziato questo sciopero della fame per la libertà del leader kurdo Abdullah Öcalan e per la lingua madre dei kurdi. Si tratta di due aspetti importanti per il popolo kurdo. Chiunque voglia affrontare la questione kurda oggi, tra cui anche lo Stato turco e il governo, deve riconoscere il Sig. Öcalan come interlocutore. Questa è allo stesso tempo la ragione per cui è stato detenuto ad İmralı per quattordici anni e in isolamento negli ultimi quattordici mesi. In considerazione di ciò che abbiamo vissuto e testimoniato in questo periodo, risulta evidente che la soluzione del problema kurdo, il termine degli scontri e l’instaurazione della pace possano essere riassunti nella richiesta di libertà di Öcalan. La sua libertà oppure l'isolamento sono quindi direttamente collegati con la soluzione o con lo stallo del problema kurdo. La nostra seconda richiesta riguarda la questione del diritto alla lingua madre, ancora vietato ai kurdi, che sono stati privati di un diritto umano fondamentale. Non possiamo accettare di essere sottoposti ad ogni tipo di abusi a causa della nostra richiesta di difenderci nella nostra lingua madre presso i tribunali.
*Cosa pensi si proponga di raggiungere il governo dell’AKP con l’isolamento del leader del PKK (Partito dei Lavoratori del Kurdistan) Abdullah Öcalan?
- Come è noto, lo Stato turco e il governo avevano condotto trattative con il signor Öcalan prima del periodo di isolamento degli ultimi quattordici mesi. Durante questi colloqui, il signor Öcalan ha presentato un contributo necessario per la questione kurda e la soluzione del problema del PKK, insieme ad altri auspicabili sviluppi come ad esempio un gruppo di pace da Kandil. Tuttavia, in quel periodo è apparso evidente che il governo AKP non aveva né una soluzione né un progetto o un’ intenzione per la soluzione del problema kurdo. L'isolamento di Öcalan è iniziato durante un processo e una situazione in cui il governo dell’AKP si è avventurato oltre il suo potere in Medio Oriente e ha respinto la maggior parte dei progetti presentati dal signor Öcalan riguardo i popoli che vi abitano. Nel fare questo, la Turchia è stata sostenuta da potenze occidentali nella sua intenzione di isolare il signor Öcalan dagli sviluppi regionali. Nella situazione attuale, le teorie e i piani del governo AKP sembrano essere andati storti, dal momento che si è ricominciato a parlare di negoziati ora.
*La lingua Kurda è proibita in tutta la regione. Cosa dovrebbero fare i Kurdi riguardo a ciò?
-Considerando ciò che lo Stato turco e il governo hanno fatto per la lingua kurda fino ad ora, è chiaro che cosa dovremmo aspettarci da parte di questi ultimi. Da parte nostra, dobbiamo garantire il miglioramento e l'istituzionalizzazione della nostra lingua, rifiutando di ricevere l'istruzione nella lingua di uno Stato che non fornisce l'istruzione in lingua madre. In questo modo il governo dovrà riconoscere i Kurdi e il Kurdistan o affrontare il fatto di essere uno stato basato sullo sfruttamento.
*Hai affermato che la vostra azione continuerà finchè non sarà raggiunto un risultato. Cosa chiederesti di fare ai kurdi e all’opinione pubblica democratica?
- Dal momento che il popolo kurdo ha sperimentato ogni tipo di dolore, quale l’essere soggetto alla morte, oltre ad abusi e trattamenti illeciti, oggi siamo arrivati al punto che condurrà alla libertà o alla morte. In qualità di attivista, io continuerò il mio sciopero della fame fino alla fine. Credo che il nostro popolo e l'opinione pubblica democratica mostrerà l'atteggiamento giusto".

ANF NEWS AGENCY

Centinaia di prigionieri sono in sciopero della fame, alcuni sin dal 12 settembre, in decine di carceri della Turchia. I detenuti protestano contro il rifiuto delle autorità di Ankara di autorizzare colloqui tra Abdullah Ocalan, leader del Partito dei lavoratori del Kurdistan, e il suo avvocato. Chiedono inoltre di poter usare la loro madrelingua curda nella sfera pubblica e nel campo dell'istruzione.
Lo sciopero della fame è una protesta pacifica e le autorità della Turchia hanno il dovere di rispettare il diritto alla libertà d'espressione dei prigionieri, compreso il diritto a protestare in tale forma.
Amnesty International si è detta preoccupata per le notizie secondo le quali prigionieri in sciopero della fame nelle carceri di Silivri e Sakran sono stati posti in isolamento e che in quella di Tekirdag le guardie carcerarie hanno sottoposto a maltrattamenti chi sta prendendo parte alla protesta. Le autorità penitenziarie avrebbero inoltre, in alcuni casi, limitato l'accesso ad acqua, zucchero, sale, vitamine e altre sostanze che vengono aggiunte all'acqua assunta dai prigionieri in sciopero della fame.
Amnesty International ha sollecitato le autorità turche a garantire che non saranno prese misure punitive nei confronti dei prigionieri in sciopero della fame e che sia rispettato il divieto assoluto di tortura e di altri maltrattamenti. Ha inoltre chiesto che i prigionieri in sciopero della fame abbiano adeguato accesso a personale medico qualificato e a ogni trattamento di cui abbiano bisogno. Infine, ha preteso l'avvio di indagini immediate, approfondite, imparziali ed efficaci su tutte le denunce di punizioni e maltrattamenti inflitti a detenuti in sciopero della fame.(Amnesty International)


Silenzio su centinaia di prigionieri curdi in sciopero della fame

Centinaia di prigionieri politici curdi hanno intrapreso uno sciopero della fame a tempo indefinito per protestare contro il trattamento delle autorità turche nei loro confronti. Attraverso quest'azione di protesta, alcuni pretendono nuovi processi ed esigono diritti linguistici, altri intendono attirare l'attenzione internazionale nei confronti del maltrattamento a cui vengono sottoposti i prigionieri politici curdi. 
Nonostante questo sciopero della fame - che sta giungendo alla sua sesta settimana - gli organi di stampa internazionali hanno mantenuto il silenzio. Ciò non sorprende particolarmente, se si pensa che gli stessi organi di stampa turchi hanno deliberatamente ignorato l'intera situazione.
Un blogger curdo spiega come ha avuto inizio la protesta. Memed Boran, al momento residente a Londra, racconta: 
«Il 12 settembre 2012, nove donne prigioniere al carcere di tipo E di Diyarbakir hanno intrapreso uno sciopero della fame a tempo indefinito. Nella dichiarazione che hanno rilasciato tramite gli avvocati hanno evidenziato due richieste: il diritto di utilizzare la madrelingua curda nella sfera pubblica, compreso in aula, e la rimozione degli ostacoli che impediscono al leader curdo imprigionato Abdullah Ocalan di negoziare in discorsi di pace con le autorità turche. Poco dopo, molti altri detenuti di prigioni di ogni angolo della Turchia, uomini e donne, si sono uniti allo sciopero della fame, alcune volte in gruppi e in certe prigioni individualmente. Ora ci sono 380 prigionieri in 39 prigioni che sono andati ben oltre lo sciopero della fame e arriveranno presto alla ‘morte rapida.’»
Il numero di prigionieri politici curdi è sconosciuto, ma secondo le organizzazioni di diritti umani sono centinaia, e ciò ha portato gli attivisti a credere che tutti costoro, o comunque un numero significativo, siano in sciopero della fame. Elif da Istanbul, afferma su Twitter che i media hanno scelto di ignorare i curdi in sciopero della fame e che molti di loro presto moriranno. 
Un attivista a favore dei curdi ( @Hevallo su Twitter), sta disperatamente tentando di convincere le persone su Twitter a mandare pastiglie di vitamina B1 ai prigionieri in sciopero della fame, in un tentativo di minimizzare i danni sui loro corpi nonché la potenziale conseguenza inevitabile, la morte. 
Su Facebook,  Sedat Yezdan rivela: 
«Negli ultimi 3 anni lo stato turco ha arrestato più di 10.000 curdi: studenti, bambini, madri, attivisti, giornalisti, avvocati, dottori, sindaci, deputati e molti membri del Partito della pace e democrazia (BDP).»
Gli scioperi della fame sono una forma di protesta non violenta, e, malgrado il numero in continua crescita, i media turchi hanno deliberatamente ignorato la loro situazione, sperando forse che, con il loro silenzio, le organizzazioni per i diritti umani seguissero un percorso simile. La mancanza di interviste con questi detenuti porta a giusitificare il silenzio stampa, in particolare per quei giornalisti che lamentano la mancanza di risorse.

fonte : La Stampa  25/10/2012

giovedì 27 settembre 2012

Esplosione a Dersim

25 Settembre 2012
Sei poliziotti e un civile sono stati uccisi oggi da un’esplosione, avvenuta intorno alle 18 durante il transito di un convoglio militare nel quartiere centrale Atatürk nella città di Dersim. Secondo quanto riportato, il civile rimasto ucciso era una passante, sulla scena in compagnia del marito, ferito nell’incidente.  
I testimoni confermano che l’esplosione è stata molto forte ed è stata udita in tutta la città.
Ambulanze sono state inviate sul posto per poi condurre d’urgenza numerose persone all’ospedale statale di Dersim, mentre i pompieri cercavano di spegnere le fiamme. La zona è stata raggiunta da un considerevole numero di soldati e di squadre per le operazioni speciali; l’esercito in seguito ha lanciato un’operazione col supporto di elicotteri Cobra.   
Il Governatore di Dersim ha confermato il numero dei morti e dei feriti ma non ha rivelato dettagli sull’identità delle vittime.

ANF NEWS AGENCY

domenica 23 settembre 2012

Il principale processo KCK riprende a Diyarbakır

21 Settembre 2012
Oggi la cinquantacinquesima udienza del processo KCK: i detenuti in sciopero della fame a tempo indeterminato 
La cinquantacinquesima udienza del cosiddetto processo KCK (Unione delle Comunità Kurde), che vede sul banco degli imputati 152 rappresentanti politici kurdi, riprende alla Sesta Alta Corte Penale di Diyarbakır. 95 dei 152 rappresentanti sotto processo sono attualmente in carcere, tra cui l´ex deputato del DEP Hatip Dicle e la deputata del Blocco Lavoro, Democrazia e Libertà Selma Irmak. 
Pesanti misure di sicurezza sono state adottate all´esterno del tribunale prima dell´udienza, seguita da numerose persone tra cui la prof.ssa Büşra Ersanlı, rilasciata solo di recente e ancora imputata in un altro processo KCK. 
 L´imputata Sara Aktaş, portavoce di tutte le altre persone sotto processo, ha dichiarato che sette detenuti nell´ambito dell´operazione KCK sono in sciopero della fame a tempo indeterminato per protestare contro l´isolamento di Öcalan e per il diritto alla lingua madre.
La Aktaş ha avvertito che lo sciopero della fame dei prigionieri politici non terminerà finchè al leader del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) non verranno fornite le condizioni necessarie per i negoziati e finchè non verrà riconsciuto il diritto alla lingua madre per la popolazione kurda. “Non rinunceremo alle nostre richieste“, ha sottolineato la Aktaş. 
ANF NEWS AGENCY

venerdì 21 settembre 2012

50 guardie di villaggio depongono le armi a Şırnak

21 Settembre 2012
Ventinove guardie di villaggio nel distretto di Beytüşşebap vicino a Şırnak hanno consegnato lettere di dimissioni che esprimono il rifiuto di prendere parte alle operazioni in corso, in cui gli scontri tra l´esercito turco e i guerriglieri delle Forze di Difesa del Popolo (HPG) continuano dal 2 Settembre.    
Venti altre guardie di villaggio temporanee, tra cui anche alcuni capi, hanno dato le dimissioni nei villaggi di Andaç (Elemun) ed Aroş nel distretto di Uludere a Şırnak, seguite da ulteriori tre. Le dimissioni sono state comunque respinte dal Comando di Brigata del villaggio di Gülyazı (Becüh).
Quattro guardie di villaggio temporanee hanno anche deposto le armi nel villaggio di Belenoluk (Heşet) nel distretto di Pervari, a Siirt.  
ANF NEWS AGENCY

giovedì 20 settembre 2012

Il Ministro dell´Interno: non esiste una questione kurda nel nostro paese

19 Settembre 2012
Il Ministro İdris Naim Şahin archivia la “questione kurda“ come “problema di terrorismo“

Durante un discorso tenuto mercoledì in una cerimonia all´Accademia di Polizia nel distretto di Gölbaşı ad Ankara, il Ministro dell´Interno İdris Naim Şahin ha dichiarato: “Non esiste una questione kurda nel nostro paese oggi. Esiste invece un problema di terrorismo, contro cui continueremo a lottare finchè non ci sarà più un solo terrorista”.  

Le dichiarazioni del Ministro sembrano ammettere il fatto che il governo AKP non sia d´accordo sulla presenza di una questione kurda in Turchia. Şahin ha affermato di fare il possibile per risolvere e gestire “il problema di terrorismo”, prendendo in considerazione tutti i suoi aspetti economici, sociali, politici, culturali ed internazionali. Ha proseguito sottolineando che le operazioni militari in corso continueranno finchè tutti i “terroristi” armati non saranno uccisi.  

ANF NEWS AGENCY

domenica 16 settembre 2012

Keskin e Peache in conferenza stampa di fronte al tribunale

10 Settembre 2012

Durante una conferenza stampa di fronte al tribunale di Çağlayan ad Istanbul, il caporedattore del giornale Özgür Gündem Eren Keskin ha dichiarato che la repressione contro la stampa kurda è il simbolo della repressione contro la libertà di pensiero in Turchia. Riferendosi agli attentati e alle uccisioni a cui hanno dovuto far fronte i giornalisti kurdi finora, Keskin ha sottolineato: “Anche oggi, ci obbligano a scegliere tra la morte e il carcere”.

Alla dichiarazione di Keskin ha fatto seguito quella del giurista delle Nazioni Unite, ex Parlamentare e giornalista Norman Peache che, a nome della delegazione tedesca giunta ad Istanbul per seguire il processo, ha espresso profonda preoccupazione riguardo ai recenti sviluppi della situazione in Turchia, sottolineando la questione della soppressione del principio di separazione dei poteri nel paese. Peache ha valutato l´arresto di circa 100 giornalisti un “oltraggio”, rimarcando che la repressione verso di loro minaccia tutti coloro che si occupano di giornalismo in Turchia.  “Siamo presenti qui anche per protestare contro la perdita d´indipendenza della magistratura turca”, ha dichiarato, aggiungendo che la delegazione tedesca seguirà anche altri processi riguardanti l´Unione delle Comunità Kurde (KCK) e non permetterà che il governo turco nasconda la verità.  

Intervenendo dopo Peache, la co-Presidente del Partito della Pace e della Democrazia (BDP) Gültan Kışanak ha invitato tutti i giornalisti ad adottare un atteggiamento comune contro la repressione del Primo Ministro Recep Tayyip Erdoğan verso la categoria, che sta venendo processata a causa delle informazioni che fornisce all´opinione pubblica sugli sviluppi nel paese. “Il Primo Ministro vuole che i giornalisti chiudano gli occhi a partire dal massacro di Roboski avvenuto nel recente passato fino a quello di Afyon, ed anche per altre situazioni simili che accadranno in futuro. Il governo vuole apertamente avere un suo proprio pensiero ed è probabile che faccia ulteriori passi avanti in questo senso se non incontra un´opinione pubblica critica verso le sue pratiche”.

La Kışanak ha richiamato l´attenzione sull´intensa repressione in Turchia, la quale si è tramutata in prigione per sindacalisti, avvocati, giornalisti e numerosi altri gruppi della società.  

Il parlamentare del BDP di Istanbul Sırrı Süreyya Önder ha considerato l´arresto dei giornalisti come un fatto privo di fondamenti legali aggiungendo: “L´esistenza di un problema Turco in questo paese è un dato di fatto perchè qui non si puó andare oltre la Turchità, visto che la questione kurda è sempre stata discussa in assenza dei reali interlocutori e dei rappresentanti politici legati al problema”.

La co-Presidente del Congresso della Società Democratica (DTK) Aysel Tuğluk ha sottolineato che l´arresto dei giornalisti è stato effettuato sotto la copertura del caso KCK, definito da lei stessa “imbarazzante”. “Sono stati arrestati perché non rientrano nella stampa di protocollo del Primo Ministro”, ha aggiunto.  

ANF NEWS AGENCY

Nove membri dell´Eğitim Sen arrestati a Diyarbakır

11 Settembre 2012

Nove membri del sindacato degli insegnanti Eğitim-Sen sono stati arrestati martedì dopo l´attacco da parte della polizia ad un gruppo di sindacalisti in protesta contro la legge sull´educazione nazionale 4+4+4 recentemente approvata.

Parlando prima dell´intervento della polizia contro la marcia di protesta dei sindacalisti, il Presidente della sede di Diyarbakır dell´Eğitim-Sen Kasım Birtek ha dichiarato che le manifestazioni sono proibite in città ed ha chiesto: “C´è una legge speciale per  Diyarbakır e per i kurdi?”. Anche Birtek stesso è stato in seguito arrestato insieme al Segretario della sede Ramazan Kaval.

Successivamente i manifestanti hanno rilasciato un comunicato stampa di fronte alla sede dell´Eğitim Sen. Il membro del Consiglio Generale del KESK Yılmaz Güneş, intervenendo durante la conferenza stampa, ha sottolineato che i sindacati continueranno a manifestare nelle città kurde.

ANF NEWS AGENCY

giovedì 13 settembre 2012

Processi ai giornalisti in Turchia: la Fnsi fa appello all'informazione e al governo italiano

La Federazione Nazionale della Stampa Italiana comunica:
“Il sindacato unitario dei giornalisti italiani, insieme alla Federazione Europea, rilancia l’allarme per la durissima pressione alla quale è sottoposta la libertà d’informazione in Turchia. La Fnsi fa appello alle testate italiane perché incrementino la loro attenzione e facciano sentire forte la voce dell’opinione pubblica internazionale in favore della libera informazione. Al governo del nostro Paese il sindacato chiede una volta di più di sollecitare le istituzioni europee ad una iniziativa unitaria e incisiva.
Gli eventi giudiziari di questi giorni compongono infatti un quadro drammatico. E’ giunto al terzo giorno a Istanbul il processo a carico di 44 giornalisti, in gran parte di origine curda, in carcere da dicembre con l’accusa di terrorismo. Sono per lo più giornalisti di “Ozgur Gundem”, il quotidiano curdo che a marzo si era visto bloccare la pubblicazione per un mese e che negli Anni Novanta era stato costretto a chiudere dopo l’uccisione di molti dei suoi redattori. Gli avvocati dei giornalisti in carcere hanno denunciato in queste ore pesanti limitazioni all’esercizio dei diritti della difesa nel processo.
Intanto a Diyarbakir, la città più importante del Kurdistan turco, si svolgerà domani la nuova udienza del processo contro Bedri Adanir, che aveva lanciato la pubblicazione di un giornale redatto dagli stessi giornalisti in carcere. Bedri Adanir è il collega curdo “adottato” dalla Fnsi, così come altri sindacati europei hanno fatto con altri giornalisti turchi in carcere. All’udienza sarà presente anche Arne Koenig, il Presidente della Efj, la Federazione Europea dei Giornalisti impegnata da mesi in una campagna di solidarietà. “ Il governo turco sappia - ha detto - che seguiamo da vicino questi casi e ne riferiamo alle organizzazioni internazionali. L’importante ruolo turco nella crisi siriana non può mettere in ombra quello che la Turchia sta facendo contro le voci critiche in patria”. E la Federazione Europea sarà anche ad Istanbul venerdì, quando si terrà la nuova udienza del processo a carico dei giornalisti di Oda Tv.
In questo quadro drammatico, l’informazione e le istituzioni italiane hanno da esercitare ruoli differenti ma egualmente importanti. Passa anche dalla difesa dei diritti civili più elementari l’affermazione di una idea diversa dell’Europa: un’Europa che non sia tenuta insieme soltanto dalle regole dell’economia”.

FNSI

mercoledì 12 settembre 2012

A processo per aver scritto notizie

7 Settembre 2012
La prima udienza del processo contro i membri della stampa kurda si terrà presso la Quindicesima Alta Corte Penale di Istanbul il 10 Settembre. Sembra che il processo si diriga verso acque pericolose, poichè i giornalisti saranno giudicati in base alle notizie che hanno scritto o riportato.

44 giornalisti sono stati processati dal Dicembre 2011, nel contesto della cosiddetta operazione KCK (Unione delle comunità Kurde). 36 di loro rimangono in custodia, nonostante la mancanza di qualsiasi prova criminale confermata. Sono accusati di sospetta “leadership ed appartenenza ad un’organizzazione illegale”. Le loro notizie riguardanti l’ambiente, il lavoro, la politica, la condizione femminile, la vita, la cultura, l’arte e gli sviluppi quotidiani sono state considerate come prove nell’accusa formulata dal Pubblico Procuratore Bilal Bayraktar ed accettata dalla Corte di Istanbul l’11 Maggio.  


Nell’accusa costituita da 800 pagine, 32 giornalisti sono accusati di essere a capo di un’organizzazione illegale e 12 altri di appartenenza ad essa. Le accuse sono basate sulle dichiarazioni di 4 testimoni segreti e sei informatori; è notevole il fatto che uno dei primi, “Batuhan Yıldız”, ha fornito la sua testimonianza contro i giornalisti 13 giorni dopo il loro arresto. L’accusa contiene oltre 300 pagine di notizie pubblicate e circa 100 pagine riguardanti “la storia del PKK-KCK e le Attività della Stampa”. La maggior parte degli organi di stampa kurdi, come l’agenzia Fırat News,  l’agenzia Dicle News, il giornale Özgür Gündem, Roj Tv,Nuçe Tv, il giornale Azadiya Welat, sono definiti come “organi di stampa del PKK (Partito dei Lavoratori del Kurdistan)”.


Le interviste dei giornalisti, i rapporti e le conversazioni telefoniche sono state presentate come prove relative a queste accuse. Anche Le notizie pubblicate dall’agenzia Fırat News (ANF) hanno subito la stessa sorte. Si afferma inoltre che anche le trasmissioni di Roj Tv che riportano il numero delle vittime nei conflitti mirino a provocare la popolazione.

L’accusa sostiene anche che l’intervista al co-presidente del BDP (Partito della Pace e della Democrazia) Selahattin Demirtaş, le notizie sulle tavole rotonde del BDP e quelle riguardanti i mancati incontri di Öcalan con gli avvocati sono da considerarsi come collegamento della stampa kurda ad “un’organizzazione terroristica”, con riferimento al PKK.

Gli avvocati considerano le querele uno scandalo legale; tra loro Sinan Zincir sottolinea che si tratta di un documento cospirativo redatto dal Governo, non di un’accusa.  “Senza questi membri della stampa libera, che hanno pagato un alto prezzo per venti anni a causa del loro mestiere, la verità non verrebbe a galla”, ha dichiarato Zincir, valutando le incriminazioni come una prova della mentalità rancorosa verso i rappresentanti della stampa kurda; le stesse violano le norme del Diritto Penale Contemporaneo, del Codice Penale Turco ed anche della Legge Anti-Terrorismo. “Questa è la pratica di una legge ostile, non un processo”.  

Secondo la Piattaforma per la Libertà dei Giornalisti Incarcerati, 97 giornalisti, tra cui 19 editori, sono attualmente dietro le sbarre all’interno delle carceri turche e la maggioranza è rappresentata da persone di origine kurda. 180 giornalisti sono stati incarcerati negli ultimi tre anni e quasi 600 membri della stampa affrontano procedimenti legali.

ANF NEWS AGENCY

lunedì 10 settembre 2012

Demirtaş: il Primo Ministro dovrebbe accettare la road map per la pace

6 Settembre 2012
I co-presidenti del Partito della Pace e della Democrazia (BDP) Selahattin Demirtaş e Gültan Kışanak hanno tenuto giovedì una conferenza stampa nell’ufficio del BDP di Diyarbakır sui più recenti sviluppi della situazione in Turchia. Demirtaş e la Kışanak hanno duramente criticato le dichiarazioni del Primo Ministro Erdoğan, che ha accusato i membri del BDP di terrorismo facendo intendere che dovrebbero essere di conseguenza privati dell’immunità parlamentare.   
Il primo discorso della conferenza è stato pronunciato da Demirtaş, che ha sottolineato che nè le minacce nè gli insulti del Primo Ministro contribuiranno alla pace e ad una soluzione della questione kurda.   
Demirtaş ha richiamato l’attenzione sulla road map presentata dal BDP per fermare il clima di tensione e sangue nel paese ed ha proseguito affermando che il Primo Ministro ha rifiutato di accettare queste proposte e si deve perciò ritenere l’unico responsabile dei conflitti in corso.  
“Provocare i kurdi e dissuaderli dall’idea dell’autonomia democratica ha fornito un ruolo internazionale al Primo Ministro, ma egli non può imporre il concetto di terrorismo alla popolazione kurda”.  
Intervenendo dopo Demirtaş, la co-presidente Gültan Kışanak ha ricordato anche le dichiarazioni offensive del Primo Ministro che hanno colpito i deputati kurdi in relazione alla conversazione intrattenuta con i guerriglieri, durante un controllo stradale sulla strada per  Şemdinli a metà Agosto.
“A Şemdinli, non ho abbracciato un nemico ma una persona che ha scelto le montagne a rischio della sua stessa vita. I guerriglieri non sono miei nemici. La morte di trentamila giovani kurdi riflette un problema morale ed è compito di ogni persona portarli giù dalle montagne ed includerli nella vita sociale”, ha dichiarato la Kışanak in risposta ad Erdoğan.
Ricordando il colpo di stato militare del 12 Settembre 1980 in cui è stata obbligata a dire di essere “turca” ed il momento attuale in cui il Primo Ministro definisce la questione kurda come un problema di terrorismo, la Kışanak ha aggiunto: “Non dirò di essere turca nè mi piegherò alle minacce dal momento che ci stiamo muovendo in questa direzione per pagare un prezzo. Nessuno dovrebbe pensare che faremo dei passi indietro”.  

ANF NEWS AGENCY

domenica 2 settembre 2012

Demirtaş: il PKK controlla un’area di 400 km ad Hakkari

29 Agosto 2012
In un’intervista svoltasi a Diyarbakır, la principale città kurda, il co-presidente del Partito della Pace e della Democrazia (BDP) Selahattin Demirtaş ha valutato i recenti sviluppi nella regione, sottolineando che un’area di 300-400 km, tra le cittadine di Şemdinli e Çukurca, è da 40 giorni sotto il controllo dei guerriglieri kurdi.
Demirtaş ha richiamato l’attenzione sugli scontri in corso e sul predominio della guerriglia nella regione di Şemdinli affermando: “Attualmente l’esercito turco non può utilizzare le vie terrestri nell’area, che sono già in mano al PKK (Partito dei Lavoratori del Kurdistan). Le autorità competenti tuttavia rilasciano dichiarazioni manipolatorie per nascondere il fatto che l’esercito non riesce a sconfiggere militarmente il PKK. La conclusione che dobbiamo trarre in merito alla situazione attuale è che la questione kurda non può essere risolta attraverso modalità militari e che la stessa non è stata causata dal movimento PKK”. 
Il co-presidente del BDP ha notato che lo spargimento di sangue e le morti potrebbero essere fermate se il governo dovesse trarre delle vere conclusioni dalla situazione attuale nel paese e se preferisse il concetto di “negoziazione” a quello di “guerra”; il BDP inoltre sarebbe pronto a sostenere ulteriormente una soluzione della questione kurda. 
Ha continuato oltre menzionando la guerra in Siria, sottolineando che lo stato turco fin dall’inizio del clima di ostilità aveva in primo luogo l’obiettivo di interrompere le libertà ed i diritti ottenuti dai kurdi siriani. 
“Il fatto che la Turchia sia destinata a perdere nell’ambito della sua politica estera finchè rifiuta la presenza dei kurdi dentro al paese rappresenta una realtà e una storicità. Lo stato turco perde in Medio Oriente in diretta proporzione a quanto lo sta facendo con i kurdi. Ecco perché il Governo dovrebbe evitare la kurdofobia, in modo che il futuro del popolo turco e kurdo possa essere costruito insieme”, ha aggiunto. 

ANF NEWS AGENCY

domenica 26 agosto 2012

A Derik dove sventola la bandiera curda

Una battaglia parallela, sotterranea, dai limiti e dagli obiettivi ambigui: questa secondo diversi osservatori la situazione che si sta sviluppando nelle regioni curde della Siria progressivamente liberatesi dal controllo di Damasco a partire dalla metà di luglio.
Per la prima volta da quando il partito Ba’ath è arrivato al potere (1963), la città di Derik, a una manciata di chilometri dalle frontiere con Iraq e Turchia, ha da luglio un sindaco curdo, Subhi Ali Elias. In dichiarazioni riprese da mezzi di informazione curdo-iracheni, Elias ha detto che la sua nomina è stata fatta dal Consiglio del popolo, poco dopo il ritiro dell’esercito di Damasco. Elias è un esponente del Partito di unione democratica (Pyd, l’acronimo in inglese) che Ankara accusa di essere vicino al Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk), la formazione che combatte per l’autonomia delle regioni curde in Turchia.
Per capire cosa sia in gioco e quali scenari possa aprire l’attuale conflitto in Siria occorre considerare la forza numerica di una etnia, quella curda, dispersa in più Stati e forte di una popolazione di 25/30 milioni di persone per lo più stabilita in un’area contigua divisa tra Turchia, Siria, Iraq e Iran.
Secondo alcuni esponenti politici turchi vicini al primo ministro Recep Tayyip Erdogan, Damasco si sarebbe in realtà ritirata volontariamente dalle sue regioni curde e starebbe dando ospitalità al Pkk. Questo è per esempio il parere di Yalcin Akdogan, parlamentare e consigliere di Erdogan. Sentito da Rudaw, notiziario online del Kurdistan iracheno, Akdogan ha accusato Damasco di “provocare” Ankara attraverso il Pkk e il Pyd con quest’ultimo che si starebbe presentando come il più forte soggetto politico tra i curdi siriani.
A negare la “preoccupazione” che il movimento curdo in Siria possa avere in realtà altre mire che non la semplice defenestrazione del regime è stato il colonnello Riad al Asaad, il comandante dell’Esercito siriano libero (Esl). Lo stesso ha sottolineato che la Siria è una e indivisibile e che non esistono regioni sunnite o curde.
Eppure, qualcosa si muove in direzione di un territorio curdo autonomo. “A Derik non si combatte, ma ai primi posti di blocco si viene accolti dai colori giallo, rosso e verde della bandiera curda” dice intervistato da Rfi, Etienne Huver, uno dei pochi giornalisti riuscito a visitare queste zone. Huver sottolinea come a Derik e nelle altre città curde “liberate” non ci siano tracce di pesanti combattimenti, tutti gli edifici pubblici sono intatti e ci sono forme di collaborazione tra i curdi e i rappresentanti della vecchia amministrazione. Una sorta di “intesa cordiale” dice il giornalista che in alcuni casi diventa evidente come alla Casa della cultura: “Al mattino – spiega Huver – sono gli arabi che vi lavorano, al pomeriggio i curdi”.
Cosa stia avvenendo nelle città curde del nord-est della Siria lo spiegano, forse meglio, alcuni segnali: le icone pubbliche non sono più le immagini di Bashar Al Assad o del padre Hafez – sebbene soprattutto di quest’ultimo siano rimaste in piedi le statue – ma sono ormai diventati i volti di Abdullah Ocalan – leader del Pkk in prigione in Turchia – e di Massoud Barzani, presidente della regione del Kurdistan iracheno.

fonte : Misna

Case alevite marchiate a Istanbul

Bianet ha riferito di un episodio molto inquietante avvenuto mercoledì nel distretto di Kartal a Istanbul: secondo il sito web, alcune persone non identificate hanno marchiato con vernice blu 25 case alevite.  L’ Associazione Culturale Pir Sultan Abdal (PSAKD) ha invitato il Governo ad entrare in azione e condurre i responsabili davanti alla giustizia, mentre gli abitanti del quartiere di Çınardere (Kurfalı,) in cui ha avuto luogo l’incidente, hanno inoltrato una petizione all’ufficio del Governatore del distretto. L’accaduto ricorda preoccupantemente la marcatura delle case ebraiche durante il periodo nazista.
Il PSAKD ha rilasciato un comunicato che chiede la fine di tutti gli atti di inimicizia tra i popoli.
"Il nostro paese si sta rapidamente dirigendo verso il caos nella politica interna ed esterna, in un clima in cui le bombe continuano a piovere in Turchia e nei paesi confinanti. Stanno cercando di trasformare gli Aleviti, i Sunniti, i Kurdi, i Turchi e gli Arabi in nemici tra loro, tramite politiche che alimentano le differenze etniche e religiose, intraprese dal governo AKP (Partito per la Giustizia e lo Svilupppo) che agisce come sub-appaltatore dell’imperialismo”, ha dichiarato il PSAKD nel suo comunicato.
"Invitiamo il Governo ad assumersi le sue responsabilità, ad astenersi da quegli atti e quella retorica che hanno sparso i semi dell’odio tra la nostra gente ed a condurre davanti alla giustizia quegli incapaci che hanno disegnato forme e scritte senza senso sui muri”.    

ANF NEWS AGENCY

Le sedi del BDP oggetto di attacchi razzisti

Otto edifici del Partito della Pace e della Democrazia (BDP) sono stati oggetto di attacchi razzisti negli ultimi tre giorni, in seguito alla grossa esplosione di Antep che ha ucciso nove persone e ne ha ferite circa 70 il 20 Agosto. Gli attacchi hanno provocato grossi danni materiali nelle sedi del BDP, costantemente associato al movimento armato kurdo dai gruppi nazionalisti.
Gli attacchi razzisti hanno preso di mira gli edifici nel distretto di Karşıyaka a Smirne, nei distretti Nizip ed Araban ad Antep, ed anche l’ufficio del BDP in centro città, nel distretto di Bahçelievler a Istanbul, e le sedi provinciali di Çanakkale e Kocaeli.
In una dichiarazione del 21 Agosto all’agenzia Firat News, le Forze di Difesa del Popolo (HPG) hanno affermato di non avere nulla a che fare con le esplosioni di Antep. “Abbiamo annunciato un periodo di tregua nei giorni che concludono il Ramadan. Abbiamo rispettato questa decisione e quindi respingiamo le accuse dei media turchi che hanno riportato che l´esplosione di Antep è stata provocata dai nostri guerriglieri. Non abbiamo nulla a che fare con l´accaduto, non effettuiamo azioni che mettono a rischio la vita dei civili”.
Le HPG hanno dichiarato che eviteranno gli scontri nel periodo di fine-Ramadan ed effettueranno solo azioni di autodifesa.

ANF NEWS